Il seguente reportage è tra i vincitori del corso Diventa reporter ora della Newsroom Academy
5 Giugno 2025 David Nicoloso, insideover.com lettura8’
La strada è a tratti ripida e dissestata, fuori dal finestrino dell’auto il paesaggio scorre lento. Man
mano che ci si inerpica verso l’alto, il bosco si fa più preponderante, fino ad esserne circondati. Ad
una prima occhiata il bosco è fitto, gli alberi alti.
Ciò che cattura l’attenzione è la differenza tra di essi, certuni sono verdi, taluni con la punta secca, altri completamente riarsi. Incontriamo Giuseppe,
un giovane boscaiolo del luogo e con lui ci addentriamo nella boscaglia. Subito ci indica come
alcuni abeti, in quella zona sono malati, altri in difficoltà o già morti. Fermandosi vicino ad un
tronco ci mostra un piccolo e rotondo buco nella corteccia, l’ingresso dell’insetto nella pianta. I
buchi sono piccoli e netti come fossero dei fori di proiettile.
Qui, come in altre zone del Friuli, con una diversa “violenza d’attacco”, il bosco soffre la presenza di un piccolo insetto, il bostrico.
La zona più colpita è quella carnica ma non restano incolumi nè l’area del tarvisiano nè quella della
valcanale. Nel computo dei danni boschivi dovuti ad insetti o animali, il 97,2% dei danni sono
dovuti ad insetti xilofagi, – mangiatori di legno – e tra questi insetti, il bostrico è quello che, nel
2022, ha provocato quasi 82.000 m3 di danni raggiungendo così un nuovo picco massimo rispetto
agli anni precedenti; nel 2021 infatti i danni furono pari a 71.702 m3 e nel 2020 si sfiorarono i
37.000 m3. (fonte Regione FVG – ERSA – Rapporto Bausinve). Una tendenza quindi che è in
aumento. Può sembrare strano il fatto che un insetto di pochi millimetri possa uccidere un gigante di
30 metri ma oramai si è visto che nel corso di un anno riesce a raggiungere due cicli di riproduzione
anche alle latitudini più alte, mentre in quelle più basse occasionalmente tre. “Il bostrico danneggia
la pianta, la uccide perchè una volta che entra, si mantiene e cresce succhiando la linfa. Quando
l’insetto non ha più niente con cui nutrirsi in quel momento sfarfalla e va ad attaccare le piante verdi
vicine ad essa.” – racconta Giuseppe.
La foresta di Tarvisio, è un’area di 24.000 ettari di comprensorio alpino, di cui 15.000 ricoperti di
boschi riproduttivi. La preda preferita dal bostrico, è l’abete rosso, specie presente in questo scorcio
delle Alpi Giulie. Quando la pianta è attaccata il primo tentativo di difesa è la resina; lunghe
secrezioni corrono sulla corteccia. Se i buchi sembrano dei piccoli fori di proiettile, le secrezioni
che scendono rievocano alla mente l’immagine delle lacrime. In questa battaglia l’uomo può fare
relativamente poco. “Il bostrico sta modificando il bosco in maniera drastica perchè noi boscaioli
non riusciamo più a fare un taglio silviculturale dobbiamo agire in una maniera differente. Quando
troviamo una pianta bostricata, in teoria bisognerebbe tagliare una zona attorno ad essa pari
all’altezza della pianta bostricata. A volte va bene e a volte va male perchè il bostrico continua ad
andare avanti , continua ad espandersi e noi siamo costretti a continuare a tagliare piante belle verdi
e quindi ci sono intere aree rase al suolo.”
Giuseppe accende la motosega e inizia il suo lavoro. Con un fragoroso schianto, l’albero, quando
tocca terra, si spezza in più parti.
In un contesto di riscaldamento globale mondiale, il Friuli non fa eccezione. A Udine, se
suddividiamo in sezioni trentennali il periodo che dal 1930 vanno fino al 2020, la media delle
temperature è in crescita. Dal 1930 al 1960 la temperatura media annuale è di 12.7°C, dal 1961 al
1990 di 12.8°C, dal 1991 al 2021 di 13,5°C. Anche la quantità e la distribuzione delle piogge
cambiano: in un periodo che va dal 1961 al 2020, si registrano cambiamenti nella distribuzione
mensile e nella diminuzione della quantità delle piogge estive. (Fonte: Regione Autonoma FVG,
Arpa FVG).
