QUI BRUXELLES Il dilemma commerciale dell'Ue tra prosecco, manzo e difesa dalla Cina

IL LIETO FINE Napoli salva Whirlpool - Aziene e dipendenti PERCHÉ LA PARTECIPAZIONE È RIMASTA SULLA CARTA

24.5.2023 Crippa, Marchesano ilfoglio.it -Ichino.it

-QUI BRUXELLES Il dilemma commerciale dell'Ue tra prosecco, manzo e difesa dalla Cina
DAVID CARRETTA 24 MAG 2023 ilfoglio.it

La Commissione presenterà una serie di proposte per rafforzare la sicurezza economica europea, tra cui le misure per realizzare il “de-risking” rispetto a Pechino. L’altra parte della strategia di Bruxelles è usare il commercio come arma di attrazione dei paesi non europei. Il primo accordo dovrebbe essere con l’Australia. ma per Roma e Parigi ci sono ancora nodi da sciogliere

Sullo stesso argomento:
Al G7 della guerra e del nucleare ogni cosa parla della Cina

Metsola porta l'Ue in Moldavia e ci spiega quanto è importante essere “dove succedono le cose”

Bruxelles. Salvare la denominazione protetta del prosecco dal vino frizzante australiano o diventare un attore geopolitico in grado di contenere la Cina? In estrema sintesi, è questa la domanda a cui devono rispondere gli stati membri dell’Unione europea nelle prossime cinque settimane. Dopo il vertice del G7, i capi di stato e di governo si ritroveranno a Bruxelles alla fine di giugno. Al Consiglio europeo devono ridefinire la strategia nei confronti di Pechino per mettere in pratica le promesse concordate con gli Stati Uniti a Hiroshima. Pochi giorni prima, in teoria il 21 di giugno, la Commissione presenterà una serie di proposte per rafforzare la sicurezza economica, con tutte le misure che possono essere introdotte per realizzare il “de-risking” (la riduzione dei rischi) promosso da Ursula von der Leyen sulla Cina. Strumento anti coercizione economica, divieti di esportazioni e investimenti nei settori tecnologici sensibili, controllo degli investimenti, riduzione delle dipendenze dalla catena di approvvigionamento cinese dovrebbero far parte della scatola degli attrezzi dell’Ue. “La Cina è in primissimo piano nella nostra discussione”, spiega al Foglio un diplomatico dell’Ue. Ma l’altra parte della strategia è usare il commercio come arma di attrazione dei paesi non europei: gli accordi di libero scambio dovrebbero cementare i legami con gli alleati tradizionali e con i paesi del cosiddetto “sud globale”. Domani i ministri del Commercio dell’Ue faranno il punto su come stanno andando i negoziati bilaterali con Australia, India, Indonesia, Kenya, Africa orientale, Africa meridionale, Mercosur, Messico e Cile.

-IL LIETO FINE Napoli salva Whirlpool
MARIAROSARIA MARCHESANO 24 MAG 2023

Crisi risolta dalla Zes, dalla burocrazia che funziona e da un cavaliere bianco a Km zero. La start-up partenopea Tea Tek si aggiudica il bando per la fabbrica di via Argine

Sullo stesso argomento:
Dopo tante promesse a vuoto della politica, la crisi Whirlpool finisce con una buonuscita

Tutti gli errori sulla vertenza Whirlpool

Lo scudetto ha portato bene alla città di Napoli dove sta per avere un inatteso lieto fine la vertenza Whirpool, la fabbrica di elettrodomestici che sorge nella zona orientale. Qui si concentrano ormai più attese di rilancio e riqualificazione che a Bagnoli, che si trova a ovest, ma la Whirlpool era stata abbandonata dalla casa madre americana nonostante avesse fama di essere un presidio produttivo d’eccellenza. E per come si è complicata tutta la vicenda, compreso quando nel 2019 l’allora ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ne annunciò il salvataggio salvo essere smentito un attimo dopo dai proprietari, lo stabilimento di via Argine era diventato una spina nel fianco di governi e sindacati, oltre che un incubo per 350 dipendenti che sono finiti in cassa integrazione senza prospettive dopo tante promesse cadute nel vuoto.

