SCENARIO/ Le manovre di Renzi (e Franceschini) per sostituire Conte, di Calogero Mannino

Categoria: Italia

Il Cdm senza Italia viva approva la riforma del processo penale e il lodo Conte sulla prescrizione. Aumenta il livello di scontro tra Conte e Renzi

14.02.2020 - Federico Ferraù , ilsussidiario.net –lettura 6’

Il Consiglio dei ministri senza Italia viva approva la riforma del processo penale e il lodo Conte sulla prescrizione. Stavolta è stato Conte ad alzare il livello dello scontro, per isolare Renzi e far vedere che Pd, Leu e M5s non lo temono. L’ex premier, dal canto suo, ha confermato che Iv è intenzionata a sfiduciare il Guardasigilli Bonafede.

“Ritengo che Italia viva debba dare un chiarimento, non al sottoscritto ma agli italiani” aveva detto il presidente del Consiglio nel pomeriggio. “I ricatti non sono accettati da nessuno”.

È crisi vera? Calogero Mannino, deputato andreottiano Dc per sei legislature e cinque volte ministro, conosce bene le stanze del potere e ha qualche dubbio.

Onorevole Mannino, verrebbe da dire che se Conte non riesce a tenere unita la maggioranza su una proposta di legge, il problema è suo, non di Renzi.

È così. Va detto che Conte, da giocatore che si trova casualmente al centro del gioco politico italiano, si aggrappa a tutti i fili pur di tenere in piedi il governo.

Chi sta osando di più tra ai due?

Conte ha rivolto a Renzi un sorta di esortazione, quasi di minaccia, ma per ottenere un effetto dialogante. Sa benissimo che senza Renzi il governo non avrebbe più la maggioranza al Senato. Ma sa anche, Conte, che difficilmente in questa fase l’ex premier arriverebbe alla rottura.

Qual è il problema di questo governo?

La sua totale inadeguatezza alle necessità del paese. Lo stallo è la conseguenza.

Chi è il vero punto debole?

Il ministro dell’Economia. Non conosce niente del paese. Non ha detto una parola sull’Ilva, né sull’Alitalia. Toccherebbe a lui. Vanta il merito della riduzione dello spread, ma solo perché gli dà qualche esigua possibilità di collocare risorse secondo una logica meramente redistributiva. Che è l’antica consuetudine dei comunisti in Italia. Non si rende conto che il problema è completamente diverso.

L’Italia non cresce. I dati relativi al Pil dell’ultimo trimestre e alla produzione industriale 2019 sono sconfortanti.

Ci sono 4 milioni di imprese piccole e medie classificabili come Npl (non performing loans, crediti deteriorati, ndr). Le banche sono costrette dall’indirizzo politico della Bce a trasferire il recupero del credito a società che non lo gestiscono in ottica bancaria, ma di pura riscossione. L’80 per cento di queste imprese andrà in fallimento. Il danno non sarà solo dei debitori, ma delle banche stesse.

La tenuta del governo sembra dipendere da divisioni interne. E se la spallata venisse dalla crisi?

Mi auguro di no: se la spallata arriva dall’economia non travolge il governo ma il paese, che è infinitamente più importante. Per evitare che ciò accada, bisognerebbe che questo governo andasse a casa.

Intanto il Senato ha votato per mandare Salvini a processo.

La certezza del diritto e la divisione dei poteri sono essenziali a una società non meno della sua tenuta economica. Non condivido nulla della Lega di Salvini, ma per decapitare Salvini il Pd si è perfettamente allineato al Pci-Pds degli anni 1992-94, che ebbe la geniale idea di usare la magistratura come killer politico.

Come qualcuno ha detto in aula, domani potrebbe toccare proprio ad esponenti di governo Pd.

Questa è solo una conseguenza. Il voto di ieri apre una grave crisi istituzionale, che non può essere ignorata. Soprattutto dal Quirinale. Per due ragioni.

Sentiamole.

Primo, si è stabilito definitivamente che sugli atti di governo decide la magistratura. Secondo, sì è dimostrato che il Pd non è riuscito a diventare un partito garante dei valori, delle regole e dei principi della democrazia codificati nella nostra Costituzione. Si è voluto far fuori Salvini come Andreotti e Craxi, ma non è così che si risolve il problema della vita politica italiana.

Potrebbe essere un inizio di risposta immunitaria. Lo ha scritto Antonio Spadaro su Civiltà Cattolica: contro il coronavirus del sovranismo, gli anticorpi dei cattolici possono attivarsi. C’è un problema: il tempo delle “direttive generali” da parte della Chiesa è tramontato. Conte però è disponibile.

Il direttore di Civiltà Cattolica è indubbiamente un uomo di grande intelligenza e cultura, ma credo che ignori ampiamente la storia politica del cattolicesimo in Italia. In questo paese i cattolici in politica sono riusciti soltanto a misura della loro autonomia e responsabilità.

In concreto cosa significa?

