Letta e Prodi tornati senza lasciare segno

Categoria: Italia

Letta e Prodi, con il loro libretto sotto le ascelle, sono arrivati quando Forte Apache era già stato conquistato .Non avrebbero potuto far niente anche se fossero arrivati prima. Ma, almeno, avrebbero potuto essere disarcionati in una dimensione eroica e non avrebbero dimostrato, com'è successo, la loro totale inutilità politica. Avanti un altro, please.

 di Pierluigi Magnaschi  Italia Oggi 1.5.2015

All'approvazione della legge elettorale proposta (e sostenuta) da Matteo Renzi, questo numero di ItaliaOggi dedica molti interventi chiarificatori e anche, com'è nostro costume ed essendo la materia controversa, di varia ispirazione e orientamento. Come ben spiega Francesco Rutelli nell'intervista che gli ha fatto Domenico Cacopardo (a pag. 7) le leggi elettorali non sono dei diluvi universali (come troppi, anche in queste settimane, hanno voluto far credere per loro ragioni di bottega) ma sono solo degli episodi fisiologici di vivace confronto politico. Non a caso, in questi ultimi vent'anni, di riforme elettorali ne sono state fatte tre e, per paradossale che possa essere, esse hanno tutte dato un esito che era l'esatto opposto rispetto alle aspettative di coloro che le avevano proposte. Basterà ricordare, a questo proposito, anche la vicenda del presidente della repubblica francese Jacques Chirac che fece approvare una legge elettorale cucita su misura per le sue esigenze, poi si dimise e alle successive elezioni presidenziali anticipate, in occasione delle quali riteneva di essere plebiscitato dai francesi, venne bocciato dagli elettori transalpini.

L'approvazione della legge elettorale voluta da Renzi rappresenta (molto prima e molto più dei suoi futuri effetti sulle urne) uno snodo politico importantissimo. Il cataclisma che non era avvenuto un quarto di secolo fa in Italia, a seguito della caduta del Muro di Berlino, si è verificato adesso. Con il pretesto della nuova legge elettorale, viene infatti mandata a casa la classe dirigente comunista che era sopravvissuta all'evento-verità del crollo del Muro di Berlino e che invece, fino alla comparsa di Renzi, era riuscita a tenere in mano questo grande partito variamente denominato (Pci, Pds, Ds, Pd) ma che, nella sostanza, continuava a essere guidato dalla classe politica comunista che si era formata alla scuola del Pci delle Frattocchie. Tant'è che, proprio questa settimana, Massimo D'Alema, nello sfotticchiare Walter Veltroni che, a suo tempo, aveva dichiarato di non essere mai stato comunista ha ribadito (nel 2015!) al Fatto quotidiano non solo di essere stato comunista ma di essere anche orgoglioso di esserlo stato (quindi, in sostanza, di esserlo ancora oggi).

Mentre si compiva questo cataclisma politico (interpretato però da delle comparse) sono arrivati in aiuto dell'imbarazzante e ormai arenato corpaccione delle Frattocchie due personaggi politici che, pur non essendo mai stati comunisti, e pur avendo un'età molto diversa, hanno entrambi fatto il loro tempo. Anche se nessuno dei due se ne è accorto, purtroppo. Sono due ex premier: Enrico Letta e Romano Prodi. Entrambi si erano appoggiati, per questa loro rentrèe, su un libro. In Italia, i politici che vogliono fare il giro delle sette chiese telematiche, scrivono un libro, presto destinato all'oblio, e poi ne approfittano per esibirsi nei vari ambienti. Ricorrono a questi mezzucci per dire che ci sono ancora. E che, freschi come un tempo, sono pronti a dar battaglia.

Purtroppo, Letta e Prodi, con il loro libro sotto le ascelle, sono comparsi fuori tempo massimo. L'euforica respirazione bocca a bocca praticata a Enrico Letta, a Che tempo che fa, dal sempreverde intervistatore di regime, Fabio Fazio, ha dimostrato che il tempo dell'ex fugace primo ministro è finito per sempre. È scomparso cioè il tempo del grazioso minuetto politico, fatto di misurati passi avanti e indietro (avanti lei, ci mancherebbe; si figuri, ci mancherebbe altro), basato sul permanente rinvio di tutto, sulle belle maniere (come se la vita di un Paese fosse un ballo di gala) e sulle risse mimate tra finti avversari politici come negli scontri di catch wrestling che si vedono sulle tv scalcagnate nello ore piccole. Se in una lotta, una parte non lotta, vincono sempre i poteri costituiti che però, alla fine, ecco la verità nella stagione della mondializzazione, finiscono per essere, a loro volta, ghermiti dai concorrenti più forti che spesso vivono fuori dai nostri confini e che, della lotta, come nei veri sport, hanno fatto una ragione di vita.

Letta e Prodi, con il loro libretto sotto le ascelle, sono arrivati quando Forte Apache era già stato conquistato e dalle macerie stavano alzandosi solo esili cortine di fumo. Non avrebbero potuto far niente anche se fossero arrivati prima. Ma, almeno, avrebbero potuto essere disarcionati in una dimensione eroica e non avrebbero dimostrato, com'è successo, la loro totale inutilità politica. Avanti un altro, please.

Pierluigi Magnaschi