“Il cambiamento climatico ha creato una situazione favorevole perché il bostrico cresca, cosa che
prima non c’era. Gli inverni erano più rigidi e più lunghi adesso invece non si sa quando arriva e se
viene, le stagioni non sono più come una volta. Se il bosco adesso soffre di più per l’attacco del
bostrico è perché è più debole fondamentalmente. In primavera non piove più come dovrebbe.”
A parlare è Adolfo, boscaiolo dagli anni Sessanta, memoria vivente di una tradizione e di un luogo.
E’ il concetto di tradizione che viene messo alla prova dai tempi che stiamo vivendo; il ritmo della
Terra con il regolare susseguirsi delle stagioni, che in tempi passati donava stabilità allo scorrere
della Vita, ora appare diverso.
Se il settore del legno è in difficoltà, purtroppo non è l’unico; molte altre attività, sempre connesse
alla natura e ai suoi cicli, sono soggette a cambiamenti. Lasciamo la foresta del tarvisiano e
scendiamo per poco meno di un centinaio di kilometri verso la zona collinare del Friuli.
Raggiungiamo Magnano in Riviera, un piccolo paese situato ai piedi delle montagne, ed entriamo
nella tenuta di Giuliano, un apicultore professionista dal 2003. Seppure questa sia una giornata di
metà novembre, non è poi così fredda, il cielo appare a tratti coperto, ma in alcuni momenti il sole
filtra attraverso le nuvole scaldando i due gruppi di arnie che si trovano nel prato adiacente al cortile
di casa. Giuliano ci accompagna verso di esse, scoperchia un’arnia e, dopo aver usato l’affumicatore,
estrae delicatamente uno degli alveari; accarezzando gli insetti, ci mostra la Regina. “Sono
vent’anni che ho l’azienda e certamente in questi 20 anni il tipo di apicultura è molto cambiata. Le
primavere anche se piovose iniziano prima, gli autunni sono più caldi. Queste anomalie comportano
il fatto che gli alveari subiscono degli squilibri interni allo sviluppo della famiglia. Nel 2021 in
primavera ha fatto freddo ad aprile, maggio e giugno e abbiamo dovuto nutrire gli alveari perchè
non morissero di fame. Nella stessa stagione del 2022 invece, faceva talmente caldo che abbiamo
dovuto dare da bere alle api; l’acqua è fondamentale per loro perchè crea l’umidità giusta all’interno
dell’alveare. Primavere eccezionalmente calde e secche oppure fredde e piovose creano scompenso
in questi insetti perchè il ciclo fisiologico dice loro di partire ma poi quando stanno fuori se c’è
secco non trovano da bere, se fa freddo non trovano da mangiare perche i fiori non sono ancora
sbocciati. Inverni miti portano le api ad essere insolitamente attive quando invece dovrebbero
riposare e facendo così invecchiano e muoiono prima. Si arriva in primavera a non avere abbastanza
api per iniziare la stagione.”
La difficoltà maggiore quindi è che si sta formando uno sfasamento fra calendario astronomico e
metereologico: quello astronomico regola lo scorrere delle stagioni con l’aumentare o il diminuire
delle ore di luce; quello metereologico, con l’andamento ballerino delle temperature, può portare ad
una fioritura anticipata o tardiva sulle piante o nei prati. Da una prima proiezione riguardante la
produzione 2023 in Friuli Venezia Giulia, secondo l’Osservatorio Nazionale Miele, la produzione di
miele d’acacia non è quotabile perchè gli alveari hanno prodotto molto poco o addirittura nulla e
quel poco in alcuni casi non è stato raccolto lasciandolo alle colonie. (Fonte: Osservatorio
Nazionale Miele). Il miele più richiesto a livello mondiale è l’acacia – ci racconta ancora Giuliano –
perché è quello che rimane sempre liquido e ha un gusto neutro. Negli ultimi tre anni, abbiamo
raccolto solamente per due, quindi l’acacia adesso vale come l’oro.” Nonostante tutte queste
difficoltà Giuliano ha trovato però la forza di proporre un’iniziativa positiva e coinvolgente nei
confronti dei suoi clienti per sensibilizzare al problema del cambiamento climatico. L’imprenditore
ha attivato un progetto all’interno del quale le persone possono adottare un alveare; lo scopo di tale
progetto è proprio quello di informare e sensibilizzare le persone sull’ambiente attraverso le api,
dando loro comunicazione mese per mese di tutte le news relative all’alveare da loro adottato.