- Aziene e dipendenti PERCHÉ LA PARTECIPAZIONE È RIMASTA SULLA CARTA
L’esperienza dei Consigli di Gestione e il disegno di legge di Rodolfo Morandi subito dopo la Liberazione – L’opposizione della DCc e la freddezza del Pci in proposito – Il prevalere nel movimento sindacale italiano dell’idea dell’antagonismo tra lavoratori e imprenditori
.
Trascrizione di una video-intervista a cura di Ada Fichera che è stata proiettata al convegno promosso da Italia Decide l’11 maggio 2023 – In proposito v. anche il video della precedente intervista sul medesimo argomento, a cura della stessa giornalista, del novembre 2022

Professor Ichino, da dove e come è nato l’articolo 46 della Costituzione in materia di partecipazione?
La norma costituzionale che prevede il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese nasce direttamente dall’esperienza dei Consigli di Gestione nati durante la Resistenza, che il primo ministro dell’Industria – il socialista Rodolfo Morandi – avrebbe voluto consolidare con una legge già nel corso del 1946. E’ abbastanza credibile la tesi storiografica secondo la quale il disegno morandiano non avrebbe avuto successo per una non dichiarata ostilità del Pci, oltre che per quella – dichiarata – della Dc; fatto sta che quel progetto ha lasciato traccia di sé soltanto nell’articolo 46 della Costituzione.

Perché l’articolo 46 della Costituzione non è estato attuato?
A seguito della rottura dell’unità sindacale, nel 1948, la bandiera della partecipazione dei lavoratori in azienda venne fatta propria della neo-nata Libera Cgil, destinata a chiamarsi ben presto Cisl, che si ispirava però non tanto all’esperienza dei Consigli di Gestione e all’idea morandiana di rilanciarli, quanto all’idea espressa dallo statunitense Frank Tannenbaum nel suo saggio del 1951, A Philosophy of Labor (pubblicato nel 1951), secondo il quale la buona impresa ha bisogno di un’anima, che può esserle data soltanto da un sindacato capace di valutare il piano industriale dell’imprenditore, e la capacità dell’imprenditore stesso di realizzarlo; e, in caso di valutazione positiva, capace di guidare i lavoratori nella scommessa comune con l’imprenditore sul piano. Ma la Cisl negli anni ’50 era una parte minoritaria del movimento sindacale, nel quale prevaleva – ed era destinata a prevalere ancora per alcuni decenni – l’idea del necessario antagonismo tra lavoratori e imprenditore. In funzione di questa idea la componente maggioritaria del movimento sindacale ha sempre guardato con diffidenza a ogni forma di partecipazione dei lavoratori nell’azienda e all’imprenditore come a una figura socialmente pericolosa, dalla quale era meglio mantenere ben chiare le distanze e con la quale era meglio non confondere le responsabilità.

Che cosa è accaduto, su questo fronte, nell’ultimo quindicennio?
Nel corso della XVI legislatura la Commissione Lavoro del Senato ha elaborato un disegno di legge unitario sulle pratiche partecipative in azienda (volto a eliminare alcuni ostacoli e a istituire alcuni incentivi), che è stato recepito nella Legge Fornero n. 92/2012 in forma di delega al Governo, che però non è stata esercitata, anche per via dello scioglimento del Parlamento. Nella XVII legislatura lo stesso disegno di legge è stato ripreso in mano e approvato dalla Commissione Lavoro del Senato, sempre in chiave bi-partisan (io ne sono stato il relatore). Se non è andato in porto è principalmente per l’opposizione esplicita della Confindustria, la quale temeva che esso provocasse un’ondata rivendicativa su questo terreno nelle imprese; ma a quell’opposizione ha fatto un po’ sponda la freddezza della Cgil.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata