Censis2020. Il sistema Italia non gira perché è “una ruota quadrata”. Il rapporto annuale del Censis

Categoria: Italia

Un paese prostrato, ma non privo di forze, smarrito più che impoverito, alla ricerca di un orizzonte credibile. In media un quarto della popolazione ha ricevuto duemila euro a testa, mai si era creata una così vasta economia assistita. Uscire dalla “bonus economy” non sarà affatto facile

STEFANO CINGOLANI 04.12. 2020 ilfoglio.it

Il sistema Italia non gira perché è “una ruota quadrata”. Quest’anno il Censis ha scelto una metafora meno evocativa del solito, ma più diretta come richiede il duro tempo che ci è dato da vivere…. . Di qui le proposte rivolte direttamente a chi governa.

“La classe politica ha scelto di non vedere il pericolo di regressione - è scritto nelle Considerazioni finali - che, superata la fase più acuta dell’emergenza, la concessione a pioggia di bonus di ogni genere e natura veniva accrescendo ha offerto, a richiesta, la promessa di aiuti indistinti, il caricamento di crediti d’imposta senza limiti, la gestione concentrata nel vertice delle decisioni, la rimozione dei raccordi tra il contenimento di congiunturali picchi di sofferenza e il perseguimento di precisi obiettivi di medio periodo”. Per rimettere in cammino l’economia e rinsaldare la società, invece “occorrono interventi concreti e in profondità, che il puro gioco di controllo e mediazione delle variabili sociali è fuori dal tempo”. In primo luogo, sul sistema delle entrate: “La riduzione, generalizzata e indistinta, delle tasse e dei prelievi fiscali non appare un obiettivo coerente, non almeno nel breve periodo, con la dimensione del debito pubblico e con gli impegni a sostegno del reddito e della crescita assunti dal governo”. In secondo luogo, sul sistema delle uscite: “Un ridisegno del sistema industriale e un ripensamento della qualità degli investimenti a sostegno della produzione, dell’innovazione, delle esportazioni appare uno sforzo prioritario. Uscendo dall’indistinto aiuto a tutti, dall’impegno al ristoro come sussidio generalizzato, riconducendo in una percorribile politica industriale la pletora di microinterventi già decisi o in via di approvazione”. In terzo luogo, “appare urgente e necessario un ripensamento strutturale dei sistemi e sottosistemi territoriali, con un dibattito sul Mezzogiorno che precipitosamente affonda e una nuova questione settentrionale che si impone”.

Il Censis non entra nella rinnovata querelle sulla patrimoniale, ma inquadra la realtà con alcuni dati significativi: “Sono appena 40.949 gli italiani che dichiarano un reddito superiore ai 300.000 euro l’anno, con una media di 606.210 euro pro capite. Corrispondono allo 0,1% del totale dei dichiaranti. Mentre 1.496.000 persone hanno una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro): sono il 3% degli italiani adulti, ma possiedono il 34% della ricchezza del paese”. Far pagare lo 0,1% non ha senso, inseguire quel 3% (ammesso che sia utile e giusto) richiede una economia di guerra.

“Nell’anno della paura nera l’epidemia ha squarciato il velo sulle nostre vulnerabilità strutturali e ha vinto la logica meglio sudditi che morti”, hanno spiegato il segretario generale Giorgio De Rita e il direttore generale Massimiliano Valerii. Il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva. Il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni. Il 77,1% chiede pene severe per chi non indossa le mascherine di protezione delle vie respiratorie, non rispetta il distanziamento sociale o i divieti di assembramento. Il 76,9% è convinto che chi ha sbagliato nell’emergenza, che siano politici, dirigenti della sanità o altri, deve pagare per gli errori commessi. Il 56,6% chiede addirittura il carcere per i contagiati che non rispettano rigorosamente le regole della quarantena. Il 31,2% non vuole che vengano curati (o vuole che vengano curati solo dopo, in coda agli altri) coloro che, a causa dei loro comportamenti irresponsabili, si sono ammalati. E per il 49,3% dei giovani è giusto che gli anziani vengano assistiti solo dopo di loro.

