Le omissioni di Tridico su Reddito di cittadinanza e Quota 100

Categoria: Italia

Nella relazione annuale dell'Inps mancano i dati (inventati) sui benefici a lungo sbandierati sui media dal suo presidente

LUCIANO CAPONE 30.10. 2020 ilfoglio.it  lett.4'

"Il Reddito di cittadinanza ha ridotto la povertà assoluta del 60 per cento", "Quota 100 ha avuto effetti positivi sul mercato del lavoro". Il presidente dell'Inps ha spesso diffuso stime propagandistiche sull'impatto delle riforme del M5S: ora nelle 500 pagine della relazione annuale dell'Istituto non c'è alcun dato a supporto delle sue affermazioni. Perché erano false

Il rapporto annuale dell’Inps è un importante documento per capire com’è cambiata l’Italia con il Covid-19: oltre 4 milioni di persone hanno ricevuto il bonus una tantum; 6,5 milioni hanno percepito la cassa integrazione; 600 mila famiglie hanno chiesto il Reddito di emergenza; infine è esploso il numero dei beneficiari del Reddito di cittadinanza (Rdc): da 2,4 milioni a gennaio a 3,1 milioni ora. La fetta di popolazione che, oltre ai pensionati, dipende dall’Inps è sempre più ampia. Ma accanto a tanti dati interessanti, nella relazione presentata dal presidente Pasquale Tridico ci sono due grandi omissioni su Rdc e Quota 100.

E’ davvero sorprendente che nelle circa 500 pagine del XIX rapporto annuale dell’Inps, e nella lunga presentazione del suo presidente, non ci sia un riferimento o una valutazione rispetto agli obiettivi dichiarati delle due principali riforme dello scorso anno: abbattimento della povertà assoluta (Reddito di cittadinanza) e aumento dell’occupazione giovanile (Quota 100). E non si tratta di argomenti di cui l’istituto in questi anni non ha parlato, anzi. Nelle sue uscite, mediatiche e istituzionali, il presidente Tridico ha più volte rivendicato risultati tangibili su questi fronti fornendo anche dati quantitativi. Ad esempio Tridico ha dichiarato in più occasioni che il Rdc ha ridotto “di circa il 60 per cento il tasso di povertà assoluta”. Questo risultato era stato rivendicato anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa di fine anno: “Sono orgoglioso del Reddito di cittadinanza… le statistiche ci dicono che in otto mesi abbiamo un -60 per cento della povertà assoluta. E’ un risultato incredibile”. Il risultato è talmente incredibile che non è vero: è stato palesemente smentito dai dati ufficiali dell’Istat, che ha registrato una riduzione dal 7 al 6,4 per cento. La povertà assoluta è quindi diminuita di 0,6 punti percentuali e non del 60 per cento. La povertà assoluta è sempre stato il target del Rdc, indicato in sede politica e istituzionale da Tridico prima quando faceva il fantaministro e il consigliere del ministro Luigi Di Maio e poi da presidente dell’Inps. Ma di questi dati, nella relazione dell’Inps, non c’è traccia. C’è una stima dell’impatto del Rdc su altri indicatori come la povertà relativa, che diminuisce di 0,7 punti (da 14,9 a 14,2 per cento), o l’intensità di povertà (da 39,2 a 33,4 per cento), ma nessuno dei dati è coerente con un più che dimezzamento della povertà assoluta.

In altre circostanze Tridico, quando il dato si è mostrato in tutta evidenza falso, ha modificato la sua versione dicendo che con il Rdc è stato raggiunto il 60 per cento dei poveri assoluti (circa 3 milioni sui 5 indicati dall'Istat). Neppure di questo dato c’è traccia nella sua relazione e nel rapporto dell’Inps. Non si sa cioè, in realtà, a quanti poveri assoluti (che erano il target del Rdc) sia andato realmente l’assegno. Ma la tesi secondo cui i beneficiari di Rdc sarebbero, per definizione o automatismo, poveri assoluti è insostenibile. Anche perché nello stesso rapporto dell’Inps vengono indicati i diversi limiti del Rdc, a lungo evidenziati da tanti economisti e commentatori (anche su questo giornale): una scala di equivalenza che penalizza le famiglie numerose (più povere) e avvantaggia i single, l’esclusione degli stranieri residenti da meno di 10 anni, la diffusa evasione fiscale che in assenza di controlli consente a chi non ha diritto di prendere il Rdc. Eppure qualche dato sulla capacità del Rdc di intercettare i poveri l’Inps l’ha elaborato. Ad esempio, da un lavoro del Centro studi dell’Inps emerge che a causa di tutti i problemi di disegno e controllo della norma, oltre il 50 per cento dei percettori di Rdc non è povero e appena il 14 per cento dei poveri relativi percepisce il Rdc. Quindi vuol dire che, necessariamente, sono ancor meno i poveri assoluti che lo percepiscono, altro che 60 per cento. Ma neppure questi dati elaborati dall’Inps hanno trovato spazio nella relazione dell’Inps.

Così come è assente una qualsiasi valutazione dell’impatto sull’occupazione di Quota 100. L’anticipo pensionistico era stato indicato dal legislatore, e dal governo nei documenti di finanza pubblica, come uno strumento per favorire il “ricambio generazionale”, secondo il meccanismo della "staffetta" tra anziani e giovani. Anche Tridico ha dichiarato che ci sarebbe stato un ricambio del 100 per cento e in audizione, a gennaio, addirittura che Quota 100 ha avuto “effetti lievemente positivi” sul mercato del lavoro. Questa tesi è stata smentita da tutti, osservatori e istituzioni indipendenti: secondo Corte dei conti, Banca d’Italia e Osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica questo turnover con i giovani non c’è stato e Quota 100 ha avuto un impatto negativo sull’occupazione (e come ha evidenziato il direttore Claudio Cerasa questo effetto è drammaticamente visibile ora nella sanità e nella scuola).

 

Tridico aveva a disposizione la relazione dell’Inps per mostrare con i dati la veridicità delle sue affermazioni, ma la propaganda non ha trovato spazio nelle 500 pagine. L’omissione dimostra che erano balle. L’Inps merita uno standard di serietà e correttezza un pochino più elevato.