I due estremi del polo anti-Draghi

Categoria: Italia

Neomarxisti e sovranisti: nasce il polo estremista che vuole affondare l’Italia

Fabrizio Cicchitto — 7.1.2022 ilriformista.it lett.4’

Al di là delle inevitabili difficoltà per le elezioni del nuovo Presidente della Repubblica stanno emergendo questioni che rischiano di mettere a repentaglio il sistema Italia in quanto tale. Esistono pochi dubbi che il duo Mattarella-Draghi sia l’unico binomio che assicuri stabilità e equilibrio al sistema politico per molteplici ragioni.

In primo luogo non bisogna dimenticare che a suo tempo Mattarella non fu una scelta indolore perché provocò la rottura del patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi con rovinose conseguenze per entrambi: Renzi perse per quello il referendum, Berlusconi per quell’ennesimo zig zag perse la leadership del centrodestra a vantaggio di Salvini e della Meloni. In secondo luogo si dimentica che parecchio tempo dopo quella di Draghi fu una scelta fatta a sua volta da Mattarella indipendentemente dalle sollecitazioni di una parte del Pd che spingeva per un terzo incarico a Conte, per capirci era quella parte del Pd che aveva proclamato: o Conte o elezioni. In effetti allo stato attuale delle cose il binomio Mattarella- Draghi sembra un team difficilmente superabile perché nel momento in cui viene meno un tassello di esso rischia di crollare tutto il castello.

Ora, a proposito di Draghi, si può discutere all’infinito se è meglio che egli diventi presidente della Repubblica o che rimanga presidente del Consiglio, ma comunque oggi a nostro avviso egli è la personalità decisiva sia per la credibilità internazionale dell’Italia sul terreno dell’Atlantismo e dell’Europeismo sia per una gestione di stampo riformista del Pnrr. Ora è proprio tutto questo che viene messo in discussione da varie parti. E viene messo in questione da un settore (solo un settore in verità) del M5S, quello che fa capo a Conte, e al suo esagitato organo di stampa, Il Fatto, per ragioni in parte derivanti da una sorta di spirito vendicativo riguardante la fase del cambio alla Presidenza del Consiglio, sia perché Conte copriva posizioni sul piano interno ultra giustizialiste, e sul piano internazionale relazioni oscillanti tra Trump, Putin e la Cina, con relative coperture a livello di servizi segreti (Conte e Travaglio non hanno ancora perdonato a Draghi la sostituzione di Vecchione e di Arcuri).

Intervista a Enrico Morando:D’Alema reputa i dem malati ma se torna ammette che ha fallito

Ma ben più significativa è la contrapposizione a Draghi emersa a sinistra da parte di D’Alema, della Cgil e di un consistente filone del Pd. La questione è stata esplicitata dal Domani quando ha rilevato che il dissenso di D’Alema da Enrico Letta non riguardava Renzi, ma piuttosto Draghi. Qui veniamo a uno snodo decisivo. È riemerso un filone che per nobilitarlo culturalmente potremmo definire di stampo paleomarxista e politicamente neocomunista perfino con qualche spruzzatura di trotzkismo (D’Alema, Piddini, Barca, un pizzico di Formica) che vede in Draghi l’arcigna espressione della finanza internazionale, il banchiere senza cuore e senza anima che gestisce l’Italia come una colonia del potere delle multinazionali, il quale grazie anche al “rinnegato” Matteo Renzi, che esprime il peggio del peggio sul terreno del revisionismo culturale e dell’opportunismo politico è riuscito a conquistare la presidenza del Consiglio.

In questo quadro il Pd è il principale terreno dello scontro di classe in atto in Italia. Non a caso D’Alema ha tratto dal suo repertorio storico il termine “malattia”. Renzi è la finale versione italiana di una malattia che a suo tempo è nata in forme molto diverse sia in Urss sia in Cina. In Cina fu provvidenzialmente stroncata a Tienanmen e successivamente, grazie anche a questa operazione di rottura lo stato e l’economia comunisti sono rifioriti (e infatti D’Alema dopo una fase atlantica è adesso uno dei cultori della moderna versione della nuova via della Seta). Purtroppo in Urss e nel comunismo europeo l’operazione di recupero del comunismo non è riuscita e di conseguenza il Pci è stato costretto a cambiar nome e poi di sigla in sigla a dar vita a quel Pd che è un amalgama mal riuscito con la sinistra democristiana per cui esso è il terreno di un permanente scontro fra il bene e il male e per ciò che riguarda le forze ancora rimaste in campo della sinistra classista della ditta comunista una sorta di albergo ad ore a seconda dei risultati raggiunti in termini di organigrammi interni e di potere esterno.

All’opposto esistono in campo variamente distribuite per sistema politico forze politiche e culturali che invece reputano Draghi non la versione riveduta e aggiornata di Mario Monti, ma un leader con caratura insieme politico culturale e tecnica (il che non è un male) dato che si è visto a quali disastri può portare la prevalenza del qualunquismo e della incompetenza. Questa leadership si fonda sulla valutazione che dalle tragiche involuzioni sul piano ambientale, sanitario, economico e sociale del mondo contemporaneo si può uscire gradualmente solo con un rigoroso riformismo, per quello che ci riguarda finanziato dalla versione aperturista dall’Europa accompagnato da garantismo, spirito di tolleranza, solidarismo nei confronti degli “ultimi”. In presenza di una così profonda crisi dei partiti, di tutti i partiti, e in assenza, purtroppo, di un soggetto autenticamente riformista, Draghi può svolgere questo ruolo avendo alle spalle una formazione di stampo liberalsocialista, non puramente tecnocratica, ma segnata dalla consuetudine con personalità di grande spessore sul terreno etico politico.

Le cose però non si fermano qui. Molti sia a destra che a sinistra (da un lato i sovranisti che civettano con i no vax e con i sedici partiti dell’estrema destra europea, dall’altro lato i neomarxisti che hanno gridato “finalmente” quando Landini ha dichiarato lo sciopero generale sia contro Draghi sia contro i partiti) forse non si rendono conto di giocare con il fuoco. Oltre ad essere l’unica personalità di livello oggi in campo Draghi ha svolto e può svolgere un ruolo di garanzia dell’Italia nei confronti dell’Europa, che, al netto di tutti i suoi errori e delle sue passate perversioni, è tuttavia decisiva su una serie di questioni di grande rilievo per l’Italia. Draghi sta svolgendo questo ruolo di garanzia in presenza non solo della pandemia, ma di un elevatissimo debito pubblico, di una bassa produttività, di una pubblica amministrazione inefficiente, di una giustizia penale e civile che fanno letteralmente schifo. Di grazia, quale straccio di collegamento internazionale positivo propongono i paleo-marxisti leninisti e stalinisti e i trotzkisti di ritorno? Vogliamo forse sostituire Draghi con Geraci, l’indimenticabile sottosegretario che fu decisivo per l’adesione dell’Italia alla nuova via della Seta e eleggere Bettini come nuovo presidente della Repubblica in alternativa alle oscure forze della borghesia del Nord? Ai posteri l’ardua sentenza.

Fabrizio Cicchitto