Tappo digitale. Le aziende vinicole usano sempre più gli NFT

Per far fronte alle frodi e attrarre le generazioni più giovani il settore enologico ha dovuto reinventarsi, ricorrendo ai token non fungibili e trasformando questo business in un vero e proprio investimento

Elisa Venco, 30.4.2022 linkiesta.it lett5’

Nel 2021 il bene di lusso più in crescita è stato il vino pregiato. Secondo i dati del Knight Frank Luxury Investment Index sull’andamento degli investimenti negli ultimi 12 mesi il mercato delle bottiglie di pregio ha fatto segnare un più 16%, proseguendo un’ascesa del +137% negli ultimi 10 anni. Nei mesi seguenti la tendenza è proseguita perché, ha spiegato Luigi Sangermano, AD di Laurent-Perrier Italia, «stiamo parlando di un mercato sicuro, poco volatile e con un grande potenziale di rendimento che non risentirà delle problematiche legate al tragico conflitto tra Russia e Ucraina».

E pensare che i vini più costosi, quelli che in genere appartengono ad annate particolari e spesso lontane nel tempo, vengono bevuti così raramente che in realtà pochissimi possono affermare di conoscere e distinguere il loro sapore. Alcuni studi scientifici hanno dimostrato che anche gli esperti del settore non ne sanno più dei dilettanti. Non a caso Laurent Ponsot, proprietario di uno dei vigneti più prestigiosi della Borgogna, il Domaine Ponsot, stima che l’80% dei pregiatissimi Borgogna antichi e rari offerti in vendita siano fasulli.

Infatti non mancano le frodi sulle bottiglie più pregiate, a cominciare dal caso di Rudy Kurniawan, il primo condannato al mondo per una truffa legata al vino. Dopo aver scontato una pena di 6 anni in una prigione del Texas, nell’aprile 2021 l’indonesiano Kurniawan è stato espulso dagli Stati Uniti, dove si era guadagnato il nomignolo di “Dott. Conti” per la sua predilezione per le bottiglie del Domaine de la Romanée-Conti. Si stima che abbia venduto centinaia di milioni di dollari di bottiglie false tra il 2004 e il 2012, dato che in due soli appuntamenti la casa d’aste Acker Merrall & Condit ha venduto bottiglie del presunto collezionista per 35 milioni di dollari.

Ma il trucco di riempire vecchie bottiglie con un contenuto più recente, come faceva Kurwanian, è solo uno dei modi con cui i truffatori alimentano un mercato di falsi da 3 milioni di dollari: «Ci sono anche i furti di casse pregiate nei siti di produzione e di stoccaggio, la mancata consegna delle bottiglie, i vini spacciati per quello che non sono (per varietà, miscela, origine o annata) e quelli venduti come buoni benché “danneggiati”», spiega Maureen Downey, fondatrice di Chai Consulting e di Winefraud.com, società specializzata nel certificare le bottiglie. La pandemia ha consentito un ulteriore proliferare delle truffe, sia per l’aumento delle vendite online sia per la mancanza di controlli effettuati di persona a causa delle restrizioni di viaggio. Ecco perché sempre più aziende vinicole e rivenditori di rango, come Constellation, Treasury Wine Estates e LVMH, si stanno convertendo agli NFT, un’unità di dati blindata da una tecnologia blockchain, per garantire quello che mettono in vendita.

Gli NFT, o token non fungibili, sono certificati digitali di proprietà e autenticità a prova di frode.Ogni bottiglia che ne viene “garantita” riporta un suo codice di identificazione che, una volta scannerizzato, rivela tutte le informazioni sulla sua provenienza e di chi sia la proprietà in un modo digitalmente immutabile. Così i clienti sono certi dei loro acquisti, mentre i produttori hanno il vantaggio di poter vendere gli NFT spesso prima che quel certo vino venga imbottigliato.

Ma non sempre le cose vanno così lisce: quando l’azienda vinicola californiana dell’ex star della NBA Yao Ming ha messo all’asta 200 NFT “Physical Twin“, ovvero “doppi digitali” del suo vino The Chop dell’annata 2016 molte bottiglie sono rimaste disponibili, anche per il prezzo di 450 dollari l’una. Lo scorso ottobre Dave Powell è diventato Il primo vinicoltore ad aver offerto una intera annata del suo shiraz come NFT. Ma a oggi neppure i lotti sono stati esauriti.

