L’appello degli intellettuali contro la proposta di Delrio sull’antisemitismo riapre la stagione dimenticata dei socialfascisti,
Mario Lavia 6-12-2025 linkiesta.it lettur a2’
L’appello degli intellettuali contro la proposta di Delrio sull’antisemitismo riapre la stagione dimenticata dei socialfascisti, in vista dell’Assemblea Nazionale del Pd. Tra paragoni improbabili con le università americane e un Medio Oriente che lacera il partito, Schlein resta in silenzio
«Trumpiani». Eccolo, l’ultimo anatema contro i riformisti del Partito democratico. Riecheggia molto l’accusa di socialfascismo che i comunisti della Terza Internazionale scagliavano contro chi osava non seguire il verbo del Cremlino: socialisti, soprattutto. Donald Trump schiaccia il pluralismo nelle università americane? E similmente il povero Graziano Delrio vuole fare lo stesso con chi critica Israele. Questo l’anatema dietro il teorema, anzi, l’equazione trumpismo-riformismo.
La caccia ai deviazionisti è partita: una liturgia antica, che nel centrosinistra ritorna ciclicamente quando il dissenso interno viene percepito come minaccia esistenziale.
Ieri è scesa in campo la cavalleria degli intellò, e al massimo livello. Roberto Saviano, Anna Foa, Carlo Ginzburg, Gad Lerner, Stefano Levi Della Torre, Helena Janeczek, Valentina Pisanty.
Grossi calibri che hanno fatto un appello contro la proposta di legge Delrio per contrastare il dilagante rigurgito di antisemitismo: «Queste iniziative legislative da un lato banalizzano l’antisemitismo, dall’altro, come si è visto anche nella recente offensiva del governo Trump contro le principali università americane, usano la lotta all’antisemitismo come strumento politico per limitare la libertà del dibattito pubblico, della ricerca e della critica legittima a Israele, che da anni porta avanti politiche violente, autoritarie e perfino genocidarie contro i palestinesi».
Fuori da questa squadra non è mancata la voce Francesca Albanese, che ha giochicchiato con sillogismi insensati: «Gravissimo il ddl del Pd: punisce la critica alle politiche dello Stato d’Israele senza contrastare il vero antisemitismo. La libertà d’espressione, per cui qualcuno oggi si spertica, si uccide anche così: con la censura, non solo con graffiti e letame nella sede di un giornale», cioè il famoso «monito» contro i giornalisti della Stampa espresso con l’assalto squadristico a Torino.
Ma la rapporteur in definitiva c’entra poco con la discussione nel Pd. Osserva Piero Fassino: «Stupisce che paventi rischi, peraltro infondati, chi in questi anni non ha mai detto una parola verso atti e parole con cui ogni giorno si è trasformata la legittima e giusta critica al governo Netanyahu in una colpevolizzazione dell’intera società israeliana e ancor peggio di ogni ebreo, ovunque viva nel mondo, considerandolo complice per il solo fatto di avere una identità ebraica».
L’impressione è che il merito della questione sia solo il detonatore del contrasto che nel partito domina su quasi tutto, soprattutto sulle questioni internazionali, dal Medio Oriente all’Ucraina. A questo proposito vedremo che dirà Elly Schlein in Parlamento la settimana prossima, nel dibattito sulle comunicazioni di Giorgia Meloni alla vigilia del Consiglio europeo sulla ormai dichiarata guerra di Donald Trump all’Europa – che prelude, come ha detto esplicitamente Emmanuel Macron, a un «tradimento» di Kyjiv da parte dell’uomo nero della Casa Bianca.
E sarebbe interessante sapere se lei (che stranamente non ha parlato di questo nell’intervista a Enrico Mentana giovedì sera) la pensa come Saviano. Pare di sì, visto che Francesco Boccia critica l’articolo 1 che individua come «definizione operativa» di antisemitismo quella approvata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (International Holocaust Remembrance Alliance – Ihra).
Un documento fatto proprio dal governo Conte due, nel quale sedevano Boccia, Peppe Provenzano, Dario Franceschini, cioè i montepulcianesi che sostengono la segretaria e che stanno preparando lo “Schlein Day”, l’Assemblea Nazionale del Partito democratico del 14, in un clima di combattimento contro la minoranza dove forse brusii e fischi sono nel conto.