Perché far “cancellare” il debito pubblico alla Bce non è un pasto gratis

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La teoria del “debt overhang" di Krugman e Sachs dimostra che, quando la probabilità di insolvenza è molto alta, una cancellazione parziale del debito può beneficiare sia creditori che debitori. Ma non è il caso dell'Italia

Foto borghi Italia. borgo Vermi

UGO PANIZZA 18.11. 2020 ilfoglio.it

In un tweet, il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli suggerisce che l’Europa dovrebbe cancellare i debiti dei governi dovuti al Covid e afferma che non è accettabile che questi debiti “ricadano sui cittadini e sulle generazioni future.” Il tweet è stato immediatamente ripreso da esponenti politici sia di governo che di opposizione. Questo tweet sembra essere una delle poche cose su cui i “progressisti” come il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano sono d’accordo con Matteo Salvini. Ma è possibile, come suggerisce Sassoli, cancellare il debito e fare stare meglio tutti (cittadini e generazioni future)? In alcuni casi, sì. La teoria del “debt overhang,” proposta negli anni ‘80 da Paul Krugman e Jeffrey Sachs, dimostra che, quando la probabilità di insolvenza è molto alta, una cancellazione parziale del debito può beneficiare sia creditori che debitori. Ma, con lo spread ai minimi storici, questa chiaramente non è la situazione italiana (o europea) odierna. Nella condizione attuale una “cancellazione” del debito non può far star meglio tutti. Come minimo danneggerebbe le famiglie e le banche che hanno acquistato i titoli degli stati che decidono di cancellare il debito. Inoltre, cancellare il debito potrebbe anche avere conseguenze negative sulla reputazione dei paesi lo hanno emesso (nota: ho scritto molti articoli accademici che dimostrano che questi effetti sulla reputazione sono meno importanti di quanto la gente normalmente pensi; però i miei articoli esaminano casi in cui i paesi non hanno alternative al default, non sappiamo cosa succederebbe se un paese con normale accesso al mercato dei decidesse di ristrutturare i propri debiti).

E’ possibile che quando Sassoli parla di “cancellare” il debito non intenda proprio cancellarlo ma monetizzarlo, oppure cancellare solo il debito detenuto dalla Bce, oppure trasformarlo in debito europeo attraverso l’emissione di eurobond. Non voglio soffermarmi sui dettagli istituzionali di queste politiche (che attualmente non sono permesse dai Trattati Ue), ma chiedermi se è vero che queste politiche farebbero stare meglio tutti. Iniziamo dal caso in cui la banca centrale cancella il debito pubblico nel suo portafoglio. Questa azione non avrebbe alcun effetto sulla ricchezza netta del paese che ha emesso il debito. La riduzione del valore del debito (una passività dello stato) sarebbe compensata dalla riduzione del valore della banca centrale. Visto che la banca centrale è di proprietà dello stato, la riduzione delle attività pubbliche sarebbe identica a quella delle passività. E ciò vale anche se la banca centrale è di proprietà di più stati (come la Bce) e i titoli pubblici detenuti riflettono le quote di proprietà.

Se, invece, la composizione dei titoli in portafoglio non corrispondesse a quella delle quote azionarie, alcuni paesi trarrebbero benefici dalla cancellazione (quelli per cui la frazione di debito nel portafoglio della banca centrale è più alta della quota di proprietà) e altri che ci perderebbero. Mentre non avrebbe effetti sulla ricchezza netta dei paesi emittenti, cancellare il debito detenuto dalla banca centrale (nel nostro caso la Bce) le renderebbe il lavoro più difficile. Perché, anche se possono funzionare con un patrimonio netto negativo, un patrimonio netto positivo contribuisce all’indipendenza e alla credibilità della banca centrale. Passiamo ora alla seconda opzione. La banca centrale monetizza il debito pubblico comprando obbligazioni a lunghissimo termine (con scadenza a 100 anni oppure perpetue, come la vecchia Rendita Italiana, che è stata riacquistata dal Tesoro nel 1998). In questa situazione, il Tesoro paga gli interessi alla banca centrale e quest’ultima li restituisce al Tesoro sotto forma di dividendi. Dal punto di vista della ricchezza netta dello stato la situazione è identica a quella in cui debito viene cancellato, ma in questo caso la banca centrale continua ad avere un patrimonio netto positivo. La situazione è anche simile a quella odierna, dato che la Banca d’Italia detiene una quantità enorme di titoli di stato. Però acquistando titoli a lungo termine, la banca centrale ridurrebbe i problemi legati al rifinanziamento di questi titoli. Questa politica eliminerebbe i costi del debito per i cittadini e le generazioni future? La risposta è negativa.

Come ben spiegato da Ricardo Reis, professore alla London School of Economics, e uno dei più grandi esperti di economia monetaria: “Le azioni della banca centrale non allentano i vincoli di bilancio del governo a livello intertemporale. I fondamentali delle finanze pubbliche non cambiano”. Vediamo perché. Ora l’inflazione è bassa e la banca centrale non ha problemi a monetizzare il debito. Quando, nel futuro, l’inflazione inizierà ad aumentare (ra 2, 10, 15 anni, nessuno lo sa), la Bce dovrà decidere se combattere o accomodare l’inflazione. Nel primo caso dovrà vendere i titoli per riassorbire massa monetaria. Facendo così realizzerà delle perdite (perché i titoli a lungo termine avranno perso valore) e, dato che la banca centrale è di proprietà pubblica, queste perdite saranno a carico dei contribuenti. Se invece la decide di accomodare l’inflazione, a perderci sarà chi detiene denaro contante e titoli non indicizzati. Qualcuno paga sempre.

Passiamo all’ultima interpretazione del tweet di Sassoli: emettere obbligazioni europee e creare un Tesoro a livello europeo. Sono un europeista e mi piacerebbe avere un’Unione più forte, eurobond e un Tesoro europeo. Però ricordiamoci che qualcuno dovrà pagare gli interessi sugli eurobond. Quindi non capisco come questa innovazione potrebbe liberare le generazioni future dal debito. Magari potrà redistribuirne il costo e persino abbassarlo, ma eliminarlo?

Una lezione fondamentale dell’economia è che non esistono pasti gratis. Qualsiasi proposta di riforma deve riconoscere questo fatto. In caso contrario, entriamo in quello che Fausto Panunzi chiama “bengodismo”.