Salvini ri-sceglie la protesta continua
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si trova privo dell'incarico governativo e, peggio ancora, accreditato di un seguito largamente inferiore a quello datato 2019. Tuttavia non mutano costume, strategia, tattica, propaganda: leopardianamente, Salvini non «cangia stile».
di Marco Bertoncini26.6.2020 italiaoggi.it lettura 2’
Rispetto all'ultima grande campagna elettorale (per le europee, sovrapposta a regionali e amministrative), Matteo Salvini si trova privo dell'incarico governativo e, peggio ancora, accreditato di un seguito largamente inferiore a quello datato 2019. Tuttavia non mutano costume, strategia, tattica, propaganda: leopardianamente, Salvini non «cangia stile».
Si vede già dall'avvio della campagna, segnato dall'intesa per le candidature. I leghisti si offrono come disponibili a collaborare col governo, avanzando proposte che vorrebbero rispondere ai molto teorici inviti provenienti da palazzo Chigi (invero, come mera rispondenza alle pressioni dal Quirinale).
Le aperture non denotano il quasi entusiasmo che Silvio Berlusconi vorrebbe esternare per far sentire la vicinanza al governo, però servono a testimoniare la responsabilità che viene invocata anche fuori del centro-sinistra, per rimediare ai problemi economici e peggio ancora sociali che si approssimano. Siccome Giuseppe Conte agisce da padre Zapata, le sue profferte o non arrivano affatto o arrivano tardi o arrivano a stento.
Ecco, allora, la vera caratteristica della linea politica decisa da Salvini: la protesta. Vivaddio: il Capitano protestava quando sedeva al Viminale, non dovrebbe protestare ora che si sente e si presenta quale capo del centro-destra? Che si esibisca a un dipartimento della Giustizia o alla sede centrale dell'Istruzione, che giri in una regione o in comune chiamati alle urne, Salvini continua a tuffarsi fra la gente, a omaggiare abbracci e fotografie, a parlare parlare parlare con tutti. Ripete, insomma, la propaganda che gli recò successi su successi. Spera che gli arrivino occasioni per protestare senza limiti.
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