Se davvero stiamo con Kyjiv, l’unica cosa che non possiamo fare è respingere la richiesta di aiuto degli ucraini, sostenendo al tempo stesso che lo facciamo per il loro bene
Francesco Cundari 24.3.2023 linkiesta.it lettura 2’
Ogni giorno decine di commentatori ripetono le tesi della propaganda russa, anche le più assurde e autocontraddittorie, da tutti i principali quotidiani e talk show del Paese, lamentando nel contempo le continue angherie cui sarebbero sottoposti dalla dittatura del pensiero unico. Non è una novità, intendiamoci. Mi è capitato di notarlo ben prima della guerra in Ucraina: in Italia gli anticonformisti sono sempre una maggioranza schiacciante.
Al consueto miscuglio di arroganza e vittimismo si aggiunge però in questo caso una contraddizione ulteriore, tipica di questa specifica categoria di opinionisti. Parlo di quel variegato universo di giornalisti, politici e intellettuali che sarebbe improprio definire pacifisti, sia perché ci sono tra loro fior di guerrafondai, sia perché chiedere di disarmare gli aggrediti è l’idea di pace tipica di tutti gli imperialisti del mondo, almeno dai tempi dell’impero persiano. Motivo per cui li chiamerei piuttosto disarmisti, o semplicemente cremlinofili.
Ebbene, questo nutrito esercito di opinionisti passa le giornate in tv e sulla stampa a spiegarci in modi complicati e fumosi perché, per ottenere la pace, stringi stringi, bisogna fermare gli ucraini, fermare coloro che li aiutano e li sostengono, fermare gli Stati Uniti, fermare la Nato, fermare tutti meno che i russi. Quando però qualcuno si permette di osservare che usano proprio gli stessi argomenti della propaganda putiniana, curiosamente, se la prendono moltissimo, s’indignano e reagiscono come se la qualifica di putiniani fosse per loro un insulto. Mentre con ogni evidenza, dato quel che sostengono, sarebbe semmai un’attenuante.
Se infatti si dichiarassero convinti del fatto che Vladimir Putin abbia pienamente ragione, almeno la logica del loro discorso sarebbe salva. Resterebbe ovviamente un cumulo di balle, ma sarebbe almeno un cumulo di balle che rispetta il nesso di causa-effetto.
La contraddizione più insopportabile del fronte disarmista è invece la pretesa di respingere la richiesta di aiuto degli ucraini, sostenendo però che lo facciamo per il loro bene. È questo il punto, ricorrente soprattutto nella propaganda grillina, come sempre la più sfacciata di tutte, che trasforma la discussione in una barzelletta di cattivo gusto. Se si dicessero apertamente putiniani, si potrebbe almeno concedere loro la buona fede. Se davvero fossero convinti che sono gli ucraini ad avere aggredito i russi, si potrebbe dubitare della loro cognizione dello spazio e del tempo, eppure bisognerebbe anche riconoscere la consequenzialità del loro discorso.
Ma se nemmeno loro sono disposti a credere davvero che sia l’Ucraina ad avere scatenato la guerra contro la Russia (come ha detto Sergej Lavrov), o che i bambini ucraini siano stati deportati in Russia per metterli al sicuro dalle atrocità dell’esercito ucraino (dichiarazione dell’ambasciata russa in Italia, giuro: «La Russia ha dato rifugio ai bambini costretti a fuggire con le loro famiglie dai bombardamenti e dalle atrocità dell’esercito ucraino»), o che Putin è dovuto intervenire per fermare un genocidio in atto nel Donbas e tutto il resto del delirante repertorio, come possono giustificare la proposta di negare agli aggrediti persino gli strumenti per difendersi da soli? E con che coraggio si può continuare a dire che dobbiamo rifiutarci di aiutarli, ma nel loro interesse, sostenendo al tempo stesso di stare dalla loro parte, di fare il tifo per loro, di augurare loro ogni bene?
E tu pensa che avremmo fatto se li avessimo odiati.