Le arnie vengono delicatamente richiuse lasciando così riposare gli insetti al loro interno e lasciamo
la tenuta di Giuliano. Una delle peculiarità del Friuli è quella di poter beneficiare di paesaggi fra
loro molto diversi nell’arco di poco meno di 200 Km circa, passando dalle montagne innevate alle
onde del mare; è così che il nostro viaggio ci porta ancora più a sud, a Marano Lagunare, terra di
pescatori. Giungiamo nel piccolo porto del paese dove incontriamo Giuseppe, pescatore da sempre.
Saliamo sulla sua imbarcazione dirigendoci verso la laguna. Il mare è calmo. Dopo una decina di
minuti la barca si avvicina ad un casolare fatto di canna palustre. E’ il tipico Cason, la tradizionale
capanna dei pescatori dove incontriamo Gianni l’amico di Giuseppe anche lui pescatore. Ci sediamo
attorno al fuoco e Gianni ci racconta: “La nostra pesca è fatta di reti che formano delle barriere.
Quando l’alta marea arriva un’intera area viene delimitata in maniera che il pesce sentendosi
imprigionato, durante la bassa marea, va nelle nasse; noi lavoriamo con le maree.” Continua
Giuseppe: “Io mi ricordo, una volta la laguna ghiacciava, si dice che da Marano si poteva andare
camminando fino a Lignano adesso invece non lo fa più. Una volta il pesce andava in mare, poi in
primavera ritornava e invece adesso quasi quasi rimane in laguna. E naturalmente con queste
temperature alte sono cominciati a venire anche pesci strani, granchi strani perchè abbiamo
addirittura questa specie di granchio blu che soprattutto quest’anno ha infestato la laguna.” Il
granchio blu proviene delle coste occidentali dell’Atlantico. Questa specie sbarca in Europa
verosimilmente con le acque di zavorra delle navi, ed il primo avvistamento nella laguna di Marano
risale al 1949. Se fino al 2021 la sua cattura è stata un evento trascurabile, nella stagione 2023 si
assiste ad un incremento demografico importante con una cattura giornaliera procapite anche di un
centinaio di kg. Questa specie viene considerata molto invasiva; si ciba di cozze, vongole, ostriche,
alghe, crostacei, insetti e pesci. La femmina può deporre da 700.000 fino a 8 milioni di uova e si
accoppia in genere una sola volta, dopo l’ultima muta. Questa specie può vivere in ampi intervalli
sia di temperatura che di salinità. (fonte: Arpa FVG e Arpav Sistema Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente) Continua Gianni: “La venuta di queste specie aliene, soprattutto i granchi blu, porta
danno alle imprese di pesca perchè le reti subiscono dei danni e i pescatori devono ripararle,
perdendo cosi una giornata o una nottata di pesca; devono tirare su le reti e tornarsene a casa.” La
nostra chiaccherata è quasi giunta alla fine, la mattinata è trascorsa veloce e fuori la marea sta
calando costringendoci così a salutarci. La barca ci riporta verso terra e il nostro viaggio finisce qui.
Un filo rosso lega queste storie: i cicli dell’ambiente stanno mutando, non sono più quelli di una
volta sui quali costruivamo la nostra quotidianità. Fuoco, Aria, Acqua e Terra, i 4 elementi
fondamentali che secondo gli antichi, dal loro equilibrio dipendeva la vita della specie umana. A che
cosa andremo incontro se l’equilibrio si spezzerà? Quello che conta per la specie umana è capire se
la Vita sarà compatibile con questi cambiamenti ma soprattutto che cosa sarà in grado di fare
l’Umanità per cambiare stile di vita e adattarsi sempre che accetti di farlo? Il nostro modo di vivere
resterà tale oppure dovremo modificarlo?