È un delitto contro la povera gente far insegnare inglese a chi non lo sa

Categoria: Italia

Oggi la scuola pubblica, per come è stata concepita e per come viene organizzata, non elimina (o anche solo non riduce) le disuguaglianze sociali, ma le fa crescere

 di Pierluigi Magnaschi   Italia Oggi, 22.5.2015

Oggi la scuola pubblica, per come è stata concepita e per come viene organizzata, non elimina (o anche solo non riduce) le disuguaglianze sociali, ma le fa crescere. È un fatto evidente, che ogni giorno sta sotto gli occhi di tutti. Anche se nessuno ne parla: né i politici (che sono in tutt'altre faccende affaccendati; come, per esempio, lottare gli uni contro gli altri, anche nell'ambito dello stesso partito), né i sindacati (che non sono interessati a far crescere le conoscenze degli scolari/studenti meno favoriti, ma solo a sistemare comunque gli insegnanti loro iscritti, anche i meno qualificati), né i grandi media (visto che i figli dei proprietari o dei direttori non hanno bisogno della scuola pubblica per far crescere i loro figli, almeno da perfetti bilingui).

Il test più evidente, ma non certo il solo, per dimostrare che la scuola, in barba alla Costituzione più bella del mondo, non colma i fossati sociali, è rappresentato dal non apprendimento di massa della lingua inglese. Chi oggi entra alle elementari, si metterà sul mercato del lavoro dal 2030 in poi. Già oggi, ma nel 2030 sarà sicurissimo, chi non sa l'inglese (oltre all'italiano) sarà un nuovo analfabeta, perché sarà tagliato fuori da un mercato del lavoro dove l'inglese sarà la lingua di scambio inevitabile in un'Europa sempre più integrata ma che continuerà a parlare 28 idiomi nazionali (che nessuno vuole o potrà soppiantare ma che tuttavia nessuno può permettersi di apprendere tutti).

Di solito, quando non si fanno le riforme, si dice che non ci sono i soldi. Ma per far apprendere l'inglese agli studenti italiani i soldi ci sono. Solo che essi, troppo spesso, sono utilizzati per pagare del personale insegnante che non è in grado di insegnare l'inglese, per il semplice fatto che non lo conosce (anche se ciò parrebbe assurdo). E non lo conosce perché, chi dovrebbe battersi a favore dell'interesse degli allievi (e questo «chi» dovrebbe essere il ministero della pubblica istruzione) si è battuto invece a favore degli insegnati impreparati, lasciandosi travolgere, per quieto vivere, dalle richieste dei sindacati degli insegnanti, che, troppo spesso, non sono interessati alla formazione degli studenti ma alla sistemazione degli insegnanti da esso rappresentati.

E pensare che, mentre per esaminare un professore di matematica, o di italiano, o di greco sono necessari esami complessi; per accertare se un insegnante di inglese sappia l'inglese basta chiedere a questo il conseguimento del Certificato Proficiency dell'Università di Cambridge, oppure lo si può sottoporre a un test via computer (ce ne sono di eccellenti). Il fatto è che i sindacati impedirebbero una verifica di questo genere (e sinora ci sono sempre riusciti a bloccarle). Per cui, per esempio, tanto per non stare nel vago, sono stati trasformati in docenti di inglese (ego te baptizo) quasi tutti i maestri elementari riconvertiti a questa funzione, dopo che essi avevano frequentato un corso di poche decine di ore, quando invece l'Ocse dice che, per arrivare alla conoscenza di una lingua straniera a livello di un qualsiasi titolo di maturità (il minimo che si deve pretendere), servono almeno 5 mila ore di studio. Sono cioè in cattedra migliaia di docenti di inglese (meglio, sedicenti tali) che, di fatto, scaldano la sedia, non conoscendo ciò che dovrebbero insegnare.

E questa mancanza di professionalità, non colpisce tutti gli studenti, ma solo quelli che non hanno i soldi per riuscire ad apprendere da soli ciò che la scuola pubblica non riesce a far loro apprendere, per motivi corporativi. Contro questo stato di cose dovrebbero insorgere i partiti di sinistra, non tanto per la meritocrazia nella selezione degli insegnanti, ma soprattutto a nome e in difesa di coloro che sono esclusi dal circuito delle conoscenze che contano per potersi far largo nella società, solo perché essi non hanno i mezzi.

Ricordo che in un esame di abilitazione per l'insegnamento della lingua inglese, l'esaminatore fece mettere a verbale questa allucinante motivazione di una bocciatura: «La candidata parla una lingua straniera a me sconosciuta e comunque non di ceppo indo-europeo». Ebbene, non ci crederete, ma l'insegnante che parlava «una lingua non di ceppo indo-europeo» e che pertanto è stata bocciata all'esame di abilitazione è andata recentemente in pensione, sia pure non di ruolo, dopo decenni di regolare (e giulivo) insegnamento della lingua inglese che non conosceva assolutamente. Questa insegnante ha rovinato generazioni di studenti, privandoli di uno strumento per l'acquisizione del quale lo stato ha stanziato le cifre necessarie. Ma la colpa non è sua, bensì delle leggi, dei regolamenti e delle consuetudini che le hanno consentito di insegnare ciò che visibilmente e incontrovertibilmente non sapeva. A dimostrazione che dei diritti dei non abbienti, in questo paese, non si interessa nessuno, nemmeno coloro che dicono di essere nati per farlo.

Pierluigi Magnaschi

Categoria Cultura