C'era Churchill, c'è l'Europa di Macron. E poi ci sarebbe la Meloni

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“Il politico deve essere in grado di prevedere cosa accadrà domani, il mese prossimo e l’anno prossimo e poi..  

Le lettere al direttore del 20.11. 2020 ilfoglio.it

Al direttore - Buongiorno. Vi invio un piccolo commento di mia nonna, Nidia Meng, che vi segue da anni e non si perde mai una vostra uscita. Mi ha portato questo foglietto, scritto a gran fatica, ma teneva a mandarvelo. E’ un commento al discorso di Macron sull’Europa. “Sono entusiasta del piano proposto da Macron per il futuro dell’Europa. Penso però che ci vorranno parecchie generazioni per avvicinarsi al sogno illuminato. Comunque io a 92 anni, lo voterei subito. Forza giovani, datevi da fare subito!”.

Marianna Cossino

Cuori!

Al direttore - Secondo Lei, se Churchill fosse ancora in vita, avrebbe votato a favore di un politico italiano, l’onorevole Giorgia Meloni, a capo dei conservatori in Europa? Con molti cordiali saluti.

Vincenzo Covelli

Approfitto della sua domanda retorica per offrirle una frase di Winston Churchill, che offre spunti di riflessione preziosi sull’essenza di alcune peculiari leadership politiche. “Il politico deve essere in grado di prevedere cosa accadrà domani, il mese prossimo e l’anno prossimo, e, in seguito, avere la capacità di spiegare perché non è avvenuto”. Chi le viene in mente?

Al direttore - Secondo Jean-Paul Fitoussi la proposta di cancellare i debiti pubblici degli stati verso l’Unione europea o verso la sola Bce avanzata da David Sassoli “più che un errore in sé è un’ingenuità”. E in effetti, che il presidente di una delle massime autorità europee veicoli attraverso un giornale amico una proposta di tale delicatezza è cosa piuttosto stramba, a meno che non si vogliano vedere dietro all’iniziativa recondite aspirazioni domestiche (il Quirinale?) come mormora qualcuno. Non si può quindi che concordare con Lorenzo Bini Smaghi quando, come ha fatto ieri su questo giornale, afferma con dovizia di argomentazioni che la proposta di Sassoli è l’idea migliore per affossare il Recovery fund o il Next Generation Eu. E tuttavia non si può nemmeno non riconoscere che la questione della fuoriuscita dalla montagna di debiti figlia del Covid è aperta e che accanto alle soluzioni classiche (riforme strutturali, avanzi primari, austerità, crescita) se ne affacciano di eterodosse. E’ interessante da questo punto di vista seguire che cosa sta accadendo in Francia mentre il suo debito pubblico galoppa. Nella sua intervista fiume al Grand Continent, cui il Foglio ha dato giustamente grande risalto, Emmanuel Macron ovviamente non ha dedicato una riga al tema del debito, ha demolito però il Washington Consensus nella cui cornice si è collocato il pensiero economico-finanziario mainstream di questi anni. Non è passata inosservata inoltre l’intervista a Repubblica di Alain Minc lo scorso giugno, nella quale l’eminenza grigia delle élite francesi e consigliere ombra dello stesso Macron ha proposto la cancellazione della quota di debito contratta dai paesi verso la Bce in seguito al Covid o, in alternativa, l’emissione di titoli “perpetui o a 50-100 anni”. L’emissione di titoli zero coupon perpetui (un modo per monetizzare surrettiziamente il debito) del resto fu suggerita anche dall’allora presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, per risolvere i problemi del debito giapponese. Insomma, nel calderone della gestione del debito si agitano proposte vecchie e nuove. Dato che, come dice Minc, “tempi straordinari chiedono soluzioni straordinarie”, non è che l’Europa che ci ha sorpreso con il Recovery fund, gli Eurobond e il bilancio ci sorprenderà ancora?

Marco Cecchini

Al direttore - La “Calabria impossibile” merita una precisazione doverosa. Degli Occhiuto, Roberto è il fratello che non ha ricevuto nessun avviso di garanzia. E non può che farci piacere.

Carmelo Caruso

Al direttore - Posto che il diritto di sciopero non si tocca, considerato che sono due anni che non si rinnova il contratto, sottolineato che la vulgata che gli statali sono tutti fannulloni è falsa, rilevato che i dirigenti pubblici fanno a gara a chi si assume meno responsabilità possibili, ribadito che siamo nei guai economicamente e sanitariamente, ecco, tutto ciò detto lo sciopero del pubblico impiego è come quel film sulla corazzata russa.

Valerio Gironi

I dipendenti statali avranno anche molte ragioni per protestare, ma essendo tra i pochi italiani che in questi mesi di disperazione hanno avuto la fortuna di non vedere perso neppure un euro del proprio stipendio avrebbero potuto trovare altre forme meno surreali e meno controproducenti per fare sentire la propria voce