I costi dell’antipolitica. Idee per non usare i fondi europei come abbiamo usato i fondi italiani

Alla fine abbiamo vinto una specie di lotteria, su impulso di Merkel e Macron. L’importante ora è non perdere il biglietto ed evitare di rinverdire i fasti dello Stato imprenditore con Laura Castelli al posto di Alberto Beneduce e Pasquale Tridico al posto di Pasquale Saraceno

Francesco Cundari, 29.5.2020 linkiesta.it lettura 4’

Per quanto messa così possa apparire perfino diseducativa, la verità è che, dopo aver passato mesi a discutere della più grave crisi dal dopoguerra a oggi come fosse una vincita alla lotteria, con maggioranza e opposizione impegnate in un’assurda gara a chi sparava la cifra più grossa come soluzione di qualunque problema si presentasse, è finita che alla lotteria abbiamo vinto davvero.

Quali che siano i futuri accordi sui dettagli ancora da stabilire, infatti, è evidente a tutti che l’Europa, su impulso di Angela Merkel ed Emmanuel Macron, ha compiuto una svolta storica in direzione della solidarietà tra le diverse economie dell’Unione, in nome dell’impegno comune per fronteggiare la crisi.

E tale impegno, concretamente, si tradurrà nel fatto che la parte più grossa delle risorse destinate alla ricostruzione post-pandemia andrà all’Italia, si dice circa 170 miliardi, di cui un’ottantina come contributi a fondo perduto.

L’importanza della svolta non potrebbe essere più deliziosamente sottolineata dalle contorte argomentazioni dei sovranisti italiani, che ieri ci mettevano in guardia dal complotto franco-tedesco per strangolarci e oggi denunciano il complotto franco-tedesco per riempirci di miliardi.

Ci sarebbe da ridere, se la discussione intorno ai 36 miliardi del Mes, dentro il governo, non ricalcasse fedelmente lo stesso copione.

E tuttavia è prevedibile che la prospettiva di essere ricoperti di soldi, nella situazione in cui siamo, favorirà un soprassalto di ragionevolezza anche nei più duri di comprendonio, risparmiandoci nuove ondate di propaganda antieuropeista, appelli alla guerra santa contro il grande Satana franco-tedesco, gemellaggi con i gilè gialli superstiti e simili fesserie.

Se per raggiungere il risultato sarà necessario lasciare che il comandante Di Battista riparta per nuove fondamentali missioni internazionali, ebbene, forse è un sacrificio che può valere 36 miliardi da investire immediatamente in ospedali, personale sanitario e presidi medico-chirurgici. Figuriamoci 170.

Il problema, semmai, è che una simile prospettiva rischia di incoraggiare la deriva surreal-socialista del nostro dibattito pubblico.

Se prima, con crescita prevista a meno 9, debito pubblico verso il 180 per cento e attività economiche pressoché paralizzate, non si parlava d’altro che di come distribuire miliardi a destra e a manca, c’è da temere che la sola evocazione del piano europeo consolidi l’idea che ormai possiamo permetterci tutto, e al governo non resti che procedere all’acquisizione di Alitalia, Ilva, Fca, Renault e Real Madrid, nella convinzione che si possano rinverdire i fasti dello Stato imprenditore con Laura Castelli al posto di Alberto Beneduce e Pasquale Tridico al posto di Pasquale Saraceno.

Per evitare che il dibattito prenda definitivamente questa piega, occorrerà uno sforzo da parte di tutti.

Sappiamo che l’Italia ha da sempre parecchie difficoltà a usare bene i fondi europei, e negli ultimi tempi, purtroppo, anche i fondi italiani (vedi le incredibili complicazioni, lentezze e assurdità che hanno caratterizzato genesi e applicazione dei recenti decreti).

Eppure la crisi sanitaria e la crisi economica, unite alla prospettiva degli aiuti europei, offrirebbero all’Italia un’occasione unica per provare a raddrizzare almeno alcune delle sue storiche storture.

Tanto le esigenze di tracciamento per evitare i contagi quanto la necessità di sostegno economico da parte delle diverse attività offrono allo Stato una leva formidabile per ridurre drasticamente sommerso ed evasione fiscale.

Con tutta l’attenzione che meritano, per quanto riguarda il tracciamento, i relativi problemi di tutela della privacy, che sarà giusto prendere in considerazione anche in questo caso, magari dopo avere trovato il modo di impedire che le conversazioni di qualunque libero cittadino neppure indagato finiscano regolarmente sui giornali e in tv.

Le immagini delle terapie intensive strapiene e degli infermieri stremati hanno ricordato a tutti potentemente l’importanza del sistema sanitario pubblico e di un suo adeguato finanziamento.

A volerne approfittare davvero, c’è forse qui persino un millimetro di spazio politico in più per una simile battaglia.

Ma bisogna smetterla di raccontarsi balle e verità di comodo, come la retorica sui grandi-anzi-grandissimi-evasori, e quella correlativa sui «costi della politica», e le cifre astronomiche sui millemila miliardi che si potrebbero recuperare dalla corruzione: tutte storie che servono solo a rassicurare il proprio elettorato, giustificando e incoraggiando i peggiori comportamenti.

Comportamenti che si riflettono sul bilancio dello Stato più pesantemente di qualsiasi cospirazione internazionale. Sono i costi dell’antipolitica, e non possiamo più permetterci di pagarli.

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