IL SERMONE DI RULA JEBREAL A SANREMO

Categoria: Italia

(“NESSUNO PUO’ TOGLIERCI IL DIRITTO DI ADDORMENTARCI CON UNA FAVOLA”, SIC!) ACCENDE MARIA GIOVANNA MAGLIE: “FEMMINISMO PELOSO” –

6.2.2020 www.dagospia.com

GUIA SONCINI: “NON SO COME DIRVELO, MA “NOI DONNE VOGLIAMO ESSERE MUSICA”

È UNA FRASE CHE NON VUOL DIRE UN CAZZO DI NIENTE” - FULVIO ABBATE: “E ORA LE ANIME BELLE DI SINISTRA INGINOCCHIATE DAVANTI A RULA” - BECHIS FA IL DEBUNKER: “HA DETTO CHE IN ITALIA SONO STATE VIOLENTATE NEGLI ULTIMI 3 ANNI SUL POSTO DI LAVORO 3 MILIONI DI DONNE. LE DONNE A LAVORO SONO 9 MILIONI. IN UFFICIO NE AVREBBERO VIOLENTATA UNA SU TRE. SICURA?”

Maria Giovanna Maglie

Politically correct sparato col cannone #Sanremo2020.Il femminismo peloso della Jebreal, la Leotta che fa "specchio delle mie brame" con la nonna,la canzoncina ai sordi agitando le manine, e una si ritrova ad aspettare lieta le stecche di Tiziano Ferro. Scusa #Mia

Guia Soncini

forse ormai il varietà è questo: una roba che devi sentirti in colpa un tanto al chilo, però poi si canta.

Amadeus, io non so quanto ti paghino per fare la faccia contrita mentre Rula dice che ha imparato a credere alle parole e non ai fucili, ma te li meriti tutti. (Comunque un giorno dovremo chiedere conto a chi so io del format “momento dolente”)

Citazioni di canzonette così a cazzo in mezzo alla dolenza non ne sentivo dall’ultima volta che ho letto un articolo di [omissis]

Rula ceto medio riflessivo che si meraviglia che De Gregori, Vasco Rossi, Flaubert, Mattia Torre sappiano scrivere le donne (giuro, ne conosco, sono donne apparentemente d’intelletto normale, e si meravigliano assai, specie per Torre sul mestruo)

non so come dirvelo, ma “noi donne vogliamo essere musica” è una frase che non vuol dire un cazzo di niente. D’altra parte in chiusura le hanno messo “potenza della lirica, dove ogni dramma è un falso”, perché poi a un certo punto della scaletta la tenda di Oz qualcuno la scosta.

Fulvio Abbate

Il popolo semplice ai piedi di Diletta Leotta, le anime belle di #sinistra (e le #sardine di ritorno dalla visita a Benetton) inginocchiate davanti a Rula Jebreal, fino a farne una propria testimonial. Simone Weil, ti scongiuro, torna da noi. #RulaJebreal

Franco Bechis

#sanremo2020 nel suo monologo Rula Jebreal ha detto che in Italia sono state violentate negli ultimi 3 anni sul posto di lavoro 3 milioni di donne. Non conoscevo il dato, ma so che le donne al lavoro sono 9 milioni, quindi in ufficio ne avrebbero violentata una su tre. Sicura?

iltransalpino

#RulaJebreal con il suo diploma in fisioterapia è diventata improvvisamente "giornalista" a discapito di altre donne che ne avevano il titolo, come mai? È l'ultima a poter parlare di emancipazione femminile, in quanto illustrazione che se la Donna non è bella, non ha successo.

IL MONOLOGO DI RULA COMMUOVE TUTTI MA CON DATI VERI SAREBBE STATO MEGLIO

Maurizio Caverzan per “la Verità”

«Noi donne vogliamo essere questo: musica». Si è concluso così, l' altra sera, al culmine di un notevole crescendo, il monologo di Rula Jebreal sul palco dell' Ariston di Sanremo. Il pubblico era in piedi ad applaudire. Una bella performance, senza dubbio, che avrebbe potuto essere bellissima se solo fosse stata corretta e completa. Corretta nelle cifre delle violenze alle donne, senza usare come sinonimi - ciò che non sono - molestie, abusi, brutalità, stupri, violenze. E completa nel citare anche il trattamento che il sesso debole (si può ancora dire?) subisce dentro e fuori dall' Italia, in tante comunità islamiche. Sul quale, invece, diversamente da come speravano gli osservatori più ottimisti, non è stata pronunciata parola alcuna.

