Riforme e svolte sul lavoro o non sarĂ  un vero Recovery

Categoria: Italia

Le novità positive sugli investimenti e tutti i limiti macro del piano. Come superare la stagione della genericità

MARCO BENTIVOGLI 13 GEN 2021 ilfoglio.it lettura4’

Rispetto alla bozza prenatalizia che era

circolata, si ha l’impressione di uno sforzo maggiore. Ma è sufficiente? In alcuni ambiti, il risultato è deludente: per esempio, sulla transizione verde erano stati identificati dei progetti, mentre ora ci sono delle formule vaghe. E soprattutto ha qualche chance di essere presa in considerazione dalla Ue? Partiamo dai limiti macro: è una nostra esigenza, per fortuna rimarcata dalla Commissione Ue, la necessità di accompagnare il piano da riforme vere. Le riforme sono urgenze del paese e restare a generici obiettivi è piuttosto deludente. La riforma della giustizia è un po’ meglio delineata, ma sono assenti la riforma fiscale, della Pa, le semplificazioni. Si passa da 9 a 20 miliardi sulla sanità: soldi che arriveranno più tardi e con più condizionalità del Mes. Questo è il vero stigma, la macchia indelebile di chi è prigioniero dei propri meme sui social. E poi, su intramoenia e sanità territoriale va tutto bene? Continuano le corporazioni a perimetrare il diritto alla salute degli italiani? Insomma, il RRF è ben diverso dai Fondi Strutturali EU. I Fondi Strutturali pagano “i costi”. Il Next Gen Eu è una “facility” piena di condizionalità: stabilisce obiettivi, sulla base di progetti (che vengono valutati) ed eroga soldi solo se gli obiettivi sono raggiunti. Non solo, il 10% dei fondi sarà erogato subito (entro fine 2021) per far partire progetti. Ma il rimanente 90% sarà condizionato al raggiungimento degli obiettivi concordati in partenza (tra Governo e Commissione EU). Bene la chiarezza di dettaglio delle 47 linee di intervento contenute nei 4 allegati, ma a ben vedere si abusa ancora una volta dell’utilizzo di sussidi, bonus e micro-interventi a scapito delle infrastrutture, in un quadro in cui almeno ci sono più investimenti. Non spariscono, tuttavia, i mille rivoli per accontentare un po’ tutti (i soliti), con grande probabilità di non essere approvati dalla Commissione. E’ vero che “manca una visione strategica” is the new “manca “il progetto politico” ma manca davvero. Vanno indicate le azioni e anche gli obiettivi. Troppo deboli i capitoli sulla sicurezza delle infrastrutture, sull’edilizia scolastica, su tutte le infrastrutture, sulle bonifiche si tiene troppo conto della cultura nimby grillina. Logistica, portualità, aeroporti. Lo stesso vale per l’ecosistema della nuova mobilità, batterie, colonnine di ricarica, smaltimento. Dopo anni di convegni sull’economia circolare, c’è troppo imbarazzo, evidente dallo slalom che si fa sulle bonifiche, sui rifiuti, sulle aree a desertificazione industriale, o delle aree riconosciute a crisi complessa. Scarse idee e risorse su dissesto idrogeologico. Tutto in un paese in cui non si chiude più positivamente una vertenza industriale. Bisogna prevedere dei piani di rigenerazione urbana recuperando interventi profondi sulle periferie e per realizzare smart city policentriche. Siamo il 17° paese per quantità e qualità delle sue infrastrutture in Ue. Al Sud servono urgentemente più degli sgravi non selettivi. La necessità di una Tav adriatica (e di un suo arretramento). L’ammodernamento della rete ferroviaria di tutta l’Italia insulare. Sull’idrogeno, l’incapacità di risolvere le contraddizioni interne alla maggioranza ha prodotto un esercizio di vuota retorica, senza il coraggio di dire che – se l’Italia vuole giocare questa partita – deve farlo a 360 gradi. Col verde e col blu, insomma, senza pregiudicarsi alcuna strada.

