Il Pd, una costola del M5s oppure viceversa

Si accentua la pressione, non solo pubblica, che il Pd esercita sui grillini per allearsi nelle regionali.

di Marco Bertoncini 27.11.2019 italiaoggi.it

Si accentua la pressione, non solo pubblica, che il Pd esercita sui grillini per allearsi nelle regionali. I democratici erano convinti che il sostegno concesso da Beppe Grillo all'alleanza di governo (confermando l'apertura a sinistra) si traducesse in un'intesa che, specie se i risultati non fossero negativi, si sarebbe estesa alle non poche regionali di primavera, oltre che a molte comunali, in quest'ultimo caso facilitati dal turno di ballottaggio.

La resistenza frapposta da un insofferente Luigi Di Maio è stata superiore al previsto e, in questa prima fase, dannosa per le ambizioni dei vari Zingaretti, Franceschini, Boccia, protesi almeno a non perdere la rossa Emilia-Romagna detenuta ininterrottamente dall'istituzione (1970). Il Pd punta le residue speranze sugli apparati pentastellati nelle due regioni, facendo loro balenare che una vittoria (impossibile per i grillini in corsa da soli) li doterebbe di poltrone in abbondanza.

C'è un'altra carta che Nicola Zingaretti tiene per ultima: l'appello a Grillo. È stato smentito l'incontro fra i due, nonostante la voce circolasse vibrata; non sarebbe impossibile che se ne svolgesse prossimamente uno, da negarsi o da confermarsi non importa. Che il Pd diventi una costola del M5s è, nello stesso partito di Zingaretti, un timore o un auspicio, anche se le condizioni sfilacciate del grillismo non rendono credibile l'ipotesi. Più fondata sarebbe la prospettiva di tramutare il M5s in una corrente esterna dello stesso Pd, come ambisce Zingaretti. Tutte queste ipotesi, però, possono tenere conto degli eletti e degli attivisti del movimento; ma imprevedibili restano le reazioni degli elettori, quale che sia la costola: M5s o Pd.

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