E adesso siamo pronti a prenderci tanti ceffoni nel discorso di apertura

Categoria: Italia

La tesi era questa: il voto sulla presidente del Senato Casellati ha avuto l'effetto del sacrificio propiziatorio «in vista dell'elezione di Mattarella o di Casini».

301.2022 Andrea Cangini ilogiornale.itlett2’

Come getti d'aria in canotti sgonfi, una dopo l'altra le notizie sul progressivo rafforzamento dell'ipotesi Mattarella rianimano i grandi elettori dotati di piccoli poteri. A ridosso dell'ottava votazione, ci scopriamo tutti in piena forma, ringagliarditi, carichi di energie pronte a sfogarsi. Come? Come al solito: pontificando. Tra Transatlantico, buvette e cortile di Montecitorio è tutto un «io l'avevo detto sin dal primo momento», un «era ora», un «ma ci voleva tanto a capirlo?».

Dirà, il lettore, che si tratta dei soliti commenti di fine partita, delle normali spacconate da giochi fatti, della consueta preveggenza col senno di poi. Il sospetto è legittimo, ma infondato. C'è la prova. Chi ha avuto la pazienza di leggere il«Diario di un grande elettore» pubblicato ieri, ricorderà, infatti, quale fosse la tesi prevalente tra noi, per citare ancora una volta la definizione che si attribuì il grande Enzo Bettiza nei giorni dell'elezione di Sandro Pertini, «infimi esecutori». La tesi era questa: il voto sulla presidente del Senato Casellati ha avuto l'effetto del sacrificio propiziatorio «in vista dell'elezione di Mattarella o di Casini». Su Pier Ferdinando Casini, ieri, si è trattato fino all'ultimo, e se si fosse iniziato il giorno prima sarebbe passato; a prevalere è stato Mattarella. Niente «professori universitari», niente «donne» in quanto tali, niente «uomini delle istituzioni» privi di esperienza politica, niente agenti segreti e amenità del genere. Mattarella. Ancora una volta.

Ce n'è abbastanza per rivalutare i tanto screditati peones, c'è n'è abbastanza per riqualificare la grandissima massa dei grandi elettori. E ce n'è abbastanza per dichiarare definitivamente tramontate le apparenti leadership di quei presunti leader che, giocando su più tavoli e accreditando più ipotesi, incuranti delle contraddizioni e impermeabili al buonsenso si sono avvitati su se stessi come trivelle nel fango. L'umile estensore di questa rubrica superflua sa bene a chi state pensando, ma non è solo a lui che ci si riferisce.

Ora, e anche questo noi infimi esecutori lo sappiamo bene, si leverà un coro a dire che con la rielezione di Sergio Mattarella la politica è morta e il sistema è entrato in crisi. I leader, i pochi veri e i molti presunti, lo negheranno. Ma noi infimi esecutori possiamo permetterci il lusso della verità. E la verità è che la politica è morta da un pezzo, il sistema è in crisi da trent'anni e la sua crisi si è conclamata con l'avvento, provvidenziale, sia chiaro, di Mario Draghi. Eravamo in crisi prima, lo saremo finché non riformeremo il sistema politico e istituzionale.

PS. Noi grandi elettori dotati di piccoli poteri siamo pronti a subire i ceffoni che doverosamente Mattarella ci infliggerà col suo discorso di insediamento. E sin d'ora siamo in grado di prevedere che al confronto le parole pronunciate da Napolitano in analoga situazione sembreranno tenere carezze.