Morra e gli effetti non calcolati della nuova cretineria grillosca

Categoria: Italia

L’essenza della depressione è qui colta splendidamente. Altri la chiamano tristezza, inquietudine, malumore, tedio esistenziale. E’ oggi lo stato d’animo di tanti italiani, che li rende più vulnerabili agli attacchi del coronavirus. In attesa del sospirato vacino

21.11. 2020 lettere Direttore ilfoglio.it

Al direttore - Per Natale plateau o montagna?

Giuseppe De Filippi

Al direttore - L’età media dei morti per coronavirus è di 82 anni, quella dei positivi all’infezione di 49 anni. Sempre mediamente, i deceduti avevano 3,5 patologie pregresse (l’ipertensione la più frequente). Sono i dati più significativi di una ricerca, basata su un campione di oltre trentanovemila pazienti, che l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato il 4 novembre scorso. Questi numeri ci ricordano il rischio drammatico che incombe sul nostro sistema sanitario: per curare i malati di Covid-19 si trascurano, o si curano meno, proprio quelle morbilità che spesso rendono letale il contagio. Nell’elenco canonico delle malattie non trasmissibili, tuttavia, di solito non compare la depressione, che pure è una compagna di strada della pandemia. Purtroppo una cattiva letteratura ha contribuito a coltivare la leggenda metropolitana secondo cui il “male oscuro” è un tratto distintivo delle élite culturali e dei ceti borghesi più elevati, mentre i moderni studi epidemiologici dimostrano che esso colpisce tutte le classi sociali. La depressione vera, come sa chi ne ha avuto esperienza, è una sofferenza angosciosa e profonda, e gli psicofarmaci o la psicoterapia non sempre fanno miracoli. Come ha osservato il neurologo Paolo Berruti, la sua rappresentazione più eloquente si deve a una celebre incisione di Albrecht Dürer, “Melencolia” (1514). E’ un’opera complessa, non per caso concepita dopo la scomparsa della madre del pittore. La figura femminile solenne, ali semichiuse e sguardo nel vuoto, seduta su un gradino di pietra, con la testa sorretta da un braccio puntellato sul ginocchio, esprime magistralmente l’inerzia tipica del depresso. Anche il cane, amico fedele, giace immoto e raggomitolato in se stesso. L’essenza della depressione è qui colta splendidamente. Altri la chiamano tristezza, inquietudine, malumore, tedio esistenziale. La sostanza però non cambia. E’ oggi lo stato d’animo di tanti italiani, che li rende più vulnerabili agli attacchi del coronavirus. In attesa del sospirato vaccino, mi limito semplicemente ad auspicare un’etica della comunicazione, di cui si avverte la mancanza in chi governa, nella quale sia più chiaro e convincente il nesso tra i richiesti sacrifici presenti e i promessi benefici futuri.

Michele Magno

Al direttore - Trovo giusto sostenere, come fa il Foglio, che si debba agire con urgenza per definire l’assetto organizzativo, con la relativa governance, che dovrà presiedere alla formazione dei progetti italiani per il Next Generation Eu e alle successive fasi, nonché ai controlli. Ma è altrettanto importante che si operi per superare l’impasse causata dal veto di Ungheria e Polonia: un grave problema che non riguarda soltanto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel o la presidente semestrale dell’Unione Angela Merkel, ma che dovrebbe vedere mobilitati anche i vertici degli altri paesi, ivi compreso ovviamente Giuseppe Conte, per ricercare una soluzione. Ma soprattutto bisognerebbe porre mano a un piano B per l’eventualità che le resistenze dei due paesi – inaccettabili perché contrastanti con lo stato di diritto, dunque, con le fondamenta dell’Unione – si prolunghino nel tempo, sconfinando sul 31 dicembre. Apparire legati “perinde ac cadaver” al Recovery fund senza altre alternative darebbe, se non altro, una inopportuna immagine del paese. Ciò, naturalmente, non significherebbe denegare l’importanza del Recovery.

Angelo De Mattia

Il piano B esiste ed è quello magnificamente descritto sul Foglio da David Carretta: un Recovery fund senza Ungheria e Polonia.

Al direttore - Ho letto le parole del senatore Morra sull’ex presidente della regione Calabria, Jole Santelli e sui calabresi che l’hanno scelta. Lei non ha mai nascosto la sua malattia e ha deciso di curarsi in Calabria per stare vicino ai cittadini. Ha vissuto intensamente il suo ruolo di presidente con coraggio lavorando fino all’ultimo giorno. Ha dimostrato con la sua scelta che i malati oncologici possono continuare a lavorare, a essere utili e preziosi per chi sta loro vicino e per chi beneficia del loro impegno politico. In questa vittoria e nel suo impegno politico ha vinto la vita: Jole Santelli ha avuto la forza di scavalcare il muro di mattoni della malattia. Rispettiamo la Sua memoria.

Andrea Zirilli

Niente male la strategia scelta da Di Maio per tornare alla guida del M5s: mostrare la cretineria assoluta di buona parte dei nuovi vertici del m5s per riuscire nella non facile impresa di farsi rimpiangere persino dai suoi nemici.