Per allettare i compratori, perciò, parecchie aziende hanno deciso di monetizzare anche l’esperienza che ruota attorno al vino. Tom Gearing, amministratore delegato di Cult Wines, società di investimento e gestione della raccolta del vino, ha chiarito senza esitazioni che «affinché gli NFT abbiano senso per i collezionisti di vino tradizionali, devono tokenizzare qualcosa che sia unico e altamente esclusivo».

Un caso da manuale in questo senso è quello dell’azienda vinicola fondata dal leggendario Robert Mondavi, detto “il patriarca del vino”, che ha proposto online 2.000 bottiglie composte di tre miscele uniche. In cambio del pagamento del prezzo corrente in ETH o ether, – la criptovaluta ethereum equivalente a Bitcoin – gli acquirenti ricevono una bottiglia in edizione limitata e un invito a una degustazione per quattro persone presso il vigneto di To Kalon, dove si coltiva uno dei migliori cabernet sauvignon del mondo.

Nel luglio di quest’anno Chateau Angélus ha venduto per 110 mila euro un NFT legato alla proprietà di un barile di Angélus 2020, il cui acquirente può visitare il vigneto per monitorare l’andamento del vino dalla raccolta dell’uva e fare una degustazione in loco.

La Trefethen Family Vineyard di Napa ha sviluppato 9 Crypto Heroes Cabernet NFT collegati a una bottiglia fisica del normale cabernet sauvignon Trefethen del 2018, ma con in più un’etichetta d’artista. La peculiarità è che gli acquirenti hanno anche il diritto di lasciar invecchiare la loro bottiglia fisica per 10 anni nelle cantine della proprietà e sono invitati a degustazioni esclusive in cantina. I risultati? Tutti e 9 gli NFT sono stati venduti in una settimana per circa 700 dollari, ovvero 10 volte il costo di un normale Trefethen 2018 non NFT.

Ancora: il prossimo 14 maggio debutterà ufficialmente Il Club dVIN, il primo wine club mondiale di token non fungibili (NFT), con un’offerta iniziale di 4.000 abbonamenti a un prezzo di entrata di 1,5 ETH, circa 3.750 dollari. I membri del club compreranno i cosiddetti Tasting Token™ NFT, che sono NFT collegati a un tappo digitale, una sorta di sigillo elettronico inserito al momento dell’imbottigliamento. Quando apre una bottiglia collegata a un Digital Cork™, il compratore riceve immagini e informazioni dettagliate sul vino, ma può anche aggiungere online le proprie note di degustazione, nonché foto o video, costituendo un diario di degustazione virtuale immersivo. In più man mano che i Tasting Token™ vengono raccolti, i titolari ottengono accesso alle esperienze curate dal Club dVIN, come la prima raccolta di uva in Bhutan, che si terrà in autunno con la Bhutan Wine Co.

Il successo di queste formule si spiega con il fatto che sembrano attirare anche un pubblico diverso da quello tradizionalmente legato al vino pregiato, ossia i giovani: «Oggi il vino non è la bevanda alcolica preferita dalla prossima generazione» ha scritto l’analista vinicolo Rob McMillan. «Il settore deve perciò fronteggiare la sfida di reclutare consumatori più giovani in aggiunta all’invecchiamento della fascia principale del consumatore di vino».

Per coinvolgere gli early adopters del binomio vino-NFT, ma anche i giovani investitori in beni digitali tout court, sono nate operazioni che valorizzano i token legati al vino anche quando il vino non c’è. Lo scorso gennaio la veronese Maia Wine ha lanciato il primo avatar Nft legato a un brand del vino mentre in ottobre il Consorzio di tutela Prosecco Doc ha debuttato nel comparto con il progetto “The Italian Genio”, un film originale e non riproducibile protetto da un certificato Nft basato sulla tecnologia blockchain. L’autenticità dell’opera, così assicurata, ha consentito di metterla in vendita come un prodotto artistico fisico nel corso di un’asta della casa d’aste Christie’s.

Tramite l’Italian Wine Crypto Bank (Iwcb), la prima banca del vino italiano costruita su blockchain, gli acquirenti comprano in realtà due oggetti distinti: da una parte diventano proprietari di un esemplare numerato, con un’etichetta d’artista, proveniente direttamente dalle cantine che aderiscono al progetto; dall’altra possiedono anche la riproduzione digitale dell’etichetta firmata, conservata in esemplare unico nella blockchain della Banca. In questo modo possono bere la bottiglia, ma collezionare il contenitore originale, seppur vuoto. Oppure possono rivendere l’etichetta digitale che mantiene un valore di mercato. Così, grazie agli NFT, ora il vino resta un buon investimento perfino quando è finito.

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