Sorpresa (ma non troppo): ritorna il Lago d’Aral. Per decine comunità ha svolto il ruolo di mare.

Categoria: Italia

Un tempo era il quarto lago più grande al mondo. Ma considerando dov’è (anzi, dov’era) situato, tra le lande desertiche dell’Asia centrale

Mauro Indelicato 13 Maggio 2025 insideover.com lettura3’

Un tempo era il quarto lago più grande al mondo. Ma considerando dov’è (anzi, dov’era) situato, tra le lande desertiche dell’Asia centrale, per decine di comunità ha svolto il ruolo di vero e proprio mare. Con tanto di porti costruiti negli anni, a testimonianza di intense attività di pesca e anche industriali. Il riferimento è al Lago d’Aral, sulla cui coste fino al 1991 non sorgeva alcun confine internazionale essendo la sua superficie interamente ricadente all’interno dell’Urss. Oggi sono due i Paesi ad aver ereditato il controllo su quelle acque: Kazakistan a nord e Uzbekistan a sud. Ma più che il controllo sulle acque, i due nuovi Stati hanno preso in consegna il controllo sulla sabbia dove un tempo sorgeva il lago. La portata idrica dell’Aral è oramai ridotta ai minimi termini. Anche se, almeno nella parte kazaka, si sta finalmente registrando un’inversione di tendenza.

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Il disastro ambientale di fine ‘900

In una regione come quella centroasiatica l’acqua è fondamentale e a Mosca, nel pianificare i piani per i territori in questione, tra gli anni ’50 e ’60 non hanno avuto dubbi: tutti i fiumi compresi dell’area dovevano servire a irrigare campi e a dare maggiore impulso all’agricoltura. Un concetto valevole per il Kazakistan, così come per l’Uzbekistan, lì dove l’industria del cotone era considerata (e lo è ancora) vitale. Gli occhi sono così stati puntati su due corsi d’acqua in particolare: l’Amu Darya e il Syr Darya, i due fiumi che alimentavano maggiormente l’Aral. I loro percorsi sono stati deviati in modo da sfruttare le loro acque.

Nel 1987 ci si è però accorti, troppo tardi, di un effetto collaterale decisamente deleterio: per via della minore portata verso l’Aral, il lago ha perso talmente tanto volume da risultare per la prima volta diviso in due sezioni distinte. Una settentrionale, coincidente con l’allora repubblica sovietica del Kazakistan, l’altra invece in area uzbeka. Da Mosca si voleva correre ai ripari, progettando una serie di canali e tubature in grado di dirottare nuovamente l’acqua verso il lago. I costi però erano ingenti e, da lì a breve, l’Unione Sovietica sarebbe collassata e al Cremlino le esigenze erano diventate ben altre.

The Aral Sea used to be the 4th largest lake in the world (between Kazakhstan and Uzbekistan) It began shrinking in the 1960s. Its shrinking has been called "one of the planet's worst environmental disasters".

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— Simon Kuestenmacher (@simongerman600) January 15, 2021

La diga voluta da Astana

A cavallo dei due secoli, il disastro ambientale ha preso definitivamente forma. La salinizzazione dei terreni, l’evaporazione dell’acqua, l’indietreggiamento della superficie, hanno lasciato sul campo la morte di un intero ecosistema. E dei vecchi porti non è rimasto altro che una lunga serie di bracci di cemento armato coperti dalla sabbia. Il nuovo Kazakistan indipendente però, non poteva permettersi di lasciare definitivamente morire l’Aral. Non solo per una questione prettamente ambientale, ma anche economica: le acque del lago, incanalate e stoccate dentro la sua potenziale grande superficie, sono essenziali per diminuire lo stress idrico a cui spesso va incontro il Paese.

Già durante l’era di Nazarbayev, primo presidente kazako, il governo ha finanziato un programma chiamato Syr Darya Control and Northern Aral Sea. Nel nome è già spiegato tutto: si tratta di un progetto volto a rivitalizzare il Syr Darya e riportare acqua nel lago. Il tutto passando per la costruzione di una grande diga sul Syr Darya, capace di deviare in parte il corso e gettare acqua nella moribonda sezione settentrionale dell’Aral.

I primi risultati

Non tutti però erano convinti della bontà del progetto. Il timore di ritrovarsi con una diga capace sì di intensificare la portata del fiume ma, nel complesso, non in grado di risolvere il problema era dietro l’angolo. I dati resi noti da Astana nei giorni scorsi hanno invece mostrato, per la prima volta, un’inversione di tendenza. Nel 2024, rispetto all’anno precedente, il volume idrico dell’Aral è aumentato del 42%. Si è ancora ben lontani dai livelli degli anni d’oro, ma almeno si sta assistendo a un incremento della superficie: lentamente, ma costantemente, il lago sta tornando a scavare la sua strada tra le sabbie dei vecchi fondali.

Confortato dai numeri, il governo kazako vuole adesso andare avanti. L’obiettivo è almeno ricostituire la sezione settentrionale dell’Aral, in modo da sfruttare le acque e favorire diverse attività economiche. Non solo l’agricoltura, ma anche la pesca e il turismo. Inoltre, da Astana si vuole guardare anche oltre: il governo è pronto a trattare con l’Uzbekistan per ulteriori progetti di ricostituzione del lago e di sfruttamento sostenibile delle acque. Se il progetto dovesse riuscire, la portata politica sarebbe importante: il centro Asia dimostrerebbe di aver imparato dagli errori, anche da quelli un tempo fatti più a ovest.