Il ripiegamento. Il Pd riapre la questione sociale ma rischia di precipitare in un calderone populista

Categoria: Italia

Per come sono impostate, le proposte “di sinistra” del Partito Democratico sembrano un modo per controbilanciare la linea sulla guerra, a quanto pare giudicata “di destra”. Un errore, come la tentazione di gareggiare con Conte a caccia di voti estremisti

Mario Lavia, 29.4.2022 linkiesta.it lett.3’

Il Pd dunque rimette la testa sulla questione sociale, anche perché in due anni di emergenza-Covid il tema era stato lasciato in ombra. Adesso per di più si profilano conseguenze drammatiche per effetto della guerra di Vladimir Putin e dei connessi problemi sul fronte del gas e dell’aumento generale dei prezzi. Vedremo se le varie proposte illustrate martedì nella apposita Agorà convocata al Nazareno (ma non si poteva tenere in un luogo pubblico?) avranno un futuro o si infrangeranno contro il muro delle compatibilità finanziarie – perché si tratta di proposte che costano, Enrico Letta ha parlato di 15 miliardi e non sono noccioline.

 

Desta poi qualche interrogativo la consueta postura battagliera del ministro del Lavoro Andrea Orlando e del vicesegretario Peppe Provenzano (i due leader della sinistra dem), nonché – ma questo è normale – di Maurizio Landini, lì invitato, una postura che quasi sempre irrita altre parti politiche e/o Confindustria. Va bene che Jean Luc Mélénchon ha preso tanti voti, ma in questo frangente non pare il caso di mettersi a fare i duri, anche perché per rivedere il sistema salariale è d’obbligo il consenso di una Confindustria che verso il Pd mostra sempre maggiore fastidio, e non è un bene per nessuno.

Ma a parte questo aspetto, che è senz’altro secondario, c’è un errore di fondo nell’impostazione della faccenda, almeno per come viene raccontata ai giornalisti: diciamo una cosa “di sinistra” sul sociale per controbilanciare la linea sulla guerra della Russia. Se questo è il pensiero recondito del gruppo dirigente, non ci siamo proprio. Soprattutto perché evidentemente si pensa che la (giustissima) posizione di Letta sul massacro di Putin e l’aiuto con tutti i mezzi all’Ucraina sia “di destra” e non invece l’unica linea di tutta la sinistra riformista e democratica del mondo, dato che si tratta di una scelta di schieramento dalla parte della democrazia e della libertà contro l’imperialismo e la dittatura di Mosca: e questo è “di sinistra”. Ma non basta.

Viene il sospetto che il Pd, che pure tiene coraggiosamente il punto, cominci a temere la concorrenza di Giuseppe Conte, il neopacifista che vorrebbe diventare punto di riferimento elettorale dei “talkisti” neoputiniani, e alzi la posta rilanciando la parola d’ordine dei salari più alti e quella del salario minimo come per far “dimenticare” a un certo elettorato di sinistra la linea, che ha certo un costo economico, sulla guerra alla guerra di Putin. Uno “scambio” tra politica sociale e scelte internazionali che in sé sarebbe politicamente privo di senso.

Ora, nessuno può negare che ci esista un problema salariale, così come è sempre più acuto quello della lotta al lavoro nero e alla crescita della precarietà: ma il rischio è che a furia di inseguire la demagogia di Conte e di soggetti minori della sinistra il Pd finisca per alimentare un’assurda competition populista a caccia di voti, dimenticando il suo ruolo di partito-cardine del governo, limitando il suo pensiero alla richiesta di soldi per i lavoratori smarrendo l’ambizione più alta di fare i conti con le trasformazioni profonde e veloci del mondo del lavoro: sarebbe un ripiegamento populista, altro che socialdemocrazia.

Se l’idea del Nazareno fosse quella di tuffarsi in un calderone social-populista con Conte e Bersani – che è l’idea, esterna al mondo politico, di Maurizio Landini – illudendosi che questo sia sufficiente a recuperare l’elettorato operaio o giovanile saremmo di fronte a un nuovo pericolo per la maturazione di un grande partito riformista di governo. Perché sul terreno populista è comunque più forte Peppe Conte di Peppe Provenzano.