“Se non passa l’Italicum, tutti casa”, dice il premier. Un obiettivo che sta a cuore a oltre 600 deputati e senatori in carica (413 solo a Montecitorio) che non hanno maturato 5 anni di permanenza a Palazzo,
necessari per riscuotere l'assegno pensionistico. Una parte di loro è schierata contro la riforma. Ma che potrebbe ripensarci. Pur di conquistare l'ambito privilegio
Come un orologio. Trema il governo, parte il ricatto. E con i parlamentari sotto pressione, la minaccia: se l’esecutivo cade, addio vitalizio. Già, proprio come era già successo alla fine del 2010 quando per assicurarsi i voti necessari alla sua sopravvivenza, l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aprì la grande caccia nel centrosinistra assicurandosi i voti di trasfughi come Antonio Razzi, interessatissimo a prolungare la legislatura per assicurarsi la pensione parlamentare. Adesso c’è l’Italicum da varare e pur di garantirsi i numeri per l’approvazione, il premier Matteo Renzi sembra riprovarci: se la legge elettorale non passa, addio Pd ma anche crisi inevitabile della legislatura, ha fatto sapere. Con la sottintesa minaccia agli eletti riottosi: tornerete a casa senza aver maturato i cinque anni necessari a riscuotere l’assegno pensionistico.
ANNI D’ORO – E già, il “Se non passa l’Italicum, tutti casa” dell’ex sindaco di Firenze non è solo uno schiaffo ai poteri costituzionali del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’unico titolato a sciogliere le Camere. Ma anche a quella grande massa di parlamentari che con la fine anticipata della legislatura non maturerebbero il diritto alla pensione. E non si tratta di pochi casi isolati, ma di una massa di voti rilevantissima che in nome del vitalizio finisce per costituire con oltre 600 eletti tra deputati e senatori il partito più forte tra quelli presenti a Montecitorio e Palazzo Madama. Con nomi anche importanti nelle sue file. Nell’elenco ci sono infatti pure alcuni tra i più fieri oppositori interni di Renzi nel Partito democratico e fieri nemici del nuovo marchingegno elettorale, come Alfredo D’Attorre, braccio destro di Pier Luigi Bersani; Pippo Civati, primo rivale dem di Renzi, e Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia. Non solo. Anche fuori dal Pd ci sono nomi di oppositori noti dell’Italicun che dovranno rinunciare al privilegio in caso di fine anticipata della legislatura, come i deputati di Sel Nicola Fratoianni, delfino di Nichi Vendola: e il sindacalista Giorgio Airaudo. Senza dimenticare il Movimento 5 Stelle, che addirittura vanta il 100% di debuttanti, dunque tutti bisognosi di tagliare il traguardo dei cinque anni. Per carità, non sarà certo il miraggio della pensione a far ricredere gli oppositori di Renzi e del suo Italicum. Ma è un fatto che tra i corridoi di Montecitorio e di Palazzo Madama lo spettro del grande salto di Antonio Razzi viene rievocato con crescente frequenza.
ASSEGNO IN CIFRE – Ma come si matura il diritto al vitalizio? I parlamentari eletti nella XVII legislatura, quella in corso, sono i primi ai quali vengono applicate integralmente le norme entrate in vigore dall’1 gennaio 2012. Approvate per equiparare il trattamento pensionistico di deputati e senatori a quello riservato ai comuni lavoratori, hanno segnato il superamento del vecchio sistema dei vitalizi con il passaggio al sistema di calcolo contributivo. Tre i requisiti necessari per conseguire il diritto alla pensione: essere cessati dall’incarico, aver compiuto 65 anni e aver esercitato almeno 5 anni effettivi di mandato. Il limite d’età può scendere fino a 60 anni, diminuendo di un anno per ogni ulteriore anno di mandato svolto. Il nuovo sistema, quindi, si basa sui contributi effettivamente versati. Un deputato è assoggettato d’ufficio a un contributo pari all’8,8% dell’indennità parlamentare lorda (10.435 euro alla Camera). Ogni mese, quindi, il contributo obbligatorio versato per il trattamento previdenziale è di poco superiore ai 900 euro. Con cinque anni di mandato alle spalle, un deputato eletto a 30 nella legislatura in corso maturerà a 65 una pensione lorda di 1.583 euro, mentre per uno eletto a 50 anni scenderà a 1.263 euro.
CAMERA APERTA – Queste le regole, ma torniamo al duro scontro in corso alla Camera. Pallottoliere alla mano, per l’approvazione dell’Italicum a Montecitorio (maggioranza necessaria 316) a Renzi potrebbero servire tra i 10 e i 15 voti extra, nel caso in cui gli venisse a mancare il sostegno degli 80 deputati della minoranza Pd teoricamente schierati contro la nuova legge elettorale. In Transatlantico si è già parlato del possibile soccorso offerto al premier dal drappello verdiniano (una quindicina di parlamentari circa), ma le trattative possono riguardare anche i numeri di quegli onorevoli che pensano al solo tornaconto personale. E tra questi, con la storia del vitalizio, davanti a Renzi si potrebbe aprire un’autentica prateria. Alla Camera ci sono infatti 413 deputati con meno di 5 anni di legislatura (al Senato di casi se ne contano 199). Il gruppo più consistente di costoro si trova proprio all’interno del Pd con 204 eletti bisognosi di completare il quinquennio. Nel Movimento 5 Stelle, tutti neofiti, sono 91 i deputati che necessitano di tagliare il traguardo del 2018; all’interno di Sel sono invece 26; in Forza Italia se ne contano 14. Ma l’attenzione generale si concentra anche sui parlamentari del Gruppo Misto (29) e di Per l’Italia: 11 in tutto. Gente dalle ferme convinzioni politiche, per carità, ma pur sempre con qualche interesse a maturare il diritto a riscuotere l’assegno pensionistico.
Twitter: @SteI @leavendramel, Fatto Q. 29.4.2015