Il processo a Gualtieri

Categoria: Italia

Che succede con il Mes? Che fine ha fatto il piano sul Recovery? Perché l'esecutivo non è interessato ai prestiti dell'Europa? E Ilva? E Alitalia? E Atlantia? Come nasce e che senso ha il duello Zingaretti-Gualtieri su un tema chiave: il governo incartato

CLAUDIO CERASA 21 OTT 2020 ilfoglio.it

Come evitare l'incartamento? La domanda che si pongono oggi Matteo Renzi e Nicola Zingaretti è una domanda che forse dovrebbe iniziarsi a porre anche l’esecutivo: governare in tempi di pandemia non è semplice, ovvio, ma governare una pandemia senza fare tutto ciò che andrebbe fatto per uscire dall’incartamento, whatever it takes, è come guidare una macchina durante una tempesta preoccupandosi più di chi deve tenere il volante che di come evitare di andare a sbattere.

I governatori nuovi azionisti di un'Italia ad alta velocità. Anche con i soldi del Mes

Nella storia di ogni esecutivo, arriva sempre un momento in cui uno dei protagonisti della maggioranza, di solito quello politicamente più pimpante, comincia a guardare con occhio sospettoso il proprio ministro dell’Economia e inizia a chiedersi con preoccupazione se quel ministro sia o no un aiuto vero per riuscire a ottenere i risultati sognati. Nel recente passato politico dell’Italia, in questa condizione si è ritrovato prima Domenico Siniscalco e poi Giulio Tremonti, ai tempi dei governi Berlusconi, e lo stesso tipo di sensazione, quella dell’accerchiamento, deve averla vissuta anche Giovanni Tria ai tempi del pazzo governo gialloverde.

Non è dunque una novità registrare l’insofferenza per il proprio ministro dell’Economia da parte di un pezzo da novanta della maggioranza. Ma è invece una novità che questo accada a un governo nel quale uno degli azionisti forti dell’esecutivo, ovvero il Pd, non aveva prima d’oggi mai scaricato sui suoi ministri le proprie frustrazioni politiche. Eppure quello che sta succedendo in queste ore tra il ministro dell’Economia del governo Conte, Roberto Gualtieri, e il segretario del partito di cui Gualtieri fa parte, Nicola Zingaretti, è la fotografia di un problema che va ben al di là di un semplice retroscena e che potremmo provare a riassumere utilizzando il sostantivo che forse meglio sintetizza lo stato di salute di questo esecutivo: incartamento. E i principali capi di imputazione che la segreteria del Pd ha messo insieme in questi giorni per ricapitolare le proprie perplessità rispetto alla traiettoria imboccata dal governo (e dal Mef) riguardano principalmente tre questioni: il futuro del Mes, il destino del Recovery, i troppi cantieri che al Mef si aprono e poi non si chiudono (Ilva, Atlantia, Alitalia).

Sul futuro del Mes, la partita è ormai alla luce del sole e da tempo anche Gualtieri sa bene che ogni critica rivolta da Zingaretti al presidente del Consiglio sul tema dell’utilizzo delle linee di credito del Mes sulle spese sanitarie è una critica rivolta più agli amici del Mef che ai quasi amici di Palazzo Chigi.

Lo stesso discorso vale per il tema del Recovery fund. E il punto qui non è tanto non aver ancora presentato un piano di utilizzo dei fondi europei sul modello francese (a settembre la Francia ha distribuito agli investitori comodi opuscoli in formato A4 per spiegare in che modo verranno utilizzati i cento miliardi in due anni che arriveranno dall’Europa: Roberto Gualtieri aveva garantito che quel piano lo avrebbe fatto anche l’Italia entro il 15 ottobre), ma è il sospetto che l’Italia possa essere tentata dal fare quello che ha già annunciato di fare la Spagna e che il Pd non vorrebbe: ovverosia, limitarsi a utilizzare all’interno del Recovery solo la quota di finanziamenti a fondo perduto rinunciando ai prestiti, e dunque anche ad alcuni progetti di riforme strutturali a cui i prestiti sarebbero legati, per le stesse ragioni spiegate domenica sera da Conte in conferenza stampa: “Siccome sono soldi da restituire, sono soldi che alla fine vanno a incrementare il nostro debito pubblico”.

Quello che deriva da questo ragionamento, ha scritto ieri in una nota molto appassionata il deputato di Italia viva Luigi Marattin, è che “dovremmo usare il Mes semplicemente come fonte di finanziamento alternativa, per pagare cioè spese sanitarie già previste nel nostro quadro macroeconomico… E ora che ce l’avete davanti agli occhi, potete facilmente capire che la nostra posizione espressa nelle ultime ore non è solo la voglia di non contraddire il principale partito di maggioranza (da sempre contro il Mes, ma per sole ragioni ideologiche). Ma è anche il riflesso di una preoccupazione, che proviene da dentro le stanze del ministero dell’Economia, sulla necessità di mantenere intatto il sentiero di riduzione del rapporto debito/pil annunciato ai mercati nei giorni scorsi”.

È difficile che la presenza sulla scena politica di un Pd a due velocità possa produrre chissà quali scossoni politici. Ma la domanda che si pongono oggi Matteo Renzi e Nicola Zingaretti è una domanda che forse dovrebbe iniziarsi a porre anche l’esecutivo: governare in tempi di pandemia non è semplice, ovvio, ma governare una pandemia senza fare tutto ciò che andrebbe fatto per uscire dall’incartamento, whatever it takes, è come guidare una macchina durante una tempesta preoccupandosi più di chi deve tenere il volante che di come evitare di andare a sbattere.