“L’ASTENSIONE SUL PATTO DI STABILITA’? I DEM FUGGONO SPESSO DALLA RESPONSABILITÀ” – LUIGI ZANDA, EX CAPOGRUPPO DEL PD,

Categoria: Italia

DA’ IL FOGLIO DI VIA A SCHLEIN: “LA DEBOLEZZA DEI DEM FA IL GIOCO DI CONTE. LA DISCUSSIONE SUL NOME NEL SIMBOLO HA NUOCIUTO AL PARTITO

24.4.2024 dagospia.com lettura2’

E INCRINATO L’AUTOREVOLEZZA DELLA SEGRETARIA. LA DEMOCRAZIA HA LA SUA BASE NEI PARTITI POLITICI E NEL LOGO BASTA IL SIMBOLO DEL PARTITO” – POI SCATTA L’INVESTITURA DI GENTILONI: “IL SUO COMPORTAMENTO IN EUROPA IN QUESTI ANNI E’ STATO IMPECCABILE”

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Giovanna Casadio per la Repubblica - Estratti

Luigi Zanda, ex capogruppo Pd, c’è il via libera a un nuovo Patto di stabilità europeo che imporrà una correzione dei conti: era inevitabile?

«Dopo tre anni di deregulation causa Covid, è chiaro che l’Unione non poteva reggere senza regole interne. Per l’Italia le nuove regole sono molto meglio di quelle di tre anni fa».

La premier Meloni prima negozia in Ue le nuove regole, poi tutta la maggioranza si astiene, di fatto mettendo in mora il loro ministro Giorgetti: come li giudica?

«Semplicemente mancano di spirito europeista. Avranno fatto un calcolo di politica interna. Ma non sono i soli».

Il M5S ha votato contro, però anche il Pd si è astenuto come la maggioranza. Scelta sbagliata?

«Che Conte votasse contro l’Europa ce lo dovevamo aspettare. Quanto al Pd in questa legislatura nel Parlamento italiano si è astenuto molte volte. Per un partito come il Pd l’astensione è sempre un po’ una fuga dalla responsabilità di votare sì o no.

Questa volta anche in Europa, i Dem si sono rifugiati nell’astensione. Il consuntivo è che il voto è stato molto condizionato da considerazioni di politica interna, come ha detto bene Paolo Gentiloni».

La scelta del Pd ha imbarazzato il commissario Gentiloni?

«In questi anni il comportamento di Gentiloni in Europa è stato impeccabile: obiettivo, competente e responsabile. Avrebbe molto danneggiato la reputazione dell’Italia se Gentiloni avesse fatto il commissario al servizio di questo o quel partito italiano».

Il Pd è ormai destinato a oscillare come un pendolo tra posizioni più massimaliste e altre più riformiste?

«Mah. Ho letto che nella direzione del partito è stato Stefano Bonaccini, quindi il leader dell’ala riformista, a proporre di scrivere il nome della segretaria sul simbolo. Penso che Elly Schlein si sarebbe dovuta alzare subito e dire “no grazie”, spiegandone le ragioni. Invece ha aspettato un giorno e ha reso possibile un inutile dibattito. Soprattutto ha avvalorato la tesi delle malelingue che sostengono che anche lei fosse d’accordo con Bonaccini. Ne è scaturita una discussione che nuoce al Pd e incrina l’autorevolezza della segretaria».

Per lei sarebbe inaccettabile il nome di Schlein nel logo?

«La democrazia ha la sua base nei partiti politici e nel logo basta il simbolo del partito. Per quanto riguarda le Europee, a me paiono stonate anche le candidature di personalità che poi non andranno a Strasburgo».

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Lei cosa si aspetta?

«A costo di annoiare, devo continuare a sollecitare Schlein a occuparsi del partito, del suo pensiero politico e dell’organizzazione interna. Schlein deve sapere che solo con un Pd forte si possono proporre campi larghi, larghissimi, larghini, perché un Pd debole coincide con l’aspirazione di Conte, che non aspetta altro per rovesciare il tavolo».

L’8 e 9 giugno sarà alla fine la politica internazionale a fare la differenza?

«Fino ad ora l’ha fatta da padrone il dibattito sulla composizione delle liste, speriamo che si cominci a parlare di Europa».