Alcune cose molto importanti: finalmente si accoglie la necessità di dotare il paese di un’infrastruttura sul modello del Fraunhofer Institute tedesco che si occupi di trasferimento tecnologico. La rete dei centri di eccellenza in realtà è già partita, si chiama Innovaction, al momento include Fbk, Cefriel, Links, Deti. Sul piano Amaldi sui finanziamenti alla rierca siamo a mezzo risultato. E’ un primo passo ma in un paese che vuole recuperare sovranità tecnologica, la ricerca è un capitolo strategico. E’ altresì un bene aver accolto le nostre proposte sugli ecosistemi territoriali. Va sottolineata però la necessità di avere una Pa abilitante e capace di interagire dentro la piattaforma di dialogo tra tutti gli attori territoriali. Importante il capitolo sugli Its, lo stanziamento di 1,5 mld è importante. Ciò non autorizza a sciupare risorse. Servono obiettivi sul numero degli studenti che vogliamo avere a regime entro il 2025. Al contempo bisogna far crescere nel paese il numero di Its nel sud del paese ma con gli stessi standard qualitativi delle migliori esperienze del centro nord. Per il potenziamento delle competenze e diritto allo studio sono previsti più soldi della prima bozza e in gran parte “freschi”: 16,72 miliardi (di cui 12,38 aggiuntivi rispetto a progetti già in bilancio e 1,35 da React EU). Finalmente un forte investimento sulla fascia da 0 a 6 anni (3 miliardi: 2 per i nidi 1 per le materne) e tempo pieno (1 miliardo). I 2 miliardi per i nidi si aggiungono a 1,6 già a bilancio, 5 miliardi per STEM e multilinguismo (3,6 nuovi). Riforme con pochi soldi ma fondamentali: reclutamento dei docenti, istruzione tecnica e professionale, orientamento. Su orientamento, l’impianto ancora debolissimo. Tra le iniziative delle altre missioni da segnalare nelle politiche per il lavoro i 600 milioni su apprendistato duale. Con scuole troppo tempo chiuse bisognerà prevedere un “piano nazionale di recupero delle competenze”.

Il piano nasce proprio dalle difficoltà dell’Italia

Primo: l’Eurozone European Outlook, realizzato da Ifo, Istat e Kof, dice chiaramente che il mitico rimbalzo del 2021 ci sarà forse dopo l’estate e si prevede un -7,3% a livello europeo di calo del Pil nel 2020. Ancor più grave a livello italiano. Si contraggono consumi e investimenti. Il nostro Pil cala del 9,1%. E’ complicato ipotizzare un pieno recupero con un 6,1% nel 2021 (anche perché Bankitalia ci dà il 3,5% e la Ue il 4,5%). Forse il Governo si affida di più al tiepido ottimismo (+0,15 a fine 2022 rispetto al 2019) dei compagni di Goldman Sachs. Speriamo tutti che abbiano ragione, ma è illogico fondare le proprie strategie sulle sole previsioni ottimistiche. Secondo: Il Next Generation Eu è (per fortuna) pieno di condizionalità, assai stringenti. Il Commissario Paolo Gentiloni ha chiarito che non ci saranno corsie preferenziali: tutti i progetti saranno giudicati coi medesimi criteri. La finalità dell’intero programma è rilanciare, non ripristinare, l’Italia: non per niente lo strumento individuato si chiama “facility”. Né fund né found.

Sul lavoro, invece, non ci siamo. La crisi conseguente alla pandemia – si legge nel rapporto del Cnel sul Mercato del lavoro – ha colpito circa 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi, per i quali l'attività lavorativa è stata sospesa o ridotta. E questo in costanza di Cassa integrazione e blocco dei licenziamenti. Significa che la progressiva dissolvenza dei due strumenti di protezione farà venire alla luce una situazione esplosiva e drammatica. Proprio sul lavoro il PNRR è disarmante. Su Transizione 4.0 siamo passati da 25,7 mld a 18,9 mld, il futuro dell’industria, in sostanza, si è ristretto e piuttosto pasticciato. Ricordiamoci che si stanno spendendo i soldi presi in prestito dai nostri figli. E il genericismo su generi e generazioni di questa bozza non lascia ben sperare.