Mafia, smontata la trattativa: pm sconfitti. Tutti assolti, Mori, De Donno e Subranni
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Assolti i carabinieri e l'ex senatore di Forza Italia Dell'Utri perché il fatto non costituisce reato. Ribaltata la sentenza di primo grado
Samuele Finetti 23.9. 2021 - 17:52 ilgiornale.it lettura3'
Tutti assolti. La sentenza di appello nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia demolisce il primo grado e smonta per intero la tesi accusatoria dei pm di Palermo che chiedevano di confermare le condanne di primo grado.
Assolti il generale dei Carabinieri Mario Mori, il suo parigrado Giuseppe De Donno e il colonnello Mario Subranni, condannati in primo grado a dodici anni il primo e il secondo, a otto anni il terzo, perché il fatto non costituisce reato. Assolto Marcello Dell'Utri, condannato in primo grado a dodici anni, perché il fatto non costituisce reato. Il dispositivo della sentenza è stato letto poco dopo le 17.00 nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. I giudici erano entrati in aula lunedì. Assolti dunque gli imputati politici e i militari dell'Arma. Pena ridotta da 28 a 27 anni per il boss Leoluca Bagarella, confermata quella a dodici anni per Antonino Cinà, l'ex medico di Totò Riina.
Nell'aprile del 2018, la sentenza di primo grado aveva stabilito che, nei mesi delle stragi mafiose del 1992 e del 1993, alcuni uomini delle istituzioni avevano fatto da tramite in una vera e propria trattativa con i vertici di Cosa nostra. Più che di una trattativa - questa la tesi dei giudici - si era trattato di un ricatto: i boss avevano preteso l'allentamento della pressione antimafia in cambio di uno stop agli attentati. La trattativa con lo Stato sarebbe poi proseguita fino al 1994, quando entrò in carica il primo esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. E a fare da tramite tra il Cavaliere e i boss sarebbe stato Marcello Dell'Utri. Una ricostruzione che la sentenza di oggi rade al suolo.
Tra le due sentenze è diventata definitiva l'assoluzione di Calogero Mannino, più volte ministro, che i pm avevano accusato del reato di "violenza o minaccia verso un corpo politico dello Stato". Mannino era stato addirittura accusa di aver promosso la trattativa, nel timore di poter finire nel mirino delle cosche. Tra i primi a commentare l'esito dell'Appello proprio Marcello Dell'Utri: "Sono commosso, è un peso che se ne va dal cuore".
Commenti
"Cercare di costringere queste vicende nel Codice penale, con tutte le sofferenze che ha comportato per le persone coinvolte, fosse un’operazione giuridicamente spericolata". Una lettera
Al direttore de ilfoglio.it - Sembra chiaro che se qualcosa vi è stato, si tratta di minacce da parte della mafia e non collusioni da parte dello Stato. E questo è un sollievo e una buona notizia e deve essere considerata tale, anche se a malincuore, anche dai fan di certi PM. Credo che la Corte sia giunta alla conclusione che cercare di far entrare a forza queste vicende nel Codice penale, con tutte le sofferenze che tra l’altro ha comportato per 20 anni per le persone coinvolte, fosse un’operazione giuridicamente spericolata.
Volendo lo strumento sin dall’inizio più adeguato per ampliare l’orizzonte di conoscenza storico-politica poteva essere eventualmente una Commissione Parlamentare di Inchiesta seria sugli eventi in Sicilia di quegli anni.
Di certo non un processo che chiunque sapesse un po’ di codice sapeva che galleggiava sostenuto soprattutto dai mass media e che prima o poi si sarebbe sgonfiato.
GUIDO SALVINI 23 SET 2021 ilfoglio.it
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