CI SALVERÀ IL PROFITTO. La cautela sui vaccini è il segno delle virtù del mercato

Categoria: Italia

Se AstraZeneca sospende la sperimentazione a Oxford è perché un danno alla salute dei cittadini si rifletterebbe sui profitti e sul valore dell'azienda

LUCIANO CAPONE 10 SET 2020 ilfoglio.it lettura3’

Big Pharma sta mostrando più responsabilità di tutti quei governi, da Putin a Trump, che per pure ragioni politiche fanno pressioni per avere un vaccino il prima possibile

“C’è chi vorrebbe appropriarsi di possibili soluzioni, come nel caso dei vaccini, per poi venderli agli altri”, ha detto in udienza generale Papa Francesco, riferendosi a chi vuole approfittare dell’emergenza Covid “per cercare vantaggi economici o politici, generando o aumentando conflitti”. Il monito del Pontefice era generalmente rivolto a “persone, imprese o nazioni”, ma entra nella discussione sul ruolo che dovrebbero avere in questi casi stato e imprese. La logica del profitto che guida gli operatori del mercato, si dice, porta ad “approfittare” della situazione. Alle aziende farmaceutiche, nell’emergenza Covid, sono state poste due critiche uguali e contrarie (nonché contraddittorie). Da un lato si è detto che non avrebbero fatto ricerca sui vaccini contro i coronavirus perché gli investimenti sono troppi a fronte di risultati e profitti incerti; dall’altro lato si è detto che si sarebbero lanciate nella sfrenata corsa al vaccino per fare ingenti profitti su un bene essenziale. In ogni caso la soluzione sarebbe nazionalizzare l’industria farmaceutica: far entrare in campo lo “stato imprenditore (farmaceutico)”.

La realtà, però, sta mostrando un quadro diverso. La famigerata Big Pharma si sta comportando più responsabilmente dei governi, che per motivi di influenza politica e di consenso elettorale spingono per avere un vaccino subito. E’ il caso di Putin che ha annunciato un vaccino (Sputnik V) su cui, come ha scritto sul Foglio Enrico Bucci, ci sono molti dubbi sulla sperimentazione e sulla qualità dei dati. O di Donald Trump che sta facendo pressione affinché si arrivi all’autorizzazione di un vaccino prima delle elezioni presidenziali. Le aziende farmaceutiche, invece, stanno avendo un atteggiamento opposto e molto più cauto. Stanno ad esempio respingendo le pressioni politiche. Martedì i ceo di nove importanti industrie sviluppatrici di vaccini contro il coronavirus – tra cui Pfizer, AstraZeneca, GlaxoSmithKline e Moderna – hanno sottoscritto un appello congiunto con il quale si sono impegnati a preservare l’integrità del processo scientifico e autorizzativo, senza cercare scorciatoie e accelerazioni per l’approvazione di un vaccino fino a quando non saranno dimostrate sicurezza ed efficacia. Secondo la medesima logica, ieri, la multinazionale AstraZeneca, che sta sviluppando un vaccino in collaborazione con l’Università di Oxford, ha momentaneamente sospeso i test clinici dopo che uno dei volontari ha accusato una seria potenziale reazione avversa. La casa farmaceutica, che per questo annuncio ha perso il 6 per cento in Borsa, ha dichiarato che si tratta di inconvenienti che capitano in una sperimentazione e che bisogna accertare le cause di un evento al momento inspiegabile per “assicurare allo stesso tempo il mantenimento dell’integrità dei test”. Proprio nei giorni scorsi, il solitamente cauto ministro della Salute Roberto Speranza si era spinto a parlare della possibilità di avere le prime dosi di questo vaccino entro fine anno.

Nella corsa al vaccino gli incentivi del mercato farmaceutico, regolato e supervisionato dalle autorità e dalla comunità scientifica, stanno funzionando in due modi. Da un lato le prospettive di profitto stanno spingendo gli investimenti in molti progetti in competizione tra loro (e si vedrà chi farà prima e meglio). Dall’altro lato l’enorme danno reputazionale e le richieste di risarcimento che potrebbero derivare dall’immissione sul mercato di un vaccino inefficace o peggio ancora dannoso, spingono Big Pharma alla cautela e a resistere alle pressioni della politica che pretende un vaccino purchessia, immediatamente: il danno alla salute dei cittadini si riflette subito sui profitti e sul valore delle case farmaceutiche, ma non sui politici che poi alle brutte su di esse scaricano le responsabilità. Non è detto quindi che l’interesse degli stati, e della politica, coincida con quello dei cittadini e non è detto che lo stato imprenditore farmaceutico operi necessariamente su un orizzonte disinteressato e di lungo termine. Spesso lo sguardo è molto più corto ed è rivolto al ciclo elettorale, mentre l’interesse coincide con gli obiettivi politici di chi governa.