Istituto Resistenza Veneto sul caso dell'assessore regionale Donazzan che si è cimentata in una trasmissione radio nel canto fascista "Faccetta nera

Categoria: Italia

Ernesto Brunetta, origine e diffusione sulla storia della composizione della canzone e dei significati ideologici che vi sono contenuti in Faccetta Nera

foto Bus de la Lum cansiglio centro Studi L

Mentre ci apprestiamo a celebrare il Giorno della Memoria, l’uscita pubblica dell’Assessore Donazzan ci ricorda tutto il lavoro che rimane da fare per insegnare la storia di violenza, soprusi e intolleranza che il fascismo è stato e di cui la persecuzione degli ebrei non è stato che l’ultimo e tragico atto……..

La rete degli Istituti veneti per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea (Iveser, Isbrec, Istresco, Istrevi, IVrR, Centro Studi Luccini)

Precisazione riguardo all'origine e dei significati ideologici che vi sono contenuti in Faccetta Nera

La Repubblica Italiana considera fuorilegge il partito fascista e tutti gli ammenicoli che a esso si richiamano, ivi comprese le canzoni. Per quanto concerne Faccetta Nera, suppongo che la signora Donazzan ne conosca la storia, ma forse un breve ripasso sarà importante, se non per lei, per i lettori.

Faccetta Nera è una canzone romanesca,opera di Renato Micheli che aveva l'intenzione di presentarla al Festival della Canzone romana del 1935. L'anno è decisamente importante perché è chiaro il rapporto tra i versi del Micheli e l'aggressione fascista all'Etiopia.

È altrettanto chiaro come il retropensiero dell'autore andasse al "madamato", abituale tra i coloni italiani in Eritrea fin dagli anni '80 del XIX secolo, secondo cui costoro si provvedevano di una concubina nera per alleviare la solitudine coloniale.

Dovendo presentarla al festival sopracitato il Micheli ebbe bisogno di un musicista professionista e ricorse al maestro Ruccione, nome noto se a lui si devono La canzone del Sommergibilista e Battaglioni M, notissimi inni del regime.

Ma egli era uomo per tutte le stagioni in quanto nel 1948 musicò anche l'Inno della Gioventù Cattolica col medesimo piglio militaresco se, rivolgendosi al Pontefice, il ritornello dice "Siamo arditi della fede/ siamo araldi della croce/ a un tuo cenno, a una tua voce/ un esercito all'altar".

La musica del Ruccione è orecchiabile ed è fortemente ritmata: ciò spiega l'immediato successo della canzone che, nonostante il truce contenuto, venne praticamente adottata dalle truppe in partenza per l'Africa.

Non piacque però al regime perché, al di là delle intenzioni dell'autore, la canzone invitava a una fraternizzazione tra bianchi e neri, tra conquistatori e conquistati, in onta alle rigide leggi di separazione razziale che esso regime mise in atto ne 1936 in Etiopia dopo la conquista, spacciata per civilizzazione, laddove essa non era che una anticipazione dell'apartheid sudafricana.

Sicché il regime tentò di cambiarne i versi, resi noti in patria non tanto dall'interpretazione di Carlo Buti, quanto dalla rivista di Anna Fougez, soubrette napoletana molto nota all'epoca. E ci riuscì anche, per esempio sopprimendo il verso che richiamava alla sconfitta italiana di Adua del 1895, ma i versi modificati non erano tali da modificare il contenuto della canzone. A questo punto sembra che Mussolini fosse addirittura deciso a vietarla ma, siccome anche i dittatori hanno bisogno del consenso di massa, sarebbe stato difficile abolire qualcosa che tra le masse era diventato popolarissimo. E dunque non se ne fece niente e la canzone continuò a circolare, sia pure malvista a livello ufficiale.

Comunque sia, fosse cioè più o meno simpatica al regime ufficiale, Faccetta Nera rimane nell'immaginario collettivo come una canzone fascista, e già questo sarebbe sufficiente per dimenticarla e farla dimenticare.

Ma c'è di più perché essa è di un brutale maschilismo che, come dicevo all'inizio, rivela una patente nostalgia per l'istituto del "madamato" e la fraternizzazione di cui essa parla è in realtà una subordinazione della donna nera all'uomo bianco, secondo i più collaudati schemi di tutti i colonialismi.

È dunque opportuno che la signora Donazzan eviti, anche in quanto donna, di cantare questa canzone, e tampoco di espanderla in forza delle deleghe a lei attribuite dalla presente Giunta Regionale.

Ci si augura che prevalga il buon senso, oltre che la richiamata legge che ha abolito il Partito Fascista, e che alla detta signora siano tolte quelle deleghe che essa evidentemente gestisce in modo politicamente maldestro.

Ernesto Brunetta

Treviso, 12 gennaio 2021