1-Mps, rottura tra Unicredit e Mef. "Miliardi persi per colpa del Pd"

Categoria: Italia

2-Spunta la "tassa Covid": botta di 2,5 miliardi sulle imprese. Le aziende che hanno anticipato il denaro per sostenere i costi della quarantena obbligatoria per i propri dipendenti nel 2021 non avranno rimborso

24.10.2021 ilgiornale lettura3’

1-Rottura del negoziato tra il Tesoro e il gruppo

bancario. La Lega va all'attacco: "Mesi, anni, miliardi e posti di lavoro persi per colpa del Pd. Ora cosa propone Letta?"

Le voci circolate nelle scorse ore hanno trovato conferma: il ministero del Tesoro e Unicredit hanno interrotto i negoziati su Mps. Le due controparti lo hanno ufficializzato in un comunicato diramato, limitandosi ad annunciare la rottura del negoziato relativo alla compravendita del Monte dei Paschi avviato il 29 luglio. Nella nota congiunta il Mef e il gruppo bancario hanno fatto sapere che, nonostante l'impegno di entrambe le parti, si è deciso di imporre uno stop ai "negoziati relativi alla potenziale acquisizione di un perimetro definito di banca Mps". Al momento non sono stati resi noti i motivi della rottura, così come continua a esserci una nube piena di incognite sul futuro della banca senese.

La polemica politica

La notizia ha ovviamente innescato le prime reazioni politiche. La Lega è andata all'attacco, mettendo nel mirino il Partito democratico di Enrico Letta. "Che soluzione propone l'onorevole Letta, eletto pochi giorni fa proprio a Siena? Mesi, anni, miliardi e posti di lavoro persi per colpa del Pd", hanno denunciato fonti del Carroccio. Erano infatti scoppiate forti polemiche sulla candidatura del segretario dem alle elezioni suppletive di Siena: in palio c'era il seggio alla Camera lasciato vacante da Pier Carlo Padoan, diventato un anno fa presidente di Unicredit.

Si segnala la presa di posizione anche di Italia Viva, che ha chiesto al ministro dell'Economia e delle Finanze o al direttore generale del Tesoro di riferire "prontamente" nelle commissioni Finanze di Camera e Senato in merito alla situazione relativa a Mps e alle sue prospettive future. La richiesta è stata avanzata dai renziani Luigi Marattin e Luciano D'Alfonso. Per Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa e sottosegretario agli Esteri, "l'alternativa non può essere proseguire come nulla fosse con Mps nazionalizzato, ma una nuova soluzione di mercato".

La rottura

Come spiegato da Il Sole 24 Ore, i colloqui si sono interrotti "sotto il peso di un'irriducibile distanza" tra le condizioni poste dal Ceo di Unicredit (Andrea Orcel) e ciò che era disposto ad offrire il Tesoro (azionista di controllo di Siena con il 64% del capitale). Infatti, stando a quanto rivelato da Reuters, i negoziati si sarebbero incagliati su due elementi principali: un gap di valutazione fino a 3,5 miliardi di euro e un'iniezione di capitale da 6,3 miliardi di euro che sarebbe stata richiesta da Unicredit.

Questo perché la richiesta di capitale di 3 miliardi di euro avrebbe tenuto conto di aggiustamenti contabili negativi che sono ritenuti in gran parte ingiustificati dal Tesoro. Inoltre il gruppo bancario avrebbe valutato le attività di Mps che avrebbe acquisito a circa 1,3 miliardi di euro, mentre il Tesoro le avrebbe valutate tra i 3,6 miliardi e 4,8 miliardi di euro.

A questo punto il Tesoro potrebbe chiedere maggiore tempo all'Unione europea per (ri)privatizzare la banca: secondo gli accordi presi, il socio pubblico dovrà realizzare la vendita entro la primavera 2022. Inoltre non è da escludere che il piano di rafforzamento predisposto dall'amministratore delegato di Mps, Guido Bastianini, possa essere rivisto e ripresentato almeno in parte alla Bce. 24.10. 2021 - 18:21 Luca Sablone, ilgiornale.it lettura2’

2- Spunta la "tassa Covid": botta di 2,5 miliardi sulle imprese

Le aziende che hanno anticipato il denaro per sostenere i costi della quarantena obbligatoria per i propri dipendenti nel 2021 non avranno rimborso

La quarantena forzata per un lavoratore che sia entrato in contatto con un positivo peserà interamente sulle spalle delle aziende italiane. Questo dato era stato annunciato dall'Inps la scorsa estate, visto che il governo Draghi non aveva trovato i fondi per la copertura economica per casi del genere. Quindi niente più indennità per i lavoratori costretti alla quarantena da agosto in poi.

Ma non è questo l'aspetto peggiore della situazione che si sta venendo a prefigurare. L'esecutivo ha programmato infatti un effetto retroattivo della norma (quindi inclusivo anche dei 7 mesi precedenti agosto 2021), che farebbe recuperare alle casse dello Stato 2 miliardi e mezzo di euro, succhiandolo alle imprese che si sono viste costrette a ricorrere alla quarantena preventiva per alcuni dipendenti.

Niente soldi per le quarantene. L'Inps ora lancia l'allarme

A metterci la faccia sono il ministro della salute Roberto Speranza e quello del lavoro Andrea Orlando. In pratica il decreto Cura Italia del 2020, che equiparava la quarantena alla malattia (e lo Stato che si sarebbe dovuto accollare le relative spese alleggerendo il carico alle imprese in un momento di conclamata crisi economica) è diventato una farsa.

Come spiegato da Italia Oggi, nel decreto fiscale viene sì confermata l'equiparazione della quarantena alla malattia, ma si stabilisce altresì che i costi dell'assenza del lavoratore per i primi 3 giorni sono interamente a carico dell'azienda, poi 50%-50% Inps e datore di lavoro per tutto il periodo successivo. Il problema è che il 50%, in teoria, dovuto dall'Inps va comunque anticipato dall'azienda. Ciò significa, secondo la relazione tecnica prodotta dal quotidiano, una botta di circa 2,5 milioni di euro. Considerando una quarantena di durata media (14 giorni) e una paga media di 80 euro al giorno per i lavoratori assicurati all'Inps e di 140 euro per quelli non assicurati, il costo complessivo delle quarantene sarebbe addirittura pari a 4 miliardi e 232 milioni di euro. Questo costo sarebbe da ripartire per il 60% sulle aziende e per il 40% sull'Inps. Quindi per le imprese 2 anni di Covid significano 2,5 miliardi di euro di perdite non preventivate, ovvero quel denaro che avrebbero dovuto recuperare dallo Stato per le quarantene ma che non vedranno mai tornare indietro.

Se a ciò si aggiunge il peso del danno economico prodotto dalla "pandemia" e dalle restrizioni imposte ai cittadini dallo Stato in questi due anni, il quadro della crisi del mondo imprenditoriale italiano appare ancora più chiaro. Se le imprese, quindi, devono ora accollarsi l'onere dei buchi prodotti nelle retribuzioni dei dipendenti costretti alla quarantena obbligatoria, la situazione non può che peggiorare ulteriormente.

24.10. 2021 - 15:29 Federico Garau ilgiornale.it