Il giorno dopo l' attesa esibizione della bella giornalista palestinese alla prima serata del 70° Festival di Sanremo le opposte tifoserie hanno ribadito i loro punti di vista, Laura Boldrini da una parte, Maria Giovanna Maglie dall' altra, per capirci. Inutile rifare la storia delle polemiche, innescate fin dall' invito all' ex moglie del banchiere Arthur Altschul jr. all' evento più popolare del Paese nel quale è a lungo vissuta e che, pure, ha ripetutamente accusato di razzismo e xenofobia.

Ripartiamo dalla performance di martedì sera che ha registrato la sparizione del video di Roger Waters, il fondatore dei Pink Floyd, protagonista di campagne anti Israele oltre che di un chiacchierato flirt proprio con Jebreal, annunciato come introduzione al monologo di lei. Un bel pezzo di televisione, si diceva. Commovente, vissuto e carico di pathos. In grado di far ricredere anche chi, accingendosi alla visione di un festival della canzone, poteva, comprensibilmente, avvertire un certo fastidio di fronte all' iniezione intramuscolare d' impegno morale.

L'idea però conteneva una trovata scenica semplice e diretta, qualcosa di ancora non visto in tv. Un libro nero «della realtà e della sofferenza» da un lato e un libro bianco del mondo che vorremmo, dall' altro, raccontato dalle parole di amore, protezione, rispetto, tenerezza di alcune canzoni «scritte tutte da uomini» (La cura di Franco Battiato, La donna cannone di Francesco De Gregori, Sally di Vasco Rossi, C' è tempo di Ivano Fossati).

Ieri, poi, dalle parole della stessa giornalista, abbiamo scoperto che l' esibizione è frutto della collaborazione con gli autori Rai, ma soprattutto con Selvaggia Lucarelli, che ha corretto e riscritto il testo del monologo introdotto dalla tragica esperienza personale. «Sono cresciuta in un orfanotrofio con tanti altri bambini Tutte le sere prima di dormire ci raccontavano le storie delle nostre mamme, spesso stuprate, torturate e uccise». La madre di Rula, brutalizzata per anni dal compagno, non è più riuscita a convivere con il proprio corpo, «luogo della tortura», e con il senso di colpa, pur non avendone. Una ferita atroce e acuita dall' incredulità dell' ambiente circostante, che l' ha portata suicidarsi, dandosi fuoco.

Di fronte a una storia tanto drammatica è difficile parlare di retorica o di predicozzo come qualcuno ha fatto. Tuttavia, qualche eccesso c' è stato. Nulla attenua la condanna di violenze, stupri e torture. Ma non è che le donne in quanto tali e in tutto ciò che fanno, com' è sembrato, siano dogmaticamente prive di qualsiasi responsabilità e le colpe risiedano sempre e in modo esclusivo dalla parte degli uomini. A loro, comunque, si è rivolta Jebreal nel toccante appello finale: «Lasciateci essere quello che siamo, quello che vogliamo essere». Celebrando il trionfo della prima serata sanremese (52,2% di share medio, al terzo posto per ascolti dal 2000 a oggi), il neodirettore di Rai 1 Stefano Coletta, ha detto che, «senza nulla togliere a Diletta Leotta», il Festival «è stato vinto da Rula Jebreal».

Nulla da obiettare: Leotta è parsa scolastica nel suo elogio della bellezza e del tempo che passa. Tuttavia, il successo della giornalista di fede musulmana sarebbe stato più evidente se le cifre da cui ha preso le mosse la sua riflessione fossero state più precise. Sarà stata l' emozione o una mancata verifica insieme ai suoi collaboratori, ma «3 milioni e 150.000 donne» vittime di «violenze sessuali nei posti di lavoro» negli ultimi tre anni è parso subito un numero esorbitante. Che, per altro, non concorda con l' altro, fornito sempre da Jebreal, di 88 vittime al giorno, una ogni 15 minuti (sarebbero 32.130 all' anno, 96.360 in tre).