Virus portaci via. Cronache surreali di un paese guidato dai babbei (e dai loro volenterosi complici)

Categoria: Italia

Di Maio infinocchia gli italiani sul recovery fund, il responsabile economico del partito che ha governato uno Stato col debito pubblico al 170 per cento per metà degli ultimi 24 anni fa lo spiritoso su Twitter

12.10.2020 Christian Rocca, linkiesta.it  lettura4’

 invocando ancora più debito, il premier Conte è stato colto di sorpresa anche nove mesi dopo l’arrivo del Covid, Salvini vuole fare la rivoluzione liberale con Trump e Putin e quelli in teoria competenti ostacolano Calenda a Roma o gli chiedono addirittura di abiurare la sua battaglia antipopulista

Luigi Di Maio infinocchia gli italiani spiegando che servono subito i soldi del recovery fund perché la pandemia sta tornando, mentendo non sapendo di mentire sulle finalità del fondo europeo per la ripresa che non c’entrano nulla con la situazione sanitaria, visto che per affrontare il covid ci sono già disponibili per l’Italia i 34 miliardi a tasso zero del Mes che i babbeiacinquestelle non vogliono usare perché, be’, perché sono babbei.

Emanuele Felice, l’ineffabile responsabile economia del Pd, cioè di un partito che ha governato un paese col debito pubblico al 170 per cento del prodotto interno lordo in sette degli ultimi 8 anni e in 13 degli ultimi 24 anni, esulta su Twitter perché da un’intervista al Financial Times ha capito che il Fondo monetario internazionale potrebbe cambiare la rotta neoliberale, qualunque cosa voglia dire, e quindi noi finalmente potremo fare deficit.

Il leader fortissimo di questi progressisti da TikTok, Giuseppe Conte, assiste serafico allo spettacolo di un paese che in teoria dovrebbe governare ma che in pratica, nove mesi dopo essere stato colto di sorpresa dalla pandemia, è stato di nuovo colto di sorpresa dalla riapertura delle scuole, dalla circolazione del virus corona e anche di quello dell’influenza stagionale, col risultato che nell’anno del Covid, a differenza degli anni precedenti, non abbiamo il vaccino antinfluenzale, cosicché ogni starnuto o naso colante fa scattare piani di emergenza familiari, scolastici, lavorativi, anche perché, nove mesi dopo il virus, non si trovano nemmeno i tamponi né si conoscono le procedure per farlo, se non trascorrendo giornate intere in coda come nelle serie tv apocalittiche.

Un fallimento senza precedenti che secondo i giornali del nuovo pensiero unico, nel senso che ne hanno soltanto uno solo e pure fallace, sarebbe invece un modello che tremare il mondo fa.

E certo che fa tremare il mondo, il modello italiano, anche se decisamente meno di quello dello spreader in chief che si spera gli americani caccino a pedate dalla Casa Bianca il 3 novembre, una condizione senza la quale sarà improbabile usare la stessa cortesia con gli amici di Trump e Putin insediatisi a Palazzo Chigi in questi anni ed evitare che a sostituirli saranno altri amici di Trump e di Putin.

Direte, ma come, non hai letto di Matteo Salvini? Certo, ora vuole fare la rivoluzione liberale così come altre volte promesso ai baluba di fare la svolta europeista, sempre con il cappello di Trump in testa e la maglietta di Putin addosso, ma senza mascherina, recuperando il Dio Popper di Marcello Pera e con l’obiettivo strategico di make la commedia all’italiana great again.

Ci sarebbe quasi da consegnarsi al virus, in una specie di autosconfitta 3-0 a tavolino contro cui non avrebbero niente da dire né l’asl di Napoli né quella macchietta che usa i social al modo di audizione per convincere Netflix e altre piattaforme che sarebbe l’attore perfetto per interpretare il delirio di onnipotenza degli ultimi giorni di M.

Le sacche di buonsenso sono sempre più ridotte per chi cerca la normalità: Bruxelles, i pochi adulti del Pd, il nuovo presidente degli industriali Carlo Bonomi, il sindaco Giorgio Gori, il basista Marco Bentivogli, i litigiosi e per questo insopportabili membri di diritto dell’alleanza contro gli stronzi, cioè Renzi, Bonino, Calenda e tutti quelli che resistono alla prevalenza dei cretini.

Una piccola luce potrebbe accendersi a Roma, dove si parla di Carlo Calenda candidato sindaco, si spera senza l’uso di Twitter. Calenda è l’unico al mondo, insieme forse con Mandrake e Mister Wolf di Pulp Fiction, che potrebbe raddrizzare la città simbolo del fallimento italiano di questa stagione.

Naturalmente il Pd e la sinistra social, nel senso che sta su Twitter, non ci stanno perché Calenda è di destra e pariolino, anche se Calenda non è né di destra né pariolino, semmai è liberal progressista e di Prati, e da tempo pure molto critico del neoliberismo, cosa che dovrebbe entusiasmare l’ala decrescita felice del Pd che si entusiasma invece leggendo il Financial Times, ma viviamo nell’epoca in cui i fatti non contano nulla, nel tempo in cui si chiede addirittura a Calenda di abiurare la sua battaglia antipopulista, nel mondo dove tra quelli in teoria intelligenti e preparati e competenti prevale un volenteroso sentimento di complicità che, alla fine, li rende fratelli, associati e alleati strategici dei babbei