"Un paese senza bambini è un paese senza futuro"

Categoria: Italia

La Società italiana di pediatria suona l’allarme demografico. Secondo l'economista Tyler Cowen, è la principale minaccia esistenziale dei paesi avanzati  

GIULIO MEOTTI 13.4. 2021 ilfoglio.it lettura2’

Si tratta della principale minaccia esistenziale per i paesi sviluppati, spiega su Bloomberg l’economista Tyler Cowen. “La diminuzione della popolazione crea la propria logica inesorabile. Se la popolazione giapponese si riduce della metà, a 65 milioni circa, cosa le impedisce di scendere a 30 milioni? O a 20 milioni? Lo spopolamento è un grave problema che il mondo in generale, e i suoi paesi più ricchi in particolare, non riescono nemmeno a discutere, tanto meno ad affrontare. In un dato anno, in un dato paese, una diminuzione della popolazione potrebbe non essere un grosso problema e potrebbe persino essere accolta con favore. Ma nel tempo, collettivamente, stiamo scegliendo un futuro molto diverso per l’umanità”.

Se la Germania, spiega il Financial Times, sembra essere il solo paese europeo a non aver visto crollare la natalità durante la pandemia, “l’Italia è l’unico grande paese europeo a perdere abitanti”, scrive il demografo Massimo Livi Bacci sull’ultimo numero di Limes. Dopo l’ultimo rapporto dell’Istat che ha risuonato a morto la campana per l’Italia, ora arrivano a grappolo i dati delle varie città e regioni. Meno 27 per cento di nascite in otto anni nel Salento. Nel 2020 sono nati 4.832 bambini, che erano stati 6.572 appena otto anni fa, pur in piena crisi economica. Il 2020 a Terni ha visto 608 nati a fronte di 1.467 morti.

Adesso a suonare la sveglia è la Società italiana di pediatria. “Un paese senza futuro” è il titolo dell’intervento del vicepresidente Rino Agostiniani nell’ultimo numero della rivista. La crisi demografica che sta interessando l’Italia, iniziata nella seconda metà degli anni 70 e precipitata nel 2009, ha condotto a un calo di un quarto delle nascite negli ultimi dieci anni (erano più di un milione nel 1964, 576 mila nel 2008, 420 mila nel 2019). Siamo nella “trappola della bassa fertilità”. Nel 2020 le donne tra i 15 e i 49 anni (intervallo che convenzionalmente identifica le età feconde) erano 1,3 milioni in meno rispetto al 2008.

“Il debito demografico che si sta creando nel nostro paese inciderà sulle prospettive di crescita delle generazioni future non meno del debito pubblico accumulato in questi anni”, scrive Agostiniani. “Meno giovani significa meno nascite, sia attuali che future, meno famiglie con figli, con ulteriore accentuazione dello squilibrio generazionale, minore popolazione in età attiva, con le inevitabili conseguenze sulle risorse destinate al welfare, e minore peso politico delle generazioni più giovani, storicamente principali portatrici di quelle istanze di rinnovamento, così importanti per la crescita dei popoli”. Il problema è che fare figli non deve continuare a essere considerata una scelta privata, “ma un investimento da sostenere. Perché un paese senza bambini è un paese senza futuro”. A meno che, concludono, “non ci resti che piangere”.

Qualche giorno fa, tutti i siti hanno lanciato una notizia: “Benvenuta Priscilla, la cammellina nata al Bioparco di Roma”. Speriamo di leggere presto simili titoli per il ritorno dei vagiti nei nostri reparti di maternità.