Chi rincorre la sinistra perde. Cosa non ha capito il Pd della lezione di Biden

Categoria: Italia

La sfida, anche per l'Italia, sta nella riconfigurazione di una politica espansiva a partire dal centro e non dalla semplice occupazione del centro

GIUSEPPE FIORONI 27.11. 2020 ilfoglio.it

Al direttore - L’elezione di Biden cambia la visione dei problemi politici globali. Entriamo in una fase nuova, ancora solo tratteggiata e in ogni caso decisiva: da un lato ritorna lo spirito del multilateralismo, senza quel dispregio ostentato per la logica delle alleanze e della cooperazione, tanto da far presagire il ripristino della fiducia operosa tra Stati Uniti ed Europa; dall’altro s’innesca a viva forza un’aspettativa di rinnovamento che indica la necessità di sanare le ferite di un lungo ciclo di squilibri, a causa perlopiù dell’ingiusta distribuzione della ricchezza collettiva. Dunque, nel voto americano si deve rintracciare il desiderio di voltare pagina. Lo spettacolo della democrazia è stato impressionante: mai vista negli ultimi cent’anni una partecipazione elettorale così vasta. Finita l’era della demonizzazione, secondo l’impegno del neo-eletto Presidente, l’America è chiamata a ricostruire se stessa e con ciò, evidentemente, a ricostruire il mondo.

L’uomo al centro di questa epocale trasformazione non è un radicale o meglio un liberal, come si usa dire Oltreoceano; anzi, per formazione e disciplina, egli rappresenta l’anima più cauta e misurata della politica progressista americana. Potremmo anche definirlo un moderato, sebbene con tale aggettivo si mortifichi la pubblica percezione di un politico solerte e generoso. Tuttavia, Biden è riuscito nell’opera che di solito risulta impraticabile, quella di scalzare dal potere il Presidente in carica. C’è l’ha fatta, a ben vedere, perché ha convinto e rassicurato gli elettori di un vasto schieramento che tanto la destra, quanto la sinistra pretendono di considerare vuoto. Ma in questo vuoto, in effetti, s’annida il sentimento di ripulsa nei riguardi di ogni formula oltranzista.

Ci ha lavorato sopra, Biden, e non da solo; sicché la sua vittoria è figlia di una strategia che rovescia l’assunto di una ferrea dialettica di sistema, per la quale, nel caso specifico, al messaggio energico e aspro di Trump sarebbe stato conveniente contrapporne un altro di analoga fattura. Biden invece ha rotto l’incantesimo, uscendo dalla trappola della subalternità al populismo guerrafondaio e conquistando la maggioranza dei consensi della “middle class”, cosa che difficilmente avrebbe potuto fare un candidato più spostato a sinistra (alla Sanders o alla Ocasio-Cortez, per capirci). Ha vinto un leader poco carismatico, capace tuttavia di mettere a valore la maturità e la competenza, il principio del dialogo, il rispetto delle forme. Sembra allora che la crisi - una crisi inimmaginabile fino all’improvvisa esplosione della pandemia - selezioni e proponga una diversa griglia di valori.

I grandi temi della cura per l’ambiente e quindi, a seguire, della sostenibilità economica e finanziaria a livello planetario, si saldano nei contesti nazionali alla domanda di maggiore equità e sicurezza. L’invito alla fraternità, proposto dall’enciclica di Papa Francesco, s’irradia come monito fecondo e amorevole, bisognoso di concrete traduzioni. Si cerca, insomma, una sintesi politica dopo che il populismo ha seminato l’illusione di una risposta unilaterale, in fondo disattenta alle questioni della solidarietà, e dunque intessuta delle parole d’ordine del vecchio darwinismo sociale. Ebbene, questa sintesi evoca il centro e ne rinvigorisce le ragioni, mentre s’incarica di accogliere l’essenza di tante buone rivendicazioni che pagano però il prezzo dell’impazienza, anche come soprassalto di egoistiche aspirazioni corporative. E una lezione che richiede il più serio ed onesto approfondimento da parte nostra.

Si tratta di capire, in fin dei conti, come e perché questa potente e suggestiva novità debba contemplare un vero cambio di paradigma. Di fatto è una riflessione che investe la politica italiana, dove alligna del resto una tradizione che ha reso vitale il contributo del centro democratico e popolare, fonte di ricchezza delle scelte riformatrici più significative nella storia del Paese. Il pensiero cristiano ne ha fortemente influenzato la crescita e la concreta applicazione: mezzo secolo di Democrazia cristiana non si spiegano diversamente. La sfida, a questo punto, sta nella riconfigurazione di una politica espansiva a partire dal centro e non dalla semplice occupazione del centro. In America, con Biden, questa vocazione ha preso forma. Da oggi assume i contorni della scommessa da vincere sul terreno delle grandi scelte di governo, dopo che ha vinto nella battaglia contro la dura e frastornante ideologia del trumpismo. Una scommessa, in definitiva, che riguarda tutti quanti noi.