Di che vi stupite? Il doppio mandato conferma la regola: Conte governa i Cinquestelle come governava l’Italia

Categoria: Italia

Dopo aver ripetuto mille volte ai parlamentari, fino a due giorni fa, che avrebbe trovato «una soluzione», senza mai dire quale, alla fine li ha lasciati a casa, ma con molti elogi

Francesco Cundari 30.7.2022 linkiesta.it lett3’

Da quando è diventato leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte ha passato gran parte del suo non poco tempo libero assicurando ai parlamentari, e in particolare a quelli che si erano schierati al suo fianco nelle numerose diatribe interne, che sulla questione del doppio mandato avrebbe trovato «una soluzione». Ciclicamente, ogniqualvolta Beppe Grillo confermava o faceva filtrare l’intenzione di tenere fermo il principio e non accettare deroghe, l’ex punto di riferimento fortissimo di tutti i progressisti non si scomponeva, faceva la faccia di chi la sa lunga e ripeteva ai suoi seguaci, comprensibilmente sempre più nervosi, che non c’era motivo di agitarsi. E passava oltre, lasciando il problema irrisolto, fermissimamente deciso a non occuparsene affatto fino a quando non si fosse risolto da sé.

Queste le sue parole di giovedì – appena due giorni fa – riportate dall’Ansa: «Se io e Grillo abbiamo risolto la questione del doppio mandato? Stiamo discutendo in queste ore e risolveremo entro questa settimana sulle modalità anche per valorizzare esperienze e competenze». La «soluzione» tante volte annunciata è stata resa nota ieri: resta la regola del doppio mandato. Lo ha confermato lo stesso Conte in un post su Facebook, che comincia così: «Alle prossime elezioni politiche non troverete, tra i candidati del M5S, chi ha già svolto due mandati». Semplice e chiaro, per una volta. Ma il passaggio più bello arriva qualche riga dopo: «Lasciando il seggio non potranno più fregiarsi del titolo formale di “onorevoli”. Ma per noi, per la parte sana del Paese, saranno più che “onorevoli”. Stanno compiendo una rivoluzione che nessuna forza politica ha mai avuto il coraggio neppure di pensare».

Portato istintivamente a solidarizzare sempre con le vittime, devo ammettere che nel caso dei «più che onorevoli» faccio fatica. Non solo perché la fregatura era evidente sin dal principio, perché di fronte a uno che dice chiaro e tondo di non volerti ricandidare e a un altro che risponde di voler trovare «una soluzione», è ovvio chi dei due ti sta prendendo in giro. Ma anche perché, non fosse stata sufficiente la cristallina chiarezza del suddetto scambio, c’erano alcune tonnellate di precedenti.

Rinviare sempre, non decidere niente e cercare di uscire dai guai con una formulazione che dica tutto e il contrario di tutto è da sempre il modus operandi dell’Avvocato del popolo, è il modo in cui ha (non) affrontato tutte le questioni aperte dentro il suo partito, ma soprattutto è il modo in cui ha governato l’Italia. Ricordate l’incredibile autunno 2020, quello dei quattro decreti in quattro settimane, per un’emergenza Covid che ogni settimana si cercava di ridimensionare, per non smentire la narrazione della grande vittoria sul virus, salvo dover prendere sette giorni dopo i provvedimenti che non si erano voluti prendere sette giorni prima, e così via fino all’esplosione della seconda ondata?

In entrambi i casi, al governo dell’Italia e al governo del Movimento 5 stelle, l’esito ultimo, o per meglio dire l’ultima scappatoia, è sempre la stessa: una infornata di nomine e un pacco di soldi per tenere buoni tutti, eletti ed elettori, amici e nemici, dirigenti e diretti. Super task force, super bonus e super consulenze.

È il modo in cui evidentemente Conte pensava di avere risolto anche il problema Grillo, con un lucroso contratto per fare un po’ di propaganda al movimento da lui fondato. Come al solito, aveva fatto male i conti. E tuttavia, impermeabile a ogni smentita della realtà, state pur sicuri che l’ultima «soluzione» sarà ancora e sempre la stessa: ai «più che onorevoli» privati del seggio il movimento provvederà ad assegnare incarichi di qualche genere, ovviamente retribuiti. Ma almeno non da noi.