LETTERE Una prima pagina per celebrare gli antifascisti di ieri e di oggi

Categoria: Italia

Un discorso serio e intellettualmente onesto, in cui l’appello a superare una storica divisione non sminuiva le ragioni dei vincitori e i torti dei vinti..il bene figlio della libertà

25 APR 2024 Lettere Direttore ilfoglio.it lettura2’

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Forse pochi ricordano un discorso tenuto il 25 aprile del 2009 da Silvio Berlusconi a Onna, cittadina simbolo del terremoto in Abruzzo. Un discorso serio e intellettualmente onesto, in cui l’appello a superare una storica divisione non sminuiva le ragioni dei vincitori e i torti dei vinti. Per la prima volta, infatti, il Cavaliere riconosceva apertamente il contributo decisivo della Resistenza alla nascita della democrazia repubblicana.

Allora fu sommerso da un mare di polemiche, e liquidato come la professione di un inaccettabile revisionismo storico. Quel discorso, che proponeva di trasformare la Festa della Liberazione in una Festa della Libertà, avrebbe invece meritato una più pacata accoglienza, in quanto affrontava una questione cruciale: in che senso la Libertà (con la maiuscola) deve essere considerato il valore più alto e irrinunciabile. Essa, infatti, è la condizione perché questa o quella libertà (con la minuscola) si dia. Può quindi decidersi per il bene come per il male, con sovrana indifferenza. Addirittura può rovesciarsi nell’atto che la nega o l’annulla.

Insomma, la libertà – come ben sapeva il Dostoevskij lettore di Pascal – viene prima del bene e del male. Attenzione, però. Perché, come ha scritto in un saggio pubblicato nel 1923 il filosofo russo Nikolaj Berdjaev, lo stesso Dostoevskij “più profondamente di ogni altro ha compreso che il male è figlio della libertà.

Ma ha compreso pure che senza libertà non c’è il bene. Anche il bene è figlio della libertà.

A ciò si ricollega il mistero della vita, il mistero del destino umano. La libertà è irrazionale e perciò può creare sia il bene sia il male. Ma ricusare la libertà per il fatto che può produrre il male, significa produrre un male ancora più grande” (“La concezione di Dostoevskij”, Einaudi, 2002). Da ciò si deduce che, per l’autore di “Delitto e castigo”, la libertà rappresenta le fondamenta dell’edificio umano, e che i suoi inquilini sono disposti a patire ogni sofferenza che il mondo può infliggere pur di sentirsi liberi. Ciò vale non sempre, ovviamente. Tuttavia, settantanove anni fa non fu forse proprio la ribellione di pochi a determinare la libertà di tutti?

Michele Magno