scelto un modello di società che ha impoverito le relazioni affettive e che ha isolato i ragazzi
Mariangela Padalino 21.11. 2025 alle 18:20 ilriformista.it lettura3’
Non basta indignarsi: è il momento di coinvolgere scuole, istituzioni, genitori, servizi sanitari e parrocchie.
Il disagio giovanile non è un episodio isolato ma è un’emergenza. È un fenomeno complesso, che va dalla delinquenza minorile all’isolamento psicologico, dall’abuso di sostanze alla dipendenza dai social, fino a una crescente fragilità emotiva. Per comprenderne il peso, partiamo dai numeri.
Secondo l’Atlante dell’Infanzia a rischio di Save the Children, gli adolescenti italiani sono poco più di 4 milioni, appena il 6,8% della popolazione: spesso figli unici, spesso in famiglie monogenitoriali o fragili, troppo spesso a rischio povertà. L’uso di droghe e alcol tra gli under 25 è in aumento, non come trasgressione ma come anestesia emotiva. L’assunzione di psicofarmaci tra i minori è più che raddoppiata dal 2016 al 2024. La dimensione “onlife” – dove reale e virtuale si sovrappongono – ha aggravato tutto: il 41,8% dei 15-19enni chiede aiuto all’IA nei momenti di tristezza o ansia, e il 63,5% la considera più soddisfacente del confronto con una persona reale.
La delinquenza minorile a Milano cresce enormemente in violenza: oltre la metà dei ragazzi denunciati nel biennio 2022-23 aveva commesso il primo reato prima dei 15 anni e il 71,5% dei reati giovanili avviene in gruppo. E il fenomeno è in forte aumento. Lo conferma l’accoltellamento nella movida di Corso Como, finito sulle prime pagine dei giornali: un 22enne, studente della Bocconi, è stato deriso, picchiato e infine accoltellato da un branco di cinque giovani, tre minorenni e due 18enni senza alcuna empatia. Le intercettazioni fanno rabbrividire: gli aggressori si sarebbero vantati, parlando di “fargli staccare i cavi” perché “non parlasse più”.
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Questo è un segnale della violenza socio-giovanile e che esplode soprattutto nelle zone della movida milanese, dove alcol, assenza di controlli e senso di impunità creano un terreno pericoloso, una “terra di nessuno”. Lo dimostra anche l’aggressione di una baby gang all’Arco della Pace lo scorso febbraio: alcuni 15enni sono stati accerchiati e pestati da una ventina di ragazzi più grandi. Uno di loro ha riportato un’emorragia cerebrale non ancora del tutto risolta. Le famiglie hanno scritto al sindaco, alla Giunta e ai consiglieri, ma dalle istituzioni è arrivato solo il mio riscontro e aiuto. E quando un sindaco e la sua Giunta diventano sordi alle grida di dolore dei cittadini è gravissimo. Da quell’episodio è nata un’associazione di quei genitori che si sono impegnati nella sensibilizzazione, e come Noi Moderati ho presentato una mozione – sostenuta da una petizione popolare – per presidi notturni nella movida: quattro pattuglie fisse della Polizia Locale dalle 20 alle 4 in punti critici come Corso Como, Arco della Pace, Porta Venezia/Melzo, Isola Garibaldi. È lì che avviene la maggior parte degli episodi più gravi. Questi sono solo alcuni esempi e non si tratta di semplici risse o bravate, ma del segnale di un forte e crescente disagio giovanile che sfocia nella violenza perché la mancanza di presidio, il vuoto di regole, punizioni non certe e l’abbandono della comunità alimentano il branco giovanile e la devianza.
Se i bar chiudono troppo tardi, se i giovani bevono troppo e sono armati e se nelle ore notturne mancano i controlli, alcune zone diventano “terra di nessuno”. Non basta indignarsi sui giornali o sui social: serve un’azione concreta e immediata di tutti, anche dei cittadini che spesso fingono di non vedere. Servono presidi, regole, una scuola diversa, la presenza delle istituzioni, il coinvolgimento dei genitori, dei servizi sanitari fino alle parrocchie. Servono prevenzione, fiducia, comunità e punizioni.
Dove abbiamo sbagliato? È la domanda che molti genitori mi pongono. Forse abbiamo scelto – consapevolmente o meno – un modello culturale e di società che ha lasciato troppo spazio alla solitudine e troppo poco alla comunità; che ci ha arricchiti economicamente ma ci ha impoverito di relazioni affettive, che ha moltiplicato le opportunità ma ridotto la resilienza. Ai giovani abbiamo dato benessere materiale senza strumenti emotivi, protezione senza frustrazione, connessione senza vere relazioni. Non sorprende che fatichino a reggere la pressione di un mondo competitivo, precario e troppo veloce.
Mariangela Padalino
Autore
Capogruppo di Noi Moderati in Consiglio Comunale a Milano