"Abbiamo completamente fallito il passaggio generazionale"

Categoria: Italia

Celeghin e il piccolo impero del retail: “Noi imprenditori veneti siamo bravissimi a fare il primo miglio, poi ci perdiamo, non sappiamo fare alleanze”

Mario Alberto Marchi 10.11. 2025 alle 10:19 iliformista.it lettura3’

Celeghin e il piccolo impero del retail: “Noi imprenditori veneti siamo bravissimi a fare il primo miglio, poi ci perdiamo, non sappiamo fare alleanze”

«Noi imprenditori veneti siamo bravissimi a fare il primo miglio. Dopo ci perdiamo un po’. Non sappiamo fare alleanze tra colleghi e concorrenti. Abbiamo continuato a dirci che il piccolo è bello. Poi abbiamo completamente fallito il passaggio generazionale». 53 anni, padovano cresciuto in azienda, Fabio Celeghin è a capo di un piccolo impero del retail che dal Veneto si è espanso a tutta Italia, con catene specializzate in prodotti che vanno dalla cura della persona al pet food. Un settore, il retail, che se sfugge al racconto tradizionale della Pmi di territorio, interpreta appieno la “genetica” vocazione veneta al commercio. «I problemi di essere retailer sono purtroppo un pane quotidiano. La questione è fare retailer in un paese come l’Italia che non cresce da ormai anni e che continua a perdere abitanti. Ogni anno perdiamo 250 mila potenziali consumatori e questo gioco forza fa sì che tutto il retail stia soffrendo dal food al discount alle profumerie».

E il Veneto non sfugge a questa dinamica, lo dicono i numeri.

«Sì, Per quanto la nostra regione faccia registrare dati che raccontano una sua capacità di reagire, legata alla sua vocazione di piccola e media impresa, la contrazione dei consumi è un dato di fatto. Se hai problemi a riempire il carrello della spesa essenziale, si ripercuote a maggior ragione sugli altri acquisti».

Servono politiche di sostegno specifiche?

«Partiamo col dire il retail è uno di quei settori che comunque trascinano anche in tempo di crisi, per la sua anticiclicità. Forse per questo, devo dire che sostegni veri, mirati ne sono arrivati ben pochi. Non siamo l’industria, non siamo le manifatture, non facciamo export, perciò in termini di attenzione siamo sempre l’ultima nuota del carro».

Ma una regione, un’istituzione regionale, cosa può per questo tipo d’impresa?

«Non cosa può, ma cosa deve. Deve lavorare sui giovani, nel senso che uno dei nostri punti deboli è avere giovani formati. E quando dico giovani formati, intendo giovani che escano dal sistema di istruzione, ma che abbiano un piccolo bagaglio di esperienza che per noi è indispensabile. i giovani escono dalla scuola e sono sbattuti direttamente nel mondo del lavoro o all’università senza aver un percorso di contatto progressivo. E sarebbe nelle competenze della Regione agire in questo senso, non solo finanziare, ma strutturare formazione».

Poi c’è il tema urgente dell’innovazione. Che è trasversale rispetto ai modelli d’impresa.

«Sì e senza tanti timori dobbiamo dirci che adesso il tema è l’intelligenza artificiale, anche nel nostro settore. Sarà l’innovazione più grande e rivoluzionaria dopo internet. inutile pensare che ci siano settori immuni e chi se ne illude si condanna ad un ulteriore svantaggio.

Anche qui, la Regione deve formare, non solo i giovani, ma anche gli stessi imprenditori, dare competenze per governarla e per non farsi governare. È un lavoro urgente da fare con gli imprenditori della mia generazione».

Normalmente quando si parla di economia reale si parla di quella parte dell’impresa che produce qualcosa di tangibile, di consumo. Forse sui settori della distribuzione e della vendita c’è una certa resistenza, diciamo culturale…

«Guardi, a livello nazionale dobbiamo tornare alla legge Tremonti per trovare qualcosa. È invece un settore dove bisogna investire, perché una azienda che fa retail e se ogni anno non apre nuovi punti vendita è una struttura destinata a chiudere. La rete è come un organismo vivente. In veneto, poi viviamo un malinteso generale. siamo grandi sul nostro territorio, ma siamo piccoli rispetto all’esterno».

Quindi ci vorrebbero anche a livello regionale investimenti per la competitività?

«È l’imprenditore che fa le scelte, però io cito sempre un bel libro che si intitola” Se Steve Jobs fosse nato a Napoli,” dove si evidenzia bene che tu puoi fare l’impresa ma se non hai un sistema istituzionale non sarai mai davvero competitivo».

Ci sarebbe il sistema delle start up, anche in Veneto, come motore di innovazione e competitività…

«Sicuramente sì, ma le start-up in questo settore saranno tutte basate sull’intelligenza artificiale: analisi dei costi, simulazione sulle vendite, dei budget, su queste cose una regione può fare molto. Deve destinare budget importanti. Ma attenzione: non basta fare bandi se poi vanno deserti o non hanno la capienza adeguata».

Mario Alberto Marchi