E' IL NEGOZIATO, BELLEZZA. Una splendida crisi illumina le virtù del governo del possibile

Categoria: Italia

Renzi ritira le ministre. La crisi è aperta, le trattative pure. Conte in campo. Ecco la strada per un governo degli adulti

CLAUDIO CERASA 14.1. 2021 ilfoglio.it lettura4’

I temi posti ieri sera da Renzi in conferenza stampa (più attenzione ai temi della crescita, più risorse sulla sanità) possono aiutare il governo a passare finalmente da una stagione dominata un po’ meno dai dilettanti e un po’ più dagli adulti. A condizione che, a comportarsi da adulti, siano anche i due duellanti.

 

 

Una crisi da non sprecare

E’il negoziato, bellezza. Sul complicato calendario della crisi di governo, la giornata di ieri era certamente quella più difficile e coincideva con un appuntamento cruciale per il futuro della legislatura: la sfida finale tra Conte e Renzi. Doveva essere il giorno della rottura totale, dello showdown, dello scontro decisivo, della collisione frontale, il giorno in cui Renzi mostrava i muscoli a Conte e il giorno in cui Conte mostrava i muscoli a Renzi, e invece alla fine, come ci si augurava, è stato il giorno del cambio di strategia da parte del premier di oggi e da parte del premier di ieri all’insegna di un’antica ed elementare regola della politica: quando i duellanti non hanno la certezza di vincere la partita occorre fare un piccolo passo indietro per farne uno insieme in avanti e poter dire entrambi di aver vinto la partita.

Dal punto di vista formale, i piccoli passi indietro compiuti da Conte e da Renzi sono quelli maturati nel corso del pomeriggio. Quando Conte, dopo un colloquio al Quirinale con il capo dello stato, ha fatto sapere di non avere intenzione di fare quello che aveva minacciato di fare il giorno prima, ovvero provare a governare anche senza Italia viva cercando voti qua e là in Parlamento. E quando Renzi, nel corso del pomeriggio, ha trasformato la conferenza stampa organizzata insieme con le sue ministre non in un’occasione per rompere definitivamente gli schemi ma in un’occasione per tendere per un’ultima volta la mano al presidente del Consiglio: le ministre si dimettono, sì, ma, ha detto Renzi, su Conte non c’è nessuna pregiudiziale, i voti ai provvedimenti del governo non mancheranno, il perimetro della maggioranza resta questo e ciò che chiede Italia viva non è di cambiare premier ma di cambiare schema, perché “dobbiamo essere messi in condizione di dare il nostro contributo”.

 

 

Dunque si negozia, si tratta, si bluffa, si triangola, si mercanteggia, si gioca al limite dell’incazzatura (e un po’ incazzato, ci scuserà il termine, è apparso ieri giustamente il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha sottolineato la necessità di uscire velocemente da questa condizione di incertezza) ma alla fine della fiera la notizia politica di ieri è che quella che doveva diventare la giornata della grande esplosione è diventata la giornata della possibile ricomposizione (la rottura c’è, dunque, ma è una rottura quasi pilotata) durante la quale tutte le forze politiche sono state costrette in modo più o meno traumatico a immergersi in un gelido bagno chiamato realtà. Una realtà in cui gli esponenti del M5s scoprono che non esistono più parlamentari voltagabbana, ma esistono solo parlamentari responsabili. Una realtà in cui l’inventore del vaffa, Beppe Grillo, scopre che per governare un paese è più utile fare appelli finalizzati alla riconciliazione che appelli finalizzati all’indignazione. Una realtà in cui il M5s, che pure avrebbe potuto usare questa crisi per sbarazzarsi di Conte, scopre che in verità non ha alternative a questo schema di gioco per provare a trasformare la propria agenda dell’irresponsabilità in una politica non del tutto incompatibile con la guida del nostro paese.

Una realtà in cui il partito di Renzi si rende conto che per ottenere risultati in questa legislatura deve fare i conti con un premier con cui non voleva più fare i conti e con una maggioranza con cui forse non avrebbe più voluto fare i conti. Una realtà in cui il premier espressione del M5s si rende conto che il partito che più lo protegge non è quello di cui è espressione (ovvero il M5s) ma è quello che neppure lo voleva come capo del governo (ovvero il Pd). Una realtà in cui gli europeisti critici con la maggioranza rossogialla si rendono conto che non c’è alternativa a questa maggioranza per non avere una maggioranza antieuropeista (molti sospiri di sollievo dei votosubitisti quando Renzi ha detto che non ci sarà nessun ribaltone in questa legislatura con i partiti nemici dell’Europa). Una realtà in cui infine il presidente del Consiglio, anche grazie a questa “crisina”, si rende conto che per governare un paese in piena pandemia occorre passare dalla stagione del governo dei dilettanti (che però vaccina da dio) a quella del governo degli adulti (sms in serata inviato da un deputato di Italia viva: “Cosa vogliamo ora? Le dimissioni di Conte per fare un nuovo governo. Se sarà Conte ter sarebbe difficile dire di no. Ma il passaggio formale è necessario”).

E occorre rendersi conto, in definitiva, che le dinamiche inaccettabili, in una legislatura come quella in cui ci ritroviamo oggi, non sono quelle legate ai negoziati con gli alleati ma sono quelle legate alla prospettiva quella sì inaccettabile di costruire un percorso per la gestione dei fondi europei confuso, difettoso, inefficiente più simile al modello della bassa velocità con cui l’Italia ha gestito in questi anni i fondi strutturali che al modello dell’alta velocità con cui l’Italia dovrebbe progettare il paese del futuro. E i temi posti ieri sera da Renzi in conferenza stampa (più attenzione ai temi della crescita, più risorse alla Sanità) possono aiutare il governo a passare finalmente da una stagione dominata un po’ meno dai dilettanti e un po’ più dagli adulti. A condizione che, a comportarsi da adulti, siano anche i due duellanti. E’ il negoziato, bellezza.