A ottobre i sussidi erogati dall’Inps coinvolgevano oltre 14 milioni di beneficiari, con una spesa superiore a 26 miliardi di euro. La valutazione positiva dei bonus è molto alta tra i giovani (83,9%), più che tra gli anziani (65,7%). Ma solo il 17,6% dei titolari di impresa ritiene che le misure di sostegno saranno sufficienti a contrastare le conseguenze economiche dell’emergenza. Circa 4 milioni di lavoratori indipendenti hanno avuto accesso all’indennità di 600 euro. 1,4 milioni di commercianti, 1,2 milioni di artigiani e circa 300.000 coltivatori diretti e altre figure impegnate nelle attività agricole rappresentano tre quarti del totale dei beneficiari (circa 3 milioni) che hanno potuto ottenere una compensazione della perdita di reddito nel corso dell’emergenza. La spesa complessiva per queste categorie si aggira intorno a 1,7 miliardi di euro, poco meno del 74% del totale di 2,3 miliardi. Il “cash cautelativo” è un ammortizzatore spontaneo, ma anche un sintomo di aspettative decrescenti: rispetto al dicembre 2019, nel giugno 2020 la liquidità delle famiglie (contante e depositi a vista) ha registrato un incremento di 41,6 miliardi di euro (+3,9% in sei mesi) e ora supera i 1.000 miliardi.

Garantiti assoluti sono i 3,2 milioni di dipendenti pubblici, ad essi si aggiungono i 16 milioni di percettori di una pensione. Poi si entra nelle sabbie mobili. Vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, contro un più contenuto 28,6% degli addetti delle grandi aziende. C’è quindi la falange dei più vulnerabili: i dipendenti del settore privato a tempo determinato e le partite Iva. Mentre circa 5 milioni di persone hanno finito per inabissarsi senza fare rumore. Infine, “i vulnerati inattesi”: gli imprenditori dei settori schiantati, i commercianti, gli artigiani, i professionisti rimasti senza incassi e fatturati. Rispetto all’anno scorso, nel terzo trimestre sono già 457.000 i posti di lavoro persi da giovani e donne, il 76% del totale dell’occupazione andata in fumo. E sono 654.000 i lavoratori indipendenti o con contratto a tempo determinato senza più un impiego. I giovani risultavano particolarmente colpiti in particolare negli alberghi e nella ristorazione (sono più della metà dei 246.000 occupati in meno nel settore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).

Cosa resta dopo il Covid? La “vita da remoto” non sparirà con la pandemia. L’87% dei cittadini ha dichiarato di avere utilizzato nell’emergenza la connessione internet fissa a casa e che è stata sufficiente. Meno del 10% ha lamentato una mancanza di banda adeguata. Si può stimare che quasi 43 milioni di persone maggiorenni (tra queste, almeno 3 milioni di novizi) siano rimaste in contatto con i loro amici e parenti grazie ai sistemi di videochiamata che utilizzano internet. Ma solo l’11,2% degli oltre 2.800 dirigenti scolastici intervistati dal Censis ha confermato di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti. Tra le cose che rimangono c’è la “dimensione a corto raggio” con le seconde case e il turismo di prossimità. E c’è la crisi dei centri storici, ma anche dei centri direzionali, bisognerà trovare una nuova ragion d’essere ai grattacieli. Non si dissolverà facilmente nemmeno la profonda frattura sociale. A pagare il conto soprattutto giovani e donne: per loro già persi quasi 500.000 posti di lavoro. Solo il 13% degli intervistati è pronto a tornare a rischiare aprendo un’impresa. Mentre covano antichi risentimenti e nuove inquietudini: “Ora spuntano i favorevoli alla pena di morte, a sorpresa sono il 44% degli italiani”.

Questo stato d’animo si riversa contro il bersaglio Europa, nonostante la svolta di Bruxelles e il Recovery fund. “Solo il 28% degli italiani nutre fiducia nelle istituzioni comunitarie, a fronte di una media Ue del 43%: siamo ultimi nella graduatoria europea. La percezione delle istituzioni comunitarie nell’immaginario collettivo resta positiva per il 31%, negativa per il 29%. Il 58% degli italiani si dice insoddisfatto delle misure adottate a livello comunitario per contrastare la crisi del Covid-19 (una percentuale superiore alla media Ue pari al 44%)”. Sembra quasi che Silvio Berlusconi, prima di annunciare il contrordine ai suoi seguaci, abbia letto in anteprima questi sondaggi. Quanto a Matteo Salvini e Giorgia Meloni non ne avevano bisogno.