Il sadismo renziano sull’Italicum svela l’assenza di un’opposizione che funziona

Categoria: Italia

La scelta tosta e spericolata di Renzi di porre la fiducia su una materia delicata come la legge elettorale, più che una prova di forza va definita per quello che è: una forma di sadismo estremo applicato in modo spietato sul fragile corpo delle opposizioni.

di Claudio Cerasa | 29 Aprile 2015 ore 06:18 Foglio

Il presidente del Consiglio ha ammesso la forzatura (Bersani, Speranza e compagnia non voteranno la fiducia, dovrebbero uscire dall’Aula) e di fronte alle forme creative di dissenso messe in campo dagli avversari (fascista, golpe) ha scelto di mettere in ballo la sua permanenza a Palazzo Chigi facendo un ragionamento di questo tipo: l’esistenza di questo governo è legata alle riforme istituzionali, la più importante di queste riforme è l’Italicum e chi non vuole questa riforma vuol dire che non vuole il mio governo ed è libero di mandarmi a casa. E’ un gioco sadico, quello di Renzi, perché il segretario sa che la ferita provocata dallo schiaffone sull’Italicum (i numeri per approvare la legge ci sono) verrà rimarginata dal bagno di consenso che il Pd otterrà alle regionali. Ma è un gioco sadico soprattutto perché, essendo la forza del governo un riflesso diretto della debolezza degli avversari, la fiducia sarà utile per ricordare che la coalizione Brunetta-Bindi-Passera-De Monticelli-Prodi-Landini-Salvini non è sufficientemente organizzata per rappresentare un’alternativa al governo Leopolda. Dal punto di vista tattico ha un suo senso che l’opposizione utilizzi la forzatura renziana per sottolineare la presenza di un leader che utilizza armi non convenzionali per schiacciare i suoi avversari.

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 Ma quando i nemici di Renzi dicono che il dramma con cui si ritroverà a fare i conti il nostro paese sarà quello di avere una democrazia senza contrappesi sufficienti a bilanciare il potere dell’uomo solo al comando (aiuto, moriremo tutti) si sorvola sul fatto che in tutte le grandi democrazie il principale contrappeso alla presenza di una posizione dominante è il ruolo delle opposizioni. Laddove c’è un’opposizione forte, strutturata, credibile, capace di muoversi con la logica dell’essere “un governo in attesa”, le democrazie funzionano bene. Laddove c’è invece un’opposizione caciarona, contraddittoria e credibile a giorni alterni (Forza Italia che scrive l’Italicum e poi non lo vota; la minoranza del Pd che non riesce a rivendicare i suoi successi sulla modifica della legge) i contrappesi vengono meno. E in quel caso sì che chi ha una posizione dominante rischia di abusarne. In paesi come l’Inghilterra, patria del governo parlamentare, dove il capo dello stato ha un valore simbolico, dove non esiste una Corte costituzionale, dove non ci sono referendum abrogativi, dove i magistrati sono funzionari del governo, la democrazia funziona perché l’opposizione si muove ragionando con la logica che oggi non si governa ma domani mattina magari sì. E’ un concetto chiaro. E dovrebbe essere chiaro in un paese come il nostro, in cui appena quattro anni fa un capo dello stato, di fronte al fallimento di un governo, decise di sospendere la democrazia pur di non mettere il paese nelle mani di un’alternativa che sarebbe stata peggio del governo appena crollato (do you remember Vasto’s picture?).

La democrazia viene sospesa quando le opposizioni non funzionano e non rappresentano un’opzione. E prima di ragionare sul potere che verrebbe attribuito al partito che vincerà le elezioni con l’Italicum (sistema che dà alla lista vincente 24 deputati di maggioranza, e in pratica basterebbe un Fitto per far cadere il governo) bisognerebbe pensare se il problema della democrazia non sia in realtà la terribile e sconsolante assenza di un’alternativa vera al governo Bindi-Passera-De Monticelli.