Altro che alleanza Pd-M5S, con il proporzionale salta tutto. Parla Panebianco

Categoria: Italia

 Un freno a mano rallenta il percorso a tappe serrate di Pd e M5S verso un'alleanza organica: l'antieuropeismo, che accomuna ancora oggi grillini e leghisti.

Francesco Bechis 2.7.2020 formiche.net lettura 3’

Un freno a mano rallenta il percorso a tappe serrate di Pd e M5S verso un'alleanza organica: l'antieuropeismo, che accomuna ancora oggi grillini e leghisti. La legislatura è congelata dalla corsa al Colle, ma il passaggio al proporzionale può fare implodere la maggioranza. Conversazione con Angelo Panebianco, politologo ed editorialista del Corriere della Sera

Gemelli diversi, ma ancora legati ai rispettivi cordoni ombelicali. È anche per i rigurgiti amorosi di Lega e Cinque Stelle che l’alleanza rossogialla non decolla, e tantomeno diventa organica, dice a Formiche.net Angelo Panebianco, politologo di lignaggio, editorialista del Corriere della Sera. La sirena antieuropeista tenta ancora leghisti e grillini e mette i bastoni fra le ruote al Conte bis, spiega. Ecco perché.

Professore, è proprio sicuro che Lega e Cinque Stelle siano ancora così simili?

 

Le diversità non mancano, a partire dalle origini. Per quanto Salvini abbia provato a cambiare la Lega, l’impronta nordica originaria è rimasta, non si può annullare la storia. Tant’è che il tentativo della “discesa al Sud” ora zoppica, la concorrenza è abbondante, e agguerrita.

E i grillini? Anche loro non sono cambiati?

Per quanto ci provino, devono il loro successo al modo in cui Beppe Grillo ha fatto irruzione nella politica italiana anni fa, e a quelle motivazioni rimangono ancorati. In comune con i leghisti hanno alcuni tratti tipici dei movimenti populisti, la polemica contro il grande capitale, la finanza, i poteri forti. Sia Lega sia Cinque Stelle devono ora decidere cosa fare da grandi.

Quando arriva il momento?

Quando finirà questa fase storica, e finirà, che si arrivi o meno all’elezione del presidente della Repubblica, saremo in un regime di proporzionale puro. A quel punto le regole del gioco non saranno più le stesse degli ultimi vent’anni. Niente più centrodestra, niente centrosinistra. Non gli arroccamenti ideologici, ma i temi identitari faranno la differenza. E la Lega potrebbe trovarsi esclusa dai giochi per questa sua pregiudiziale antieuropea che non ha mai voluto abbandonare.

Con Luca Zaia il Carroccio può virare?

È una possibilità, difficile dirlo. La leadership di Salvini presenta diversi chiaroscuri. Da una parte ha portato un piccolo partito a un enorme, impensabile successo. Dall’altra ha chiari limiti, certificati dalle recenti batoste nei sondaggi. Funziona quando sopravvive l’immagine del vincente, quando si appanna un po’ meno. Per questo è probabile che la Fase 2 del Carroccio veda un nuovo volto. Non esiste un leader per tutte le stagioni.

Torniamo ai Cinque Stelle. Molti fra i dem si erano promessi di “cambiarli”. Ci sono riusciti?

Qualcuno ha avuto questa velleità, o meglio, illusione. Non ha funzionato per tanti motivi. Il Movimento è un partito diviso, ma almeno ha una sua identità. Quella del Pd è assai meno facile da identificare, dunque il rischio, semmai, è il contrario.

In che senso?

Anche qui, la legge elettorale fa la differenza. Come Fi, il Pd è figlio del maggioritario, nato dall’unificazione degli ex Dc e Ds. In un regime proporzionale come quello in arrivo le diverse anime interne al partito difficilmente riescono a stare insieme.

Su cosa si può consumare la frattura?

Una scissione può nascere di fronte al bivio di un’alleanza organica con i Cinque Stelle.

C’è ancora un’anima “renziana” al Nazareno che non vede di buon occhio questa eventualità, e un’altra più possibilista verso un patto più duraturo e non limitato a Palazzo Chigi.

Panebianco, questa legislatura è “congelata” dalla partita per il Colle?

Assolutamente. Finora li ha tenuti insieme l’attesa di una scadenza, cioè l’elezione del capo dello Stato. Di qui al 2022 continuerà a fare da collante, fatta eccezione per movimenti e riassetti interni al Parlamento. Con un’incognita.

Quale?

Le elezioni regionali. In pochi ricordano che il collegio che elegge il presidente della Repubblica è fatto anche dei presidenti e dei delegati delle Regioni. La portata di questo voto può rivelarsi superiore alle aspettative.