Elezioni Politiche 2027, la «proiezione»: con il sistema elettorale attuale partita

Categoria: Italia

aperta e rischio pareggio. L'analisi dell'Istituto Cattaneo.

26.11.2025 di Renato Benedetto Corriere Sera Roma lett3’

L'analisi dell'Istituto Cattaneo. Opinio Rai: voti da destra per Decaro e Fico. Decisivi per rompere l’equilibrio tra i due schieramenti i seggi dei collegi uninominali

Elezioni Politiche 2027, la «proiezione»: con il sistema elettorale attuale partita aperta e rischio pareggio

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Adesso che le Regionali sono concluse, la partita è aperta. È il dato principale che emerge da queste elezioni autunnali, ultimo grande turno amministrativo prima delle Politiche 2027. «La dimostrata possibilità di far confluire i voti dei partiti del centrosinistra allargato su candidati comuni (cosa non scontata), soprattutto nel Sud, riapre la competizione a livello nazionale», si legge nell’analisi post voto dell’Istituto Cattaneo. Che però invita alla cautela chi già parla di vittoria: «Il governo Meloni non “è stato battuto”», anzi, «il centrodestra continua ad avere buone possibilità di rivincere alle elezioni politiche».

L’analisi parte da queste Regionali, ma considera anche le altre per cui si è votato dal 2023. Sulla base dei risultati, il Cattaneo stima cosa potrebbe accadere alle elezioni politiche nazionali, se il sistema di voto per la Camera restasse lo stesso. Partita aperta, appunto. Con il rischio pareggio, o maggioranza risicata, dietro l’angolo.

26 nov 2025

Centrodestra e centrosinistra «largo» sarebbero testa a testa nella parte proporzionale. Il risultato, se si votasse con il Rosatellum, sarebbe «determinato quasi completamente dai seggi ottenuti nei collegi uninominali». Dove nel 2022 il centrodestra, unito, ha stravinto contro un centrosinistra che si divideva in tre (con 5 Stelle e Terzo polo in solitaria): allora ottenne 98 seggi in più. Adesso il vantaggio sarebbe ridotto ad appena 34 seggi, con la possibilità che cali ulteriormente — in Sicilia, Sardegna e Calabria sono tante le situazioni in bilico — o sia addirittura ribaltato.

Si capisce allora il dibattito che accompagna la riapertura del cantiere della legge elettorale. L’interrogativo, spiega Salvatore Vassallo, che firma l’analisi, è «se sia preferibile un esito potenzialmente indeterminato, con la formazione di governi sostenuti da un’esile maggioranza o addirittura da intese tra partiti di entrambe le coalizioni»; oppure un sistema sul modello delle Regionali, che adesso «ha consentito alle coalizioni di celebrare vittorie e sconfitte nette».

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La mappa

Quella che emerge dall’analisi del voto, dopo l’ultima tornata elettorale, è la mappa di un’Italia divisa in due, tra destra e sinistra, o meglio in cinque: «Con il Nord e il Centro al centrodestra; la zona rossa (Toscana ed Emilia-Romagna) e le grandi regioni del Sud al centrosinistra; con Sicilia, Calabria e Sardegna come “campo di battaglia”».

Per il resto, dall’analisi dei flussi, il Cattaneo disegna un quadro di sostanziale equilibrio: si è affievolita la tendenza dell’elettorato 5 Stelle a restare a casa se il candidato non è il suo; ed è stata confermata, invece, l’abitudine dell’elettore del fu Terzo polo a dividersi tra centrosinistra, centrodestra e astensione.

I flussi

Secondo il Consorzio Opinio Italia, circa il 30% degli elettori che alle Europee votarono per il centrodestra in Puglia ha ora scelto Decaro. In Campania, la percentuale si ferma appena sotto il 20%. In queste due regioni il Pd è primo partito.

Zaia da record

In Veneto il primo posto invece è della Lega, che quasi doppia FdI, prendendosi la rivincita rispetto alle Europee. A trainare la lista è Luca Zaia: quello di mister duecentomila preferenze (203.054, a essere precisi) è il record di tutti i tempi per un’elezione regionale. Zaia scalza Alfredo Vito, che 40 anni fa, con la Dc, ne prese 121 mila in Campania. Qui — sottolinea YouTrend — i 5 Stelle ottengono il loro miglior risultato in coalizione (9,9%), quello peggiore (2,2%) è in Veneto. «Decaro e Fico prevalgono sugli sfidanti di centrodestra in tutti i capoluoghi di provincia — evidenzia l’istituto diretto da Lorenzo Pregliasco — mentre Stefani si afferma in cinque su sette: a Padova e Venezia prevale, di poco, Manildo».