Il grande imbroglio di Mani Pulite e della Seconda repubblica

Categoria: Italia

Il giustizialismo ha modificato e riscritto la storia italiana, facendo passare tutta la classe politica come un'organizzazione criminale. Servirebbe un'operazione verità che ricostruisca la trama del passato.

Peppino Caldarola 20.1.12020 lettera43.it -lettura4’

Ventanni dopo la morte di Bettino Craxi e un po’ di più dall’esplosione di Mani Pulite dovrebbero portare a riflessioni meno animose su quella stagione e su ciò che l’ha determinata, oltre che su ciò che è venuto dopo. Invece gli animi sono ancora accesi. Non deve sorprendere. È del tutto evidente che nella crisi della Prima repubblica c’è un precipitato di sentimenti, opposti, che tuttora sopravvivono.

Ciò che è incomprensibile è che vi siano forze politiche, intellettuali, giornalisti e altri costruttori di opinione pubblica che, di fronte alla riflessione sul passato, reagiscano con la stessa violenza verbale di quei giorni. Non si tratta solo di opinioni consolidate che non vogliono essere messe in discussione, ma di qualcosa di più.

La Prima repubblica nacque dalla Resistenza e dalla Costituzione. La Seconda e le successive nascono dall’operazione piazza pulita fatta dalla magistratura in seguito a Tangentopoli. Riaprire quel capitolo significa mettere in discussione la legittimità di molti degli attuali governanti o aspiranti tali.

NEL PAESE SI È FORMATA UNA MEMORIA DISTORTA DELLA PRIMA REPUBBLICA

Il “caso Craxi” ha tante buone ragioni per essere affrontato dalla sinistra con maggiore freddezza e lungimiranza. Non può essere affrontato con oggettività invece da quelle forze che, a partire dal caso Craxi, hanno costruito una narrazione dell’Italia come luogo di delitti senza pene in cui ha avuto il predominio una classe dirigente corrotta che ha stravolto uno stato connivente con la criminalità organizzata, anzi esso stesso Stato-mafia. Non metto in discussione l’avversione verso Craxi o la critica severissima a lui e a tutto quel mondo che attorno a lui si raccoglieva.

Si è distrutta ogni fiducia in uno Stato descritto come la vera organizzazione criminale

Non è la mia posizione politica né la mia lettura di quel periodo storico e dei suoi protagonisti. Né mi sorprende che, per li rami, poco alla volta questa critica abbia investito tutti i baluardi della Prima repubblica fino a distruggere di fronte a settori di opinione pubblica, soprattutto di giovani, ogni fiducia in uno Stato descritto come la vera organizzazione criminale. C’è stato un cambiamento culturale profondo basta leggere quel che dice Piercamillo Davigo sui diritti degli imputati e la storia di quella stagione che Antonio Di Pietro continua a riscrivere a piacimento come nell’ultima intervista a L’Espresso. Credono ancora di essere i vincitori.

CHI SI ADEGUA ALLA VERITÀ GIUSTIZIALISTA È CONSIDERATO COLPEVOLE

Vorrei solo che si prendesse atto che c’è un mondo politico, intellettuale, giornalistico e soprattutto giudiziario che se vedesse messo in crisi questo romanzo criminale non troverebbe una sola ragione per esistere. Oggi noi siamo dentro un quadro politico che ha fatto diventare cultura corrente l’analfabetismo storico di massa e un epocale cinismo in politica, mentre le malefatte non sono diminuite, le garanzie sociali sono enormemente indebolite, il Paese appare come un fuscello nello scacchiere internazionale. Questo accade perché a una classe dirigente sopraffatta dai magistrati è succeduta una classe dirigente cresciuta nella cultura inventata dal mondo giustizialista.

Antonio Di Pietro durante il periodo di Mani Pulite (foto Delmati/Lapresse archivio storico).

Ecco perché per questi maestri di cerimonia della più brutta Italia politica del dopoguerra, nessun cedimento è possibile, nessuna discussione storica si può aprire, nessuna revisione di può abbozzare. La loro tesi è che chi oggi vuole discutere vuole solo rimettere in piedi quel mondo di ladri. L’impresa editorial-politica, che ha costruito immense fortune individuali, non può permettersi un solo cedimento, una sola riflessione storica. Siamo così precipitati in un modo di illibertà culturale per cui chiunque non si allinea alla verità giustizialista è correo di chi si è forse macchiato di colpe, vere o presunte.

SERVE UNA RILETTURA STORICA DELL’ITALIA REPUBBLICANA

Ci salverà da questa degradante deformazione del dibattito pubblico solo la vicina resa dei conti nel mondo sovranista e in quello giustizialista. Uno alla volta crolleranno. Adesso tocca ai grillini, poi sarà il turno di Matteo Salvini. È difficile che l’Italia, se non vuole morire, tolleri per troppo tempo che la sua storia sia raccontata e rappresentata da questo gruppo di imbroglioni. Però c’è una grande operazione culturale che va fatta e riguarda proprio la storia dell’Italia repubblicana che va rimessa in piedi. Gli ex comunisti possono dare un gran contributo a questa operazione. La nostra storia, che è una grande storia, ha bisogno di essere rivisitata con laicità e larghezza di vedute.

Bisogna riunire la sinistra e i vecchi ex Pci possono dare una mano ai più giovani ricostruendo la trama del passato

Non è più tempo di facili pentimenti o di raffazzonate autocritiche. Bisogna affrontare le radici di una storia di popolo. Siamo a un anno dal ’21. Un secolo fa nasceva il Partito comunista italiano per seguire l’esempio di Lenin e per aiutare l’edificazione della società socialista in Russia. Oggi quel mondo non esiste più. Le ragioni di quella scissione non sono più proponibili. Però le ragioni di un impegno per cambiare la società ci sono ancora. Bisogna riunire la sinistra e i vecchi ex Pci possono dare una mano ai più giovani ricostruendo la trama del passato, con spirito di verità, coraggio senza cedere alle culture populiste e sovraniste.