È importante, dunque, soffermarsi per un attimo su quanto sia stata pesante e assurda la critica nei confronti di quest’opera.
Ercole Incalza 18 Maggio 2025 alle 11:18 ilriformista.it lettura3’
Nello scorso marzo, per la centesima volta in cinque anni, le paratoie del Modulo Sperimentale Elettromeccanico (Mose) si sono alzate dal fondale e hanno evitato che la marea allagasse Venezia. È importante, dunque, soffermarsi per un attimo su quanto sia stata pesante e assurda la critica nei confronti di quest’opera.
L’opposizione
In questo caso si è registrato un tipico fenomeno che in Italia abbiamo vissuto anche con la realizzazione della rete ferroviaria ad alta velocità, con la realizzazione del tunnel ferroviario ad alta velocità Torino – Lione, con la Trans Adriatic Pipeline (TAP). Mi riferisco all’atteggiamento critico; all’azione spesso incontrollata e immotivata non solo di soggetti singoli, non solo di esperti autodefiniti “ambientalisti”, ma anche di schieramenti politici consolidati o in fase di consolidamento come il Partito Democratico o il Movimento 5 Stelle.
Come è nato il Mose
La magistrale idea e la convinta volontà di realizzare l’opera va riconosciuta a Gianni De Michelis. Il politico veneziano, nel suo suolo di parlamentare e membro di vari Governi, cercò in tutti i modi di ricordare al mondo che non potevamo e non dovevamo consentire che “il mare distruggesse per sempre un patrimonio della umanità”. E questa sua convinta insistenza e volontà a realizzare, prima sperimentalmente e poi realmente, l’opera divenne concreta solo con il governo Berlusconi. Infatti nel dicembre del 2001, con la legge 443 (legge Obiettivo), grazie alla volontà e alla mirata concretezza dell’allora Ministro Pietro Lunardi, l’opera fu definita strategica. La legge 443 era, a tutti gli effetti, una legge programmatica (al suo interno infatti erano contenute tutte le opere strategiche, tra cui il Mose) e, per trasformare questo quadro programmatico in interventi supportati da adeguate risorse, nel 2002 fu varata la Legge 166 che rese possibili l’avvio concreto dei progetti e la realizzazione del Mose.
Le critiche
Come già fatto da tanti quotidiani, in occasione del centesimo salvataggio di Venezia grazie alla azione delle paratoie, potremmo riportare le dichiarazioni critiche, a volte offensive, di alcuni giornalisti come Marco Travaglio, Peter Gomez, Maurizio Pistocchi, Giorgio Scura, o del commentatore ambientalista Franco Ferrante. Tutte dichiarazioni che ritenevano l’opera inutile, costosa e da non fare. Ma queste affermazioni meravigliano di meno, perché in fondo si tratta vdel tipico giornalismo gratuito motivato solo dall’esigenza di contrastare volutamente le azioni del governo. Sono invece più preoccupanti i comportamenti davvero indifendibili di Italia Nostra, del Wwf, di Lega Ambiente, del Movimento 5 Stelle, dello schieramento ambientalista di Angelo Bonelli e del Partito Democratico soprattutto durante il periodo in cui sindaco di Venezia era il Professore Massimo Cacciari.
Tutti comportamenti e schieramenti che oggi sono smentiti da un dato: le paratoie o dighe a scomparsa del Mose hanno evitato danni alla città per oltre 2,6 miliardi di euro. Un dato supportato da una ricerca oggettiva, un numero che testimonia, in modo inequivocabile, quanto sia stato miope e, al tempo stesso, immotivato il comportamento di chi non aveva riconosciuto i meriti e la lungimiranza di coloro che avevano sostenuto l’iniziativa sin dall’inizio, come Gianni De Michelis. Poi quello di chi non aveva apprezzato lo sforzo tecnico ed economico compiuto dal governo Berlusconi e, in particolare, dal Ministro Lunardi. Infine il comportamento di chi non aveva apprezzato il lavoro encomiabile dei Commissari che, sempre in base alla legge Obiettivo, avevano superato tutte le fasi critiche dell’opera, create sempre da schieramenti politici contrari.
Un successo dell’ingegneria
In realtà l’esperienza del Mose testimonia ancora una volta una specifica singolarità del nostro Paese: l’aggregazione del dissenso è utile per creare nuovi schieramenti; per diventare interlocutori di altri schieramenti e, al tempo stesso, potenziali riferimenti di scelte e di programmi quasi sempre inesistenti. Oggi che il Mose è, a tutti gli effetti, un successo della nostra ingegneria. Oggi che è un successo di scelte di uno dei governi Berlusconi, i vari critici e detrattori dell’opera dovrebbero quanto meno ammettere quanto sia stato dannoso nel tempo il loro comportamento, ma hanno preferito “scomparire”.
Ercole Incalza