Cos’è la destra, cos’è la sinistra. La guerra culturale italiana si combatte sulle grigliate pasquali

Categoria: Italia

Matteo Salvini e Nicola Zingaretti hanno scelto il terreno dell’epidemia per qualificare le rispettive posizioni, con un focus particolare sulle restrizioni per il prossimo 4 aprile. Ecco alcuni suggerimenti su argomenti più nobili e complessi che potrebbero trattare i contendenti

Flavia Perina 27.2.2021 linkiesta.it lettura3’

Aperturisti contro rigoristi, ecco il patetico crinale su cui ripiega nuovamente il conflitto politico, chiedendo implicitamente agli italiani di schierarsi. Con chi stai? Con Matteo Salvini che difende le grigliate pasquali («irrispettoso» negarle) o con Nicola Zingaretti che le giudica quantomeno opinabili? I due principali leader di partito hanno scelto il terreno dell’epidemia per qualificare le rispettive posizioni e salvarsi dal rischio che la compartecipazione al governo di Mario Draghi annacqui le loro differenze.

E dunque, al momento, pare che la differenza tra la destra e la sinistra si riduca a questo: Pasqua Libera contro Pasqua Prigioniera, Pasquetta-con-chi-vuoi contro Pasquetta-a-casa-tua. Giorgio Gaber ne sarebbe deliziato: potrebbe allungare il suo monologo sulla doccia, le Marlboro di contrabbando, il minestrone di verdura (di sinistra) versus il bagno, le Marlboro official e la minestrina di dado (di destra).

Vorremmo suggerire ai contendenti argomenti più nobili e più complessi.

Se ne potrebbe produrre di seguito un elenco minimo, per punti. Per la sinistra: la questione del lavoro, a cominciare dalla sentenza sui rider che ha di fatto demolito la finta intesa sindacale firmata dall’Ugl sotto la stella del Conte 1.

Si segnalerà che l’Ugl è il sindacato di Claudio Durigon, braccio destro di Salvini nel Lazio, e l’argomento offrirebbe un ottimo terreno di contestazione anche politico. Il blocco dei licenziamenti, poi: di fatto, ha tutelato i contrattualizzati ma ha spinto le imprese a liberarsi quasi in blocco di tutti gli altri e questi “altri” (precari, partite Iva, lavoratori a termine) potrebbero essere una buona platea a cui rivolgersi per recuperare consenso.

 

Infine, le donne: la battaglia per un Recovery Plan che punti al rilancio dell’occupazione femminile interessa o no? Se sì, lo si dica e si combatta per una quota obbligatoria dei fondi per le infrastrutture sociali.

Alla destra si potrebbe suggerire di dirci finalmente in cosa consistono le riforma della Giustizia e del fisco di cui parla da un ventennio, posto che l’azzeramento della magistratura e delle tasse non è palesemente praticabile. Draghi le vuole fare, quelle riforme, e gli elettori si chiedono: c’è vita oltre gli slogan belluini sulla demolizione del Csm e la flat-tax? C’è un’idea su come evitare che i colossali debiti contratti con l’epidemia diventino un cappio a cui impiccare le pensioni degli attuali sessantenni e ogni speranza di benessere dei trentenni?

Anche l’immigrazione potrebbe essere un ottimo terreno di conflitto: ora che la Lega ha abbracciato la “strategia europea” si pretenda che quella strada sia battuta, si polemizzi con chi non fa abbastanza per ottenere la redistribuzione automatica dei migranti, si metta in cimento il sovranismo italiano contro il sovranismo altrui per dimostrare che non è un termine vuoto. Il bipolarismo delle grigliate è troppo poco pure per il degradato dibattito pubblico italiano, troppo poveraccio anche per un Paese che negli ultimi anni si è diviso su cose surreali come i blocchi navali, la possibile abolizione della povertà, il diritto a non usare le mascherine.

Persino quelli sembrano dibattiti d’alto livello se confrontati allo spettacolo del capo della Lega e di quello del Pd che polemizzano sul godimento del ponte pasquale, peraltro con un mese di anticipo e senza sapere se in aprile avremo cento o cinquecento morti al giorno, mille o diecimila ricoverati. Facciano la grazia. Lascino Gaber a Gaber. Trovino modi più politici di segnalare la loro diversa idea d’Italia, di sviluppo, di futuro.

Riducano i compensi ai loro social media manager, quelli che suggeriscono la “battuta virale”, e magari assumano qualcuno in grado di suggerire un’orizzonte di proposte e conflitti all’altezza un Paese che è stato superpotenza delle idee per molti secoli. Il dream team del presidente del Consiglio ha già sottratto ai partiti la potestà sui grandi progetti del prossimo decennio, i loro leader non si riducano al ruolo di siparietto comico in una vicenda decisa e governata da altri.