Numeri al centro. Cari Poletti e Boeri, uniamoci per diradare i dubbi sul lavoro

 l’attenzione mediatica per i dati sull’occupazione, già forte per il prolungarsi della crisi, è ancora aumentata negli ultimi mesi sui possibili effetti della decontribuzione e della nuova normativa sui contratti

di Giorgio Alleva | 10 Maggio 2015 Foglio

Al direttore -  Il redazionale del Foglio “La verità, vi prego, sul lavoro” ben rappresenta la fase attuale d’incertezza sull’andamento dell’occupazione, ma contiene anche qualche imprecisione in parte dovuta alla “novità” dei dati mensili sulle comunicazioni obbligatorie delle imprese (Cob), pubblicate dal ministero del Lavoro. Di certo, l’attenzione mediatica per i dati sull’occupazione, già forte per il prolungarsi della crisi, è ancora aumentata negli ultimi mesi sui possibili effetti della decontribuzione e della nuova normativa sui contratti. Se le stime provvisorie dell’Istat sui primi tre mesi dell’anno indicano una flessione dell’occupazione, dopo il recupero della seconda metà del 2014, altri indicatori offrono spunti più positivi: a febbraio, le ore lavorate per dipendente, il tiraggio della Cassa integrazione guadagni, il fatturato estero delle imprese; a marzo le esportazioni extra europee e, fino ad aprile, le attese delle imprese sull’occupazione. Nel complesso, la ripresa appare ancora non consolidata e le innovazioni normative troppo recenti per incidere sull’occupazione. Un po’ di pazienza è necessaria: la stima preliminare del pil del primo trimestre sarà pubblicata il 13 maggio e quelle definitive sull’occupazione il 3 giugno prossimo.

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 Se l’eguaglianza trasuda invidia I dati positivi sui flussi di marzo delle Cob, rilasciati dal ministero del Lavoro, non sono però interpretabili direttamente in termini di occupazione né possono essere giustapposti a quelli Istat sulle forze di lavoro, perché sostanzialmente diversi per oggetto, oltre che per la copertura. Diversamente da quanto indicato nell’articolo, infatti, le Cob non si riferiscono alle persone ma ai contratti attivati, cessati o trasformati relativi al solo lavoro dipendente e parasubordinato, escludendo Pa, lavoro domestico e contratti di somministrazione, e il lavoro in nero e quello autonomo. Poiché le persone possono avere più di un contratto, anche a tempo indeterminato, i saldi tra attivazioni e cessazioni (che riguardano contratti diversi e con durate differenti) non sono traducibili in incrementi o decrementi dell’occupazione neppure nell’ambito di osservazione delle Cob stesse. Le quali, d’altra parte, offrono informazioni preziose sui tipi di contratto di lavoro, la loro durata, i motivi delle cessazioni, le qualifiche, le attività economiche delle imprese coinvolte. Si tratta di informazioni che, se sfruttate adeguatamente e integrate con le altre in possesso dell’Istat e dell’Inps, permetterebbero di analizzare compiutamente la domanda di lavoro, di andare oltre il lavoro dipendente e parasubordinato, di descrivere le storie lavorative delle persone e accrescere il valore aggiunto delle indagini con elaborazioni più ricche dal punto di vista informativo.

Quest’attività andrebbe realizzata insieme dai titolari delle diverse fonti sul mercato del lavoro: l’Istat, il ministero del lavoro, l’Inps, l’Inail con il coinvolgimento del Miur per connettere le storie lavorative con quelle formative delle persone e analizzare le transizioni tra sistema educativo e mercato del lavoro. D’altra parte, l’integrazione delle fonti disponibili sul lavoro è prevista da tempo nel Programma statistico nazionale, ma finora è stata ostacolata dalla mancanza di una visione di sistema e da logiche proprietarie sui dati. Come presidente dell’Istat intendo esercitare fino in fondo il ruolo per promuovere la realizzazione di questo progetto al più presto, e ne ho già parlato col ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e col presidente dell’Inps, Tito Boeri. Collegare i dati sugli individui con quelli sulle imprese fa parte di un programma ambizioso di modernizzazione dei processi di produzione dell’informazione già avviato dall’Istat, finalizzato alla costruzione di un sistema di registri statistici che sfrutti appieno le fonti disponibili – statistiche, amministrative e, in misura crescente, i digital footprints. Si tratta insomma di mettere in valore il patrimonio informativo del paese e di rispondere in modo multidimensionale e coerente alle domande di cittadini, imprese e istituzioni.

Giorgio Alleva, Presidente dell’Istituto nazionale di statistica

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