Seconda ondata. Coloro che s’indignano perché Conte non ha fatto nulla dovrebbero spiegarci dove stavano negli ultimi sei mesi

Categoria: Italia

Se non lo ricordate, ve lo dico io: in tv e sui giornali, a spiegarci come il governo che tutto il mondo c’invidia avesse piegato la curva dei contagi e spezzato le reni al virus, con la sola forza della sua indomita volontà

Francesco Cundari, 21.10.2020 linkiesta.it

Con la risalita dei contagi si susseguono le espressioni di vivo sconcerto tra cronisti, analisti e commentatori, per la nostra evidente impreparazione dinanzi alla prevedibilissima seconda ondata, e per il fatto che in questi sei mesi il governo Conte, ohibò, non sembra aver fatto proprio niente per prepararsi. Resta da capire dove fossero loro – gli sconcertati cronisti, analisti e commentatori di cui sopra – in questi sei mesi.

Se non lo ricordate, ve lo dico io: a ripetere ovunque, a voce o per iscritto, per radio, in tv o sui giornali, quanto superlativamente il governo Conte stesse affrontando la pandemia, come fosse diventato ormai un modello per l’Europa e per il mondo, quanto fosse amato dal popolo, apprezzato dagli scienziati e ammirato dalle classi dirigenti dell’intero pianeta.

Erano tutti lì, con poche eccezioni, a spiegarci come il governo che tutto il mondo c’invidia avesse piegato la curva dei contagi e spezzato le reni al virus, con la sola forza della sua indomita volontà. E adesso che la curva dei contagi torna a salire, proprio come le file per i tamponi, davanti agli studi medici e agli ospedali, adesso che tutti sembrano accorgersi d’improvviso che dal tracciamento al trasporto pubblico nulla è stato organizzato per tempo e tutto s’improvvisa di giorno in giorno, ecco che in tanti cominciano finalmente a domandare: ma cosa ha fatto il governo in tutti questi mesi?

Buona domanda, che sarebbe lecito attendersi da chi fosse appena tornato da una gita in qualche lontana galassia, e guardandosi intorno stentasse a riconoscere quel modello di buon governo, competenza e affidabilità che aveva lasciato alla partenza: quell’incessante produzione di riunioni a mezzo di riunioni, tra commissioni, task force e comitati tecnico-scientifici, culminata nell’indimenticabile settimana di sfilate a villa Pamphilj con tutte le categorie sociali presenti sull’elenco telefonico.

Non ci voleva la sfera di cristallo per avvertire – allora – che dal famoso modello coreano a tre T (Testare, Tracciare, Trattare) eravamo già passati al più antico modello italiano a tre P: Più avanti, Più o meno, Può darsi. Ma allora al governo Conte sorridevano i monti, i sondaggi, gli equilibri politici e istituzionali, e in pochi avevano voglia di mettersi di traverso.

Parlare di «Scimmie al volante», come fa il libro dei giornalisti di Repubblica Marco Mensurati e Fabio Tonacci, edito da Rizzoli, non mi convince, perché mi sembra una forma di anti-populismo omeopatico, non meno antipolitico e preconcetto del suo bersaglio. Ma al di là dell’immagine scelta e delle considerazioni politiche generali che sottende, e che non condivido, è difficile non farsi convincere dal puntuale – e meritorio – resoconto dei fatti, delle fesserie e dei pasticci, del continuo scaricabarile e delle reiterate contraddizioni di cui questo governo si è reso protagonista, con il validissimo aiuto dell’opposizione, di vari illustri scienziati e di tanti illustrissimi osservatori e commentatori.

In ogni caso, ripercorrendo quanto è stato fatto e detto da marzo a oggi, e soprattutto quanto non è stato fatto, la conclusione che se ne ricava è che se oggi siamo in questa situazione la colpa non è solo di chi al volante si è addormentato, diciamo così, ma anche di chi ha passato questi mesi a cantargli la ninna nanna, facendo di tutto per non svegliarlo.