“Ecco il modello austriaco per battere l'islamismo”. Parla il teologo Khorchide

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L'Austria è l’unico paese in Europa a regolare i rapporti fra stato e moschea da oltre un secolo. Appunti per l'Europa

DANIEL MOSSERI 19.11. 2020 ilfoglio.it lettura4’

“D’altro canto, benché molti dei contenuti della religione di Maometto siano sconosciuti alla cultura occidentale, si può argomentare che le idee morali fondamentali dell’islam non sono in nessuna maniera una contraddizione dei concetti etici e morali e della visione dell’occidente: anche l’islam prevede l’onestà, l’integrità, l’obbedienza alle leggi e la legalità come standard inviolabili del pensare umano”. Con queste parole il ministro degli Affari culturali e religiosi dell’Impero austro-ungarico, il conte Karl Stürgkh, presentava a Francesco Giuseppe il progetto di legge per fare dell’islam una delle religioni riconosciute dallo stato. Era il 5 giugno 1909: la Islamgesetz (“Legge sull’islam”) vedrà la luce nel 1912. Il provvedimento che dava riconoscimento ai musulmani sunniti di rito hanafita, e cioè ai 600 mila bosniaci annessi nel 1908 dalla corona d’Austria-Ungheria, introduceva fra l’altro il matrimonio civile e aboliva la poligamia. E già nel 1909 a Vienna si immaginava la costruzione di una moschea. Poi arrivò la Prima guerra mondiale. Dopo la Seconda, le moschee in Austria sono diventate alcune centinaia. La Islamgesetz del conte Stürgkh non è però mai stata abolita e sulla base dello stesso provvedimento, nel 2013 la comunità religiosa alevita si è fatta riconoscere dal governo come organizzazione di diritto pubblico distinta dalla IGGiÖ, la principale casa dei sunniti austriaci. Nel 2015 l’allora ministro degli Esteri e dell’Integrazione Sebastian Kurz propose di riformare l’Islamgesetz licenziata 103 anni prima da Francesco Giuseppe. I recenti attacchi jihadisti a Parigi, Nizza e Vienna riaprono il dibattito sul rapporto in Europa fra stato e islam, alla ricerca di un equilibrio fra sicurezza dei cittadini, libertà di religione e lotta all’islamofobia.

A Mouhanad Khorchide, teologo islamico all’Università di Münster, in Vestfalia, il Foglio ha chiesto se altri paesi europei possono prendere a esempio il modello dell’Austria, l’unico paese in Europa a regolare i rapporti fra stato e moschea da oltre un secolo. Considerato il principale autore sull’islam nel mondo di lingua tedesca, Khorchide parte dalla recente notte di sangue a Vienna. L’attentatore aveva origini macedoni, osserva l’accademico, ma era cresciuto in Austria, per cui esiste un rischio jihad interno al paese. “Ma c’è anche l’islam politico, un’ideologia fortemente anti-occidentale che, seppur non violenta come il jihadismo, non è meno pericolosa”. La riforma Kurz del 2015 ha cercato di limitare l’influenza dell’islam politico stabilendo che nessun imam sia finanziato dall’estero, ma l’ostacolo, spiega Khorchide, è stato aggirato creando fondazioni di diritto austriaco che pagano i predicatori con i soldi inviati dalla Turchia, dal Qatar o dal Kuwait; paesi che strumentalizzano la diaspora islamica per sostenere l’agenda politica dei Fratelli Musulmani. Aggirata sugli imam, la scorsa estate Vienna ha reagito istituendo il Centro di documentazione sull’islam politico, e affidandone la guida scientifica proprio a Khorchide. “Il centro non fa intelligence: noi non spiamo l’islam politico ma ne studiamo le strategie e ideologie, analizziamo come divide la politica e consigliamo alla stessa come reagire”.

Il teologo vede che “per ingenuità o ignoranza” troppi politici austriaci parlano con organizzazioni sedicenti islamiche la cui agenda è solo politica: “Gruppi di pressione diretti da Ankara ai quali la tutela dei musulmani austriaci non interessa”. Scopo del centro è dunque “stabilire chi ha le carte in regola per sedere a tavola con lo stato”, evitando così situazioni insostenibili come quella della conferenza del 2018 fra stato e organizzazioni dell’islam in Germania. Il musulmano riformato tedesco Ahmad Mansour poté partecipare all’evento fra l’aperta ostilità degli altri convitati solo grazie alla protezione della polizia. Anche Khorchide, autore di titoli traducibili come “Sharia – il Dio frainteso”, “l’islam è misericordia” e “I falsi avvocati di Dio”, vive sotto scorta. E il suo nome appare anche nella lista delle personalità europee che la Fondazione Seta, uno strumento del governo turco, definisce ogni anno islamofobe. “Si rende conto dell’assurdità? Sono uno studioso dell’islam definito islamofobo”.

L’accademico mette a nudo la strategia della Turchia definita “l’araldo” dell’islam politico: “Ogni critica a Erdogan diventa una critica all’islam stesso: così molti in Europa si astengono dalle critiche per non essere additati quali islamofobi da Ankara. Il concetto di islamofobia viene così strappaziert, con grave pericolo per l’islam in Europa: nel silenzio generale resta solo la voce dei fondamentalisti”. Autore di un recente editoriale sullo Zeit dal titolo “E a noi chi ci difende?”, Khorchide invoca il sostegno dei governo ai rappresentanti dell’islam laico, minacciati tanto dall’islam politico quanto dai jihadisti. Ammalata di strabismo, l’Europa non ascolta. Gli studi empirici dimostrano che in grande maggioranza i musulmani europei sono laici e non si interessano al Corano, spiega Khorchide, invece in gran parte delle moschee “si fa una lettura letterale del Corano su punizioni corporali e ruolo della donna”. La lettura del testo sacro non è mai critica “e la maggioranza delle istituzioni religiose ancora legate all’estero è molto più conservatrice dei fedeli”. Eppure c’è un secondo elemento della Islamgesetz austriaca che Khorchide apprezza: “Aver inserito l’ora di religione islamica nelle scuole”. A differenza del modello laicista francese che bandisce la religione dagli istituti scolastici “finendo per avvicinare tanti studenti musulmani alle moschee o, peggio ancora, ai reclutatori dell’Isis su internet”, a scuola ci sono insegnanti che hanno studiato l’islam in Austria, parlano bene tedesco, sono pedagoghi competenti e capiscono i giovani. “A scuola la religione funziona molto meglio che in moschea: la mia proposta è che questi insegnanti, pagati dallo stato, diventino imam”.