Non è tempo di bilanci per il pontificato di Bergoglio, un fiume in piena che non conosce fasi di assestamento. - Il gran momento delle scuole di politica
13.3.2023 Matzuzzi e Rizzini, ilfoglio.it lettura 3’
UN TORRENTE IMPETUOSO I dieci anni del Papa re.
MATTEO MATZUZZI 13 MAR 2023ilfoglio.it
Indagine su una rivoluzione continua tra riforme, processi (anche giudiziari) e viaggi epocali
Nella nebbia neopagana è incerta la rotta della barca di Pietro
L’apertura della Porta santa del Giubileo della misericordia nella cattedrale di Bangui, nella Repubblica centroafricana dilaniata dagli scontri etnici e religiosi, dove la sicurezza fino all’ultimo s’era appellata affinché il Papa non ci andasse. Troppo a rischio la sua sicurezza, troppo alta la tensione. Ma lui non se ne curò troppo, se accadrà qualcosa vuol dire che era volontà di Dio. Andò tutto bene e quei minuti in cui si vede il vescovo di Roma incedere nello stretto corridoio centrale della cattedrale, con i fedeli inginocchiati al suo passaggio, resterà nella storia. Il compimento del senso stesso della Chiesa cattolica, universale. Roma come Bangui, unite dalla fede. E poi quella preghiera in solitaria in piazza san Pietro durante la pandemia. L’adorazione silenziosa disturbata dal suono delle sirene, mentre la pioggia bagnava il crocifisso miracoloso di san Marcello al Corso e il sagrato vuoto. Ogni pontificato porta con sé immagini rappresentative, solitamente quelle che toccano le corde dell’emotività, ma che più in profondità non hanno eguali per potenza di significato. Ve ne sono tante nei primi dieci anni di regno bergogliano, i viaggi ne hanno offerte diverse. Si pensi solo alla prima, insolita scelta: niente grandi capitali europee, niente visite a palazzi presidenziali o chiese barocche. No, la spiaggia di Lampedusa, avamposto d’occidente in mezzo al Mediterraneo trasformato “in un grande cimitero” attraversato quotidianamente da bagnarole zeppe di migranti in fuga da disperazione guerra e fame. Era un segnale anch’esso, la visita a un ospedale da campo tutt’altro che metaforico o ideale. L’indizio che faceva comprendere, solo tre mesi dopo l’elezione, quale sarebbe stata la via da seguire, la strada maestra. Un decennio più tardi, l’ospedale da campo sarebbe stato aperto nel cuore dell’Europa dilaniata dalla guerra….
- Il gran momento delle scuole di politica
MARIANNA RIZZINI 13 MAR 2023
Voglia di competenza. Approssimazione e antipolitica non si portano più. Proliferano i corsi per giovani di talento dove si impara a capire la cosa pubblica e si analizzano i modi di governarla. E non sono sempre legati ai partiti
Èun’onda costante ma poco visibile, una calamita di interesse che va in direzione contraria rispetto a quella che, per un decennio, è stata una costante nel discorso pubblico, e cioè la deriva antipolitica che ha portato sul campo personaggi e forze politiche la cui cifra era soprattutto populistica, e il cui successo era legato a parole d’ordine inneggianti a una sorta di “beata incompetenza” dei governanti, come se l’essere competenti li rendesse facile preda dei cosiddetti “poteri forti” (altro mantra). Da un paio d’anni, però, come ci racconta (dopo aver partecipato come docente a seminari, lezioni e workshop) il professor Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta, sembrano avere sempre più successo e quindi più domanda “dal basso” le scuole di politica, e non soltanto quelle già conosciute e legate a personalità politiche (come la nota Scuola di Politiche di Enrico Letta). Si tratta di scuole dove si impara a capire la cosa pubblica, dove si analizzano i modi di governarla, dove si approfondiscono nozioni utili a chi vuole candidarsi a una carica o lavorare nelle istituzioni, anche dopo essersi laureato e aver lavorato altrove.