Che la migliore Dc si è sempre sottratta alla trappola del clericalismo, anche nelle sue forme più smaliziate e fintamente rispettose dell’autonomia della politica. E la Chiesa è in buona parte riuscita a restarne immune, pur fornendo alla Dc o linee di indicazione di carattere etico o indirizzi di carattere politico. L’impulso ad abrogare la legge sul divorzio venne dalla Chiesa, la Dc onorò l’impegno, lo affrontò e ne uscì sconfitta. Lì cominciò la sua crisi elettorale.

Perché dice questo?

Questo episodio dovrebbe consigliare a padre Spadaro una certa prudenza, perché oggi siamo in una stagione di secolarismo avanzato.

Infatti il tempo delle direttive Chiesa-politica è finito. I cattolici possono però essere “lievito”, della società e della politica.

Giusto. Ma seguendo la lezione di Sturzo, cioè senza alzare barricate. Altrimenti il partito cattolico tornerebbe a subire la logica di Schmitt: scelgo il nemico ed a contrario ottengo i miei amici. La stessa fisica della politica che, mi risulta, Spadaro vuole evitare. Non è l’unico problema.

Si riferisce ai compagni di viaggio?

Sì, perché una nuova forma di clericalismo non verrebbe neppure accettata dai partner che oggi, in silenzio, la strumentalizzano. Al Pd attuale può andare bene la traduzione del discorso di Spadaro in una scomunica di Salvini. Ma il Pd difficilmente  si ritroverebbe nei contenuti della dottrina sociale cattolica. Dopo il 92 il partito post-comunista è stato il partito liberale, gradito alla politica dei Clinton. Questo è il punto di contraddizione. A meno che, beninteso, di quei contenuti si voglia considerare solo la parte più comoda. 

Nel frattempo tutti hanno capito che l’Italia si governa dal centro. Conte pensa di farlo con il supporto della Cei, Renzi dell’elettorato di centro, cattolici compresi. E il Pd?

Il Pd ha scelto di essere il partito della sinistra senza nemici a sinistra, ma con il centro in posizione subordinata. La velleità di Conte può tornare comodo al Pd, ma solo in chiave strumentale. Il nuovo centro politico, se mai ci sarà, non potrà più essere al centro tra destra e sinistra, ma dovrà essere alternativo alla sinistra. Soltanto in questo modo argina le derive populistiche. Lottando contro l’Uomo Qualunque di Giannini, De Gasperi sconfisse il fronte di sinistra con il volto di Garibaldi. Cioè il partito comunista ed il partito socialista.

Allora le strade di Conte sono chiuse.

Non siamo a una commedia dove si scelgono le parti. La storia è complessa, nondimeno non bisognerebbe mai smettere di studiarla. Anche la Dc ha dimenticato Sturzo, quando ha continuato a inseguire i comunisti al di là di ogni ragionevole possibilità.

Ieri Salvini in conferenza stampa ha detto che davanti allo stallo attuale, “tutto conferma la validità della scelta di agosto di lasciare il governo”.

Può darsi. Io contesto a Salvini una cosa molto semplice. Perché nel 2018 ha fatto il governo giallo-verde, assommando i populismi?

Ma se riavvolgiamo il nastro di quella crisi, scopriamo che la rottura del centrodestra non è stata casuale. Renzi fece saltare il patto tra M5s e Pd che qualcuno auspicava e forse stava costruendo.

Il centrodestra purtroppo ha avuto la debolezza di non rendere evidente davanti al paese quella manomissione del gioco politico parlamentare. Aveva tutto il diritto di verificare se c’era una maggioranza in Parlamento. Non l’ha dimostrata, tuttavia. Ed il Quirinale è apparso fare una sorta di operazione di pronto soccorso. Ma proprio questo ci riconduce alla crisi istituzionale del paese.

Che cosa intende dire?

Dall’intelligenza e sensibilità politica del Presidente della Repubblica, che certamente vuole garantire questa Costituzione, si sarebbe attesa una parola in questa delicata circostanza, nei termini della moral suasion propria della funzione. A chi giova ripetere la mossa della consegna al magistrato della decisione politica? Neppure la parte vigile e responsabile della magistratura accetta che le vengano attribuiti compiti di killeraggio.

Il Cdm c’è stato, Italia viva non c’era. Per Conte Renzi è lo sconfitto e si parla di una pattuglia di responsabili per fare a meno di lui. Domani si ricomincia?

È una partita ad un gioco post-poker, cioè senza regole se non quelle del trasformismo. Renzi, però, ha bisogno di portare qualche punto a suo vantaggio. Rischia la credibilità già fragile.

Ci sono manovre per sostituire Conte?

L’obiettivo primario di Renzi è questo. Con la complicità di Franceschini nel Pd. Ma Zingaretti sembra un guardiano a difesa. Però basta agitare lo spaventapasseri Salvini e allora tutto ritorna al punto di partenza. È un teatrino che prescinde dal Paese e dai suoi problemi.

(Federico Ferraù)

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