Veteroliberisti einaudiani senza vergogna: un manifesto

Categoria: Italia

Chi vuole il privato, si aiuti col pubblico. Chi vuole il pubblico, governi da privato.

GIULIANO FERRARA 27.2. 2021 ilfoglio lettura3’

Tutti oggi vogliono riformare il capitalismo, con il socialismo di stato

non era possibile riforma alcuna, perché la polizia politica non si lascia mai riformare, ma con i mercati tutto è possibile

Ci voleva Natalino Irti, grandissimo giurista e liberale storico del gruppo del Mondo, naturalmente amico di mio nonno Mario, per rimettere in riga i libbberali. Un pezzo eccellente pubblicato ieri sul Sole 24 Ore, segnalatomi da quel talento che è @nomfup su Twitter, mette le cose a posto ripartendo da “La crisi sociale del nostro tempo” di Wilhelm Röpke, un saggio del 1942 sulla terza via, sul liberalsocialismo o socialismo liberale, con agganci verso l’ordoliberismo e intrecci con le celebri polemiche tra Croce e Einaudi. Ora che Di Maio è diventato liberale, ora che il Pd si avvia al congresso per fissare un’alleanza più o meno strategica con l’avvocato Bisconte e con il doktor Grillus, ora è il momento di rispolverare questo gioiello di famiglia caro come un ninnolo a tutti i liberali intinti di socialismo, e viceversa. Non citerò Guido Calogero e altri, perché non voglio mandare in confusione Fraccaro, Casalino e Mario Tronti, ma è da lì che bisogna ripartire, governo Draghi di mercato e di stato aiutando, Europa spendacciona postausterità incrementando gli aiuti eccetera.

  

 

Quando si diede vita al Pd, amalgama liberalsocialista e postdemocristiano e postcomunista, e che amalgama, qui suggerimmo di dare invece le redini a Cofferati, reduce dalle battaglie antiberlusconiane “sul sociale” del Circo Massimo, per un partito neolaburista. D’Alema e gli altri non volevano dare potere a un outsider, un sindacalista riformista mobilitatore, con il risultato che la loro creatura ovviamente finì, dopo la parentesi di Veltroni, stilisticamente molto interessante, nelle fauci di un Rottamatore riformista che alla fine li escluse dal gioco.

Siamo bastian contrari, perché berlusconiani eravamo e in parte siamo anche rimasti, e non è sempre un male pensarla in un modo e nel suo contrario. Va considerata una benemerenza segno di lungimiranza e visione. Comunque, ormai lo scrive anche l’Economist di Londra, lo stato è nel mercato e il mercato è nello stato, entrambi destinati a rimanere dove sono e a svilupparsi in concordia discorde, con l’accento ora sull’uno ora sull’altro, in un fascio non littorio di pragmatismo vorace e onnicomprensivo.

E’ questa la terza via ancora valida di cui parla con senso del tempo e della storia il professor Irti. Prendete la palla al balzo, o voi stipulatori della grande vecchia alleanza strategica, e lavorate per un fronte popolare liberalsocialista che vincerà certamente le prossime elezioni, con un po’ di verde transizionale in sovrappiù.

      

Celiando cerco di dire il mio vero. Il governo di stato e di mercato detto governo Draghi, sottosegretari a parte, che comunque vanno benissimo, sembra fatto apposta non già per rinverdire i fasti meravigliosi del Britannia, epoca Thatcher, bensì per ridare fiato al vascello di Röpke. Chi vuole la giustizia salvi i diritti, e chi vuole i diritti salvi la giustizia. Chi vuole il privato, si aiuti col pubblico, e chi vuole il pubblico, lo governi come fosse privato. Chi vuole l’eguaglianza, promuova la competizione, l’emulazione, la concorrenza, e chi vuole il mercato individualista cerchi di correggere le storture dell’ineguaglianza. Tutti oggi vogliono riformare il capitalismo, con il socialismo di stato non era possibile riforma alcuna, perché la polizia politica non si lascia mai riformare, ma con i mercati tutto è possibile. Salvo il metodo o religione della libertà (Croce), si può essere veteroliberisti einaudiani senza paura e senza vergogna. Seguite il consiglio di @nomfup, che faccio mio volentieri, e leggetevi l’articolo illuminante di un vecchio saggio. Bettini e Franceschini e Zingaretti lo imparino par coeur, Grillo lo inserisca nello statuto, ora che lo cambia per consentire al Bisconte di prendere il legittimo posto di comando.