Una legge che difenda le libertà è doverosa, a condizione però che non ne offenda altre

Categoria: Italia

Undicesimo comandamento: non avrai altra politica al di fuori dello spettacolo.

lettere al direttore del 5.5.2021 ilfoglio.it

Al direttore - Undicesimo comandamento: non avrai altra politica al di fuori dello spettacolo.

Michele Magno

Dodicesimo comandamento: se sei un uomo di spettacolo, oggi, e hai successo capirai presto che dovendo scegliere tra il televoto e il voto non potrai che scegliere sempre il primo.

Al direttore - Solo per precisare che nel rapporto dell’Ufficio studi che avete commentato nell’editoriale di ieri non sono presenti informazioni o dati derivanti da “rilevazioni Confcommercio”. I contenuti provengono esclusivamente da nostre elaborazioni su dati ufficiali di fonte Istat (rispettandone le quantificazioni settorialmente aggregate). Come è ovvio, l’Istat include tanto nel valore aggiunto per branca quanto nelle unità standard di lavoro, la produzione e gli occupati eventualmente generati dal commercio elettronico – gestito da giganti come da nani. Tali grandezze, quindi, sono già computate nelle elaborazioni presentate. Su come vada affrontata la questione della crisi del terziario, il rapporto non suggerisce ricette né esprime giudizi – tanto meno negativi – su forme di commercio alternative a quello fisico. Se l’analisi presentata suscita spiacevoli impressioni me ne dolgo personalmente e ringrazio per i consigli che ci vengono offerti su come trasformare il commercio in servizio. Con cordialità.

Mariano Bella, direttore Ufficio studi Confcommercio

Al direttore - Leggo con estremo interesse il suo editoriale “Giuste le intenzioni, sbagliata la legge. Che fare con il ddl Zan” di cui condivido l’analisi e le conseguenti considerazioni avendo, fin dal principio, anche insieme ad altri, posto all’attenzione dei legislatori alcune ragionevoli osservazioni che in qualità di giurista e di avvocata, da sempre impegnata nella lotta contro ogni forma di discriminazione, intendono cambiare alcune parti del disegno di legge. Lei tocca un punto centrale su quanto sta accadendo che inquina e non rende sereno l’approccio al tema: da una parte chi approva così com’è il ddl Zan è paladino dei diritti dei transessuali e allora via alla campagna mediatica che ha portato tanti – in totale buonafede e per ragioni che condivido anche io e magari fossero solo quelle! – a scrivere ddl Zan sui palmi delle mani; dall’altra, considerati contro chi invece chiede delle modifiche e, per il solo fatto di chiederle, viene zittito attribuendo antipatiche etichette o ascrivendo quel pensiero a un partito politico, o relegando in categorie di chi non accetta la libertà degli altri. Dunque, oltre alle sue equilibrate e fondate considerazioni sull’esistenza nel nostro ordinamento di una serie di norme che a oggi tutelano questo tipo di reati e che basterebbe applicare senza cercare altri alibi, ma considerando tuttavia estremamente necessaria e urgente una legge che sia specificamente dedicata a sanzionare gravemente le offese, le violenze e le discriminazioni contro i transessuali e l’identità transessuale, è chiaro che il tema è più complesso del dualismo costruito dai promotori. Il ddl Zan, così come formulato oggi, non ottiene il suo obiettivo che dovrebbe essere primario, cioè eliminare il conflitto, ma semplicemente lo sposta in altre sedi e tra altri soggetti: la indeterminatezza in ambito penale delle fattispecie sulle quali si costruisce un impianto sanzionatorio non è in grado di tutelare nessuno e lascia ampi spazi a forme di interpretazione soggettive che rischiano di creare gravi disparità di applicazione a seconda delle convinzioni di chi si pronuncia. Avere una certezza sul significato delle parole, che segnano il confine del lecito o dell’illecito, è una garanzia irrinunciabile che deve unire chi, come me, come lei, come chi chiede di emendare il testo, ma anche i promotori della legge perché consente di introdurre, nel complesso ordinamento giuridico che abbiamo e che deve tenere conto anche di altri diritti irrinunciabili indicati in Costituzione, una norma che sia efficace e non una bandiera simbolica che non può trovare spazio nell’ordinamento penale per le conseguenze che ne derivano. Una bandiera di cui si avverte tutta l’importanza e di cui non si vuole affatto sminuire il senso e la necessità, ma che non può essere in grado di cancellare in un solo colpo altri diritti fondamentali e le donne. Per questo si chiede, non da destra, ma dall’associazionismo, dal mondo diffuso, dalla società stessa, che nella discussione al Senato si sentano anche le ragioni di chi chiede alcune modifiche e sul perché queste modifiche dovrebbero essere accettate. Una richiesta di discussione non perché si è fascisti o transfobici, terf o altri epiteti offensivi, ma perché si crede nella forza delle norme e nella potenza che esse hanno nel condizionare in maniera profonda, talvolta indelebile, la vita delle persone e lo svolgimento della vita democratica che si basa su equilibri e nella quale si crede in maniera incondizionata.

Andrea Catizone

Rispetto al tema della libertà di opinione tutelata dal ddl Zan, si fa spesso riferimento all’articolo 4 della legge. L’articolo, nella sua prima parte, esclude la punibilità della “libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte”. Ma poi aggiunge: “Purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Il problema è che la legge non definisce il concetto preciso di atti discriminatori, atti che vengono considerati punibili anche in mancanza di atti violenti, e trasformare in un reato un atto discriminatorio senza che questo sia perfettamente codificato può permettere di considerare come discriminatoria anche la manifestazione di un pensiero o magari anche di un comportamento. Combattere affinché non vi siano atti violenti che restino impuniti è sacrosanto. Ma combattere affinché una legge che mira a difendere le libertà non ne offenda altre è altrettanto sacrosanto.