Immunità di Governo. Così Zingaretti blocca una crisi di governo impossibile

Categoria: Italia

Renzi ammicca a Salvini. Marcucci invoca il rimpasto. Ma Franceschini stoppa tutto. L'unica verifica di maggioranza sarà il lockdown

VALERIO VALENTINI 30.10. 2020 ilfoglio.it lett.4’

Marcucci chiede a Conte il rimpasto. Ma nel Pd scoppia il finimondo. "Abbiamo rischiato il tracollo", dice Guerini. Renzi scalpita, al Nazareno si fa buon viso a cattivo gioco: la verifica che in tanti vorrebbero, tra i dem, resta sospesa. Il lockdown incombente toglie spazio a qualsiasi manovra politica

COVID-19 LOCKDOWN ANDREA MARCUCCI RIMPASTO

Non ci fosse un lockdown incombente, il momento sarebbe magari propizio. E anche per questo Matteo Renzi, attraverso i suoi ambasciatori toscani, ha tentato di far recapitare all’altro Matteo, Salvini, un dispaccio riservato: che insomma si muovesse, il leader della Lega, a garantire la collaborazione della destra nella gestione dell’ora più buia, e a quel punto il governissimo si fa. E forse anche Andrea Marcucci, nell’invocare il rimpasto coi suoi occhi fissi negli occhi del premier, avrà pensato che ormai gli eventi sono maturi, il travaglio della maggioranza rossogialla troppo esasperato per poter essere domato. E invece, proprio nel giorno in cui tutto sembrava precipitare verso la crisi, dopo due ore che per il ministro Lorenzo Guerini sono state “quelle in cui abbiamo rischiato sul serio il tracollo”, ecco che l’entropia s’annulla, le suggestioni di un cambio della squadra di governo svaporano nel chiacchiericcio del Transatlantico, mentre il bollettino dei contagi segna 26.831 nuovi positivi.

E così succede che alla fine, sul banco degli imputati, ci finisce l’accusatore. Quel Marcucci, cioè, che secondo Tommaso Nannicini ha avuto “la colpa di dire apertamente quel che tutti, qui nel gruppo di senatori del Pd, ci diciamo tra di noi”. Se l’erano ripetuto anche in mattinata, quando il capogruppo aveva anticipato i contenuti del discorso che avrebbe tenuto: “Illustrerò l’esigenza di una verifica di governo”. Nessuna voce contraria. E del resto martedì sera, durante il vertice coi capigruppo di maggioranza, il più critico nei confronti dei Conte non era stato Marcucci, ma Graziano Delrio. Che l’indomani era stato peraltro convocato da Nicola Zingaretti al Nazareno. “Per rimproverarti di avere alzato troppo i toni?”, gli hanno chiesto i suoi deputati al ritorno. “Macché”, ha riferito Delrio. “Anche Nicola è d’accordo che così non si può andare avanti”.

Non a caso, allora, in mattinata viene stabilito che a parlare dopo l’informativa di Conte sarebbe stato Michele Bordo, uno degli scudieri del teorico più coerente del rimpasto, e cioè Andrea Orlando. Era stato proprio Bordo, infatti, ad inaugurare il dibattito nella direzione nazionale di venerdì scorso, subito dopo la relazione del segretario. E l’aveva fatto, manco a dirlo, per invocare una verifica di governo. E così Bordo interviene in Aula per ribadire, sì, la necessità di “fare squadra”, ma poi snocciola un elenco di “errori e limiti” che neanche Giorgia Meloni. “E’ vero, presidente: avremmo potuto organizzare meglio il trasporto pubblico, fare più sforzi per i tamponi, investire di più nella medicina territoriale, realizzare più reparti Covid, garantire maggiore assistenza domiciliare, prevedere più Covid hotel per i positivi, rendere più efficiente l’app Immuni e il sistema di tracciamento, dire sì al Mes”. E dai banchi del Pd, intanto, giù applausi.

E così poche ore dopo, nell’altra Camera, Marcucci si sentiva confidente abbastanza per aggiungere a penna, dopo averlo già limato, un appunto sulla necessità del rimpasto. “Deve valutare, presidente Conte, se i singoli ministri sono adeguati alle emergenze che stiamo vivendo e sempre a lei chiedo la verifica della tenuta della maggioranza”. Tanto basta perché Dario Franceschini, sacerdote supremo del quieta non movere, imponga subito alle sue sentinelle di Palazzo Madama di stroncare l’iniziativa: “Parlare adesso di rimpasto è lunare”, sentenziano Franco Mirabelli e Roberta Pinotti. E Zinga? “Il sostegno del Pd a questo governo e ai suoi ministri è pieno e totale”, afferma il segretario in un’agenzia.

E così l’ipotesi di un rimpasto, quell’operazione chirurgica che in parecchi – da Renzi a Orlando, passando per Bettini – vagheggiano per potere rafforzare l’esecutivo prima della tempesta che verrà, pare tingersi di surrealtà. Per mille motivi, certo. Perché Mario Draghi non sembra affatto intenzionato; perché l’ultima volta che Salvini s’è fidato di Renzi è finita col leader di Iv che s’è tirato indietro dallo sfiduciare Bonafede (“E quindi col cavolo che ora quello ci ricasca”, dicono i confidenti più intimi del leghista); perché l’apertura a Forza Italia resta un’incognita, visto anche il trambusto dentro il M5s. Per tutti questi motivi, certo. Ma soprattutto perché tra qualche giorno l’unico argomento su cui discutere, nel governo, sarà quello che riguarda i negozi da chiudere a causa del lockdown. E dunque l’illusione di continuare a recitare lo stesso copione del rimpasto, mentre alle spalle dei teatranti la scenografia cambiava, diventava un fondale cupo con su scritti i dati dei contagi, s’è infranta contro il dilagare dell’epidemia. E ormai è solo la scenografia, la